Psichiatria

Il potenziale creativo dell’Analisi collettiva

 

 

 

img_0193La morte di Massimo ha avuto una risonanza mediatica incredibile nei giornali e nella televisione avvalorando l’ idea, spesso da lui ripetuta, della grandissima notorietà di cui godeva la sua teoria e la sua prassi terapeutica al di là delle cortine fumogene della cultura dominante. Il saluto in piazza S. Cosimato sabato 18 febbraio, da parte di una moltitudine enorme di persone pur essendo riportato da alcuni mezzi stampa non ha avuto il medesimo rilievo giornalistico. Massimo aveva un’identità straordinaria come uomo, come artista, come psichiatra mentre la grande folla che pure era stata protagonista attiva dei quaranta e passa anni dell’Analisi collettiva, ha un’identità che senza un riferimento certo costituito dai seminari settimanali, rischia di non essere riconosciuta o sottovalutata. In fondo il setting dei seminari fu suggerito tanti anni fa, nella sua forma che rimarrà pressoché invariata per decenni, proprio da un gruppo di noi che pur nella “psicosi” tentava in qualche modo di curarsi e di fare ricerca. Penso che il futuro sarà dedicato allo studio della teoria e della biografia di Fagioli che certamente porterà a riconoscere il suo incalcolabile merito scientifico e umano ma gli studi storici non dovranno trascurare di approfondire il rapporto con la folla, la massa, la moltitudine che fu il vero motore propulsivo della sua ricerca il terreno fertile su cui le sue idee cadevano e davano dei frutti. L’analisi collettiva aveva raggiunto un’immagine ben diversa dalle aggregazioni di cannibali, dei morti viventi che dominavano nelle fantasticherie deliranti della cultura americana a partire dagli anni 70 e nei films di George Romero. Il cinema “antropofago” aveva ripercorso in un breve lasso di tempo quelli stessi motivi che erano stati della psicologia collettiva della fine ottocento e dei primi decenni del XX secolo. Era emersa l’idea di feroci cannibali affioranti dalle profondità della terra capaci di divorare la civiltà occidentale in un estremo rituale antropofago. Immagini simili vengono oggi attribuite ai migranti o alle immense folle dei mussulmani rappresentate come in preda all’epidemia del terrorismo “il male radicale” del nostro tempo. Viene riproposta l’iconografia letteraria dei barbari e dei selvaggi, “ I demoni” di Dostojevsky,in una connessione inestricabile con la possessione demoniaca e la percezione delirante.

L’analisi collettiva proveniva dalle assemblee “rivoluzionarie “ del sessantotto, che a loro volta ricordavano le folle della Rivoluzione francese e della Comune di Parigi. Il 68 fu una gravidanza e un parto isterico e rappresentò la follia culturale di una generazione che si ribellava, obbedendo all’imperativo di una tumultuosa trasformazione sociale e economica, annullando la storia pretendendo di ricominciare da zero. La felicità venne ricercata nella trasgressione , negli itinerari perversi dell’antiedipo, nella valorizzazione paradossale di un universo schizofrenico, come denunciato in “Deserto rosso” di Antonioni,  che altro non era che la realtà alienante della produzione. Le masse di giovani si inquadrarono di nuovo in quei ranghi che avevano tentato di distruggere: la diffusione capillare di modelli e contenuti culturali attraverso i mass media divenne strumento di integrazione e di manipolazione. Accadde però che gli anni della rivoluzione culturale avessero funzionato da stimolo per portare a compimento una ricerca sulla realtà umana che ci avrebbe fatto uscire dalla preistoria per entrare nella storia.

Dall’incontro fra un medico che aveva elaborato una teoria geniale sull’irrazionale umano e le centinaia, migliaia di persone che affollavano la saletta di villa Massimo prima e Via di Roma libera dopo il 1980, era nata una realtà nuova, ’”analisi collettiva”.

Nel tempo quella che all’inizio appariva come una folla, sotto l’urto della teoria e della cura di Fagioli subisce una mutazione progressiva e diventa un “pubblico” se intendiamo con questo termine un insieme molto numeroso di persone che sono in contatto psichico fra loro oltre la circostanza della riunione fisica. Nella storia dell’analisi collettiva il presentarsi dell’occasione terapeutica ha coinciso con il trasformarsi di una folla in un pubblico che legge e inizia a fare ricerca, di una collettività che acquisisce attraverso l’esercizio della lettura dei legami psichici da considerare soprattutto nel loro aspetto non cosciente , indipendenti dal contatto e dalla prossimità fisica. Viene però sempre mantenuta la dialettica folla-pubblico che si risolve in un’entità nuova , senza che nessuno dei due termini venga annullato. Questa è una delle più originali innovazioni di Fagioli che utilizza non solo la comunicazione e la relazione terapeutica diretta ma anche il riferimento alla sua produzione teorica per dare unità psichica, cosciente e non cosciente, alla molteplicità dei pazienti.

Il potenziale creativo dell’immaginario collettivo si rivelava a partire dalla infinita varietà delle forme e dei contenuti della vita onirica che produceva innumerevoli variazioni sullo stesso tema ,amplificava come un sensibilissimo strumento musicale ogni variazione che si produceva nell’intreccio complicatissimo e continuamente mutevole delle relazioni terapeutiche che solo un’irrazionalità geniale poteva istantaneamente elaborare senza vuoti e dissociazione.

L’interpretazione che ha il suo fondamento nella vitalità e nella resistenza all’annullamento metodicamente riproponeva e aggiornava la storia collettiva che era il vero punto di riferimento per l’ elaborazione del sogno.

 

 

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