Forum di Senza Ragione

Riflessioni

Libellula

Inviato il: 10 May 2004, 09:00 AM

RILEGGENDO DOPO TANTO TEMPO TUTTI GLI INTERVENTI DEL VECCHIO FORUM MI E’ SUCCESSA UNA COSA STRANA…MOLTE COSE MI E’ SEMBRATO DI LEGGERLE PER LA PRIMA VOLTA,MI SEMBRAVANO COMPLETAMENTE NUOVE COME CONTENUTI E QUESTO MI HA FATTO PENSARE A DUE COSE: O LE LESSI IO CON LEGGEREZZA E POCA CONCENTRAZIONE A SUO TEMPO, COSA DI CUI DUBITO PERCHE’ ENTRARE NEL FORUM ERA ED E’ PER ME UN MOMENTO DI GRANDE INTERESSE,O DEVO PENSARE CHE SONO IO CHE SONO CAMBIATA IN QUESTI MESI DA QUANDO IL FORUM E’ STATO SOSPESO E POI RIAPERTO.

IO SONO CAMBIATA ED E’ COME AVESSI,NELLA MIA MODESTA E ANCORA NEONATA RICERCA,TROVATO LA CHIAVE DI ACCESSO A CERTI CONTENUTI CHE EVIDENTEMENTE PRIMA NON COGLIEVO.

QUESTO MI HA FATTO PROVARE UN SENSO DI CONTENTEZZA,UNA PICCOLA MA IMPORTANTE CONQUISTA PER ME,..COME UN PICCOLO GIOIELLINO CHE PER ME E’ UN VERO TESORO….

DA UN LATO QUESTO SENSO DI CONTENTEZZA..DALL’ALTRO UN PO’ DI SMARRIMENTO..UN PO’ COME ENTRARE IN UN POSTO SPECIALE E RICORDARE COME ERA BELLO QUANDO SI SENTIVA SEMPRE NUOVA MUSICA..MI MANCANO I QUADRI,GUARDO E RIGUARDO QUELLI CHE GIA’ CI SONO MA HO NOSTALGIA DI QUEL PRIMO CLIC NELLA ZONA ATTIVA DELLA SEZIONE NOVITA’ CHE MI PORTAVA A QUEL NUOVO QUADRO,A QUELLA NUOVA EMOZIONE…..MI MANCANO ANCHE NUOVI CONTENUTI E INTERVENTI NONOSTANTE,RIPETO, RILEGGERE I “VECCHI” E’ COME LEGGERE ROBA NUOVA E RIGUARDO A QUESTO MI COMPLIMENTO CON COLORO CHE HANNO LAVORATO A RICOMPORRE IL VECCHIO FORUM…

..FORSE E’ UN PROBLEMA MIO NON SAPER TRATTENERE LE SENSAZIONI E LE IMMAGINI DI UN PUR SEMPRE RECENTE PASSATO MA FORSE NON E’ NEANCHE COSI’ PERCHE’ ANCHE I VECCHI QUADRI MAN MANO CHE IO MI TRASFORMO ASSUMONO AI MIEI OCCHI SEMBIANZE E SIGNIFICATI DIVERSI..CI SONO IN ME E SI TRASFORMANO CON ME…NON LO SO..AVEVO VOGLIA DI SCRIVERE QUESTE COSE SENZA INTENTI PRECISI ,SPERO DI NON ESSERE STATA SUPERFICIALE O BANALE…SOLO MI SONO ACCORTA,ORA CHE IL SITO E’ IN UN ATTIMO DI SILENZIO,CHE TUTTO QUESTO E CIO’ CHE RAPPRESENTA MI SERVE,MI SERVE MOLTO.

LIBELLULA

 

 

acca

Inviato il: 11 May 2004, 10:20 PM

hai scritto una cosa molto bella.

 

mi ero avvicinato a questo spazio con troppa ansia e come ebbi modo di dire poi mi pentii di cose che avevo scritto qua ……..

 

ora sono contento che alcune delle cose che avevo scritto si siano perdute durante …. il trasloco.

 

anche a me tornare sul forum faceva lo stesso effetto: mi sembrava aver capito tutto …… ma poi, la volta successiva, anche se le parole scritte erano senza alcun dubbio le stesse, mi sembravano sempre diverse. Mi sembrava di cogliere una sfumatura in più, qualcosa che prima sembrava non esserci poi emergeva.

 

Ora sono più tranquillo eppure mi piacerebbe che altri tornassero a scrivere …….

 

 

Trumpet            

Inviato il: 22 May 2004, 01:18 PM

ora sono contento che alcune delle cose che avevo scritto si siano perdute durante …. il trasloco.

 

… ma no, perché dici questo? se non ricordo male già ti fu risposto da altri su questa cosa ed anch’io ero e sono d’accordo con qanto ti è è stato detto, anzi spero sempre che qualcuno si ritrovi da qualche parte gli interventi mancanti del vecchio forum.

 

 

acca            

Inviato il: 27 May 2004, 02:47 PM

ma il mio discorso non riguarda tanto un giudizio degli altri lettori.

Sono io che non mi riconosco più in certe cose scritte da me stesso. E onestamente non mi pare che quelle cose possano avere una qualche utilità per qualcuno.

Se volete provo a fare una sintesi:

 

ero angosciato dal fatto che troppo poche persone fossero partecipi della ricerca psichiatrica e che anzi la combattessero consciamente o inconsciamente.

Anche con il vostro aiuto ho capito che invece tutto è molto consolidato e chi non capisce in realtà non vuole capire.

 

Semmai era interessante il discorso di Alogon sul fatto che su questo forum si interviene con un’ identità diversa.

Tuttavia io non ho gli strumenti per capire quanto questo possa essere utile e come.

Ecco, questa cosa vorrei capirla meglio:

Alogon= senza ragione ma forse anche senza parola; acca=lettera muta (non l’ avevo scelta per questo, mi è venuta così).

 

Come è questa storia e come si può comunicando solo per scritto far emergere qualcosa che non sia solo ragione ?

 

Il discorso diventa interessantissimo: SENZA RAGIONE si occupa eminentemente di arti figurative ma introducendo un forum di discussione subito denuncia l’ importanza della riflessione sul linguaggio cosciente.

 

Mi aiutate ?

 

 

Elleffe            

Inviato il: 28 May 2004, 11:30 AM

sono d’accordo con trumpet, anche se devo riconoscere che la concretezza della parola scritta, qui sul forum, un po’ spaventa anche me.

si sa, scripta manent…e forse è più difficile prendere rapporto corretamente con delle cose che abbiamo scritto e che non ci piacciono più, se continuamente possiamo vederle bene in evidenza, scritte appunto, e palesi per tutti.

tuttavia,

ultimamente una frase importante mi ronza spesso in mente, e questa frase dice che il nostro passato non è fisso, non è immutabile, se non negli accadimenti meramente materiali, bensì può essere sempre reinterpretato alla luce dei nostri cambiamenti, che gli conferiscono significati nuovi e permettono di porci in una nuova dimensione rispetto ad esso.

è bellissimo scoprire che non siamo più legati al nostro passato, alla nostra malattia anche, come ad una colpa incancellabile, ma che invece possiamo modificarlo e prenderci rapporto in maniera nuova e più pulita, più onesta.

quello che vogliono farci credere, ovvero che il passato è immutabile ed incancellabile, è una menzogna portata alla luce da questo percorso di ricerca e di cura che vuole andare oltre le apparenze, e che ci libera dalle catene, come è stato scritto e detto in altra sede.

quindi credo che sia normale, per chi affronta questa ricerca, scoprire nuovi significati non solo nel proprio passato, ma anche negli scritti di questo forum, e credo che il bello sia proprio qui.

 

 

Alogon            

Inviato il: 28 May 2004, 02:54 PM

la ricerca sul linguaggio è molto complessa. Soprattutto è difficile stabilire quanto nel linguaggio sia coscienza e quanto invece non lo sia.

Noi dobbiamo esprimere concetti nuovi con una terminologia spesso obsoleta e lo sforzo teorico è proprio quello di raffiungere la massima precisione nell’uso delle parole.

Quando parlo sono cosciente? Certo non esiste una equivalenza semplice fra coscienza e linguaggio.

C’è sicuramente d’altronde una coscienza anche senza linguaggio.Forse il versante cosciente del linguaggio però è solo una delle sue caratteristiche.

Non ci rendiamo conto bene delle difficoltà definitorie alle quali siamo soggetti. Mi ha moplto colpito quanto ho lesto recentemente in un libro a proprosito della coscienza: nel più famoso dizionario inglese di psicologia veniva detto che sulla coscienza non è mai stato scritto niente che valga la pena di essere letto.

Sembra che nessuno sappia veramente a che cosa essa corrisponda.

Quindi noi parliamo di non cosciente ma sappiamo veramente cos’è la coscienza?

Credo che chi fa una ricerca onesta non debba far finta di sapere cose che non sa.

Non dobbiamo peraltro cadere nello scetticismo e ritenere che il linguaggio sia solo retorica, un insieme di convenzioni che non riflettono necessariamente qualcosa di reale e di vero.

Nello stesso tempo credo bisogna avere il coraggio della critica e seguire le conseguenze di copyright domenico fargnoli

 

 

acca            

Inviato il: 28 May 2004, 06:57 PM

Quello che elleffe scrive sulla possibilità di interpretazione nuova del nostro passato è molto bello.

 

Mi è venuto in mente che quello che dice è molto diverso dall’ onnipotenza di cambiare il passato per cambiare il futuro in analogia, più o meno, al controllo onnipotente che il Grande Fratello di Orwell aveva sulla popolazione proprio in virtù del potere che aveva sulla continua ritrascrizione della storia: “Chi controlla il passato controlla il presente, chi controlla il presente controlla il futuro”.

Nello stesso tempo in cui il passato pubblico era continuamente scritto da capo, ogni cittadino era invece tenuto costantemente sotto il ricatto del suo passato personale, quello sì, immutabile.

Mi hai fatto venire in mente che i colloqui obbligatori con il Grande Fratello da parte di tutti i cittadini siano sì un’ immagine del potere dei media, come più o meno tutti hanno detto, ma ora io ci vedo anche la triste immagine della psicanalisi. Mi viene da trovarci molti punti in comune.

 

E forse potremmo anche spingerci a ritenere il perdono dei peccati, naturalmente possibile solo da parte della autorità religiosa, come un altro modo di controllare il passato. In modo falso si propone una nuova nascita dando l’ assoluzione. Ma non è la nascita in quanto tale: sono le condizioni dell’ “anima” ricevute solo all’ atto del battesimo che vengono in questo modo rinnovate. Probabilmente rinnovando al contempo una negazione colossale.

 

Un’ altra cosa a cui mi hai fatto pensare, come è stato fatto notare durante l’ ultima Aula Magna, è che un libro del 1974 ha oggi un titolo diverso. E’ cambiato solo il titolo ma è come se fosse un libro completamente nuovo.

 

Ciò che dice Alogon credo che me lo rileggerò spesso perchè per ora come ora mi ha lasciato ….. senza parole !

 

Sono contentissimo che ora il Forum abbia preso a funzionare a pieno regime.

 

Vorrei ringraziare Libellula per aver rotto il ghiaccio.

 

 

Alogon            

Inviato il: 29 May 2004, 12:32 PM

chiedo venia per gli errori di battitura. Lapsus calami…titivillus?

Aggiungo che appare chiaro che la coscienza non può definire se stessa!

Può darsi però che un passo in avanti fondamentale lo si faccia quando si comincia a comprendere ciò che non è coscienza….

immagini,affetti movimenti senza parole del primo anno di vita…

…sogni

…il perdurare, il permanere del sogno che non è ricordo …ma ciò che ha una durata ha un inizio ed una fine.

Oppure no, la permanenza è continua?

Si tratta di due ipotesi diverse che prefigurano scenari quanto mai complicati.

Nel frattempo preso nella morsa della ricerca e dei dilemmi ad essa relativi faccio quadri senza saperne neppure il senso.

Così però le mie immagini permangono anche senza l’aiuto del ricordo cosciente!!!

copyright domenico fargnoli

 

Trumpet            

Inviato il: 29 May 2004, 05:28 PM

Nello stesso tempo credo bisogna avere il coraggio della critica e seguire le conseguenze di un’idea anche se non sono talora facili da accettare.

 

Almeno a me accade che nel tentativo di seguire questa ricerca per il meglio che posso e non dimenticando mai quelle che sono le mie capacità personali e soprattutto i miei limiti, mi ritrovi talvolta a mettere in discussione l’acquisito e più la ricerca si spinge in profondità e più è come richiesto di mettere in gioco se stessi senza risparmiar nulla. Sembra quasi che non ci sia altra strada.

E qui la difficoltà maggiore: mi sto riferendo in particolare al tuo pezzo di intervento riportato: “… coraggio della critica…”. Mi sembra di capire che tu ti riferisca ad un coraggio di chiunque, ma per chi, come me, ha il solo stimolo interno, personale, direi forse quasi privato ed intimo e non quello professionale e dell’identità ad esso associato a proseguire in questa ricerca, come si fa a mantenere quella solidità e coesione per avere il coraggio della critica e la capacità di confrontarsi con conseguenze dirette ed indirette che sì, talvolta, sono davvero molto complicate da gestire?

Tutto questo, e parlo per me, non è facilissimo, in quanto la linea che separa una critica agita verso l’esterno da una dimensione di non sufficiente recettività tesa ad accettare dall’esterno talvolta diviene davvero sottile, traslucida non propriamente identificabile con certezza assoluta.

Ci ho pensato, e già tempo fa raggiunsi la certezza che forse senza determinati rapporti, almeno per quello che mi riguarda, mi sarei potuto “perdere” in un ambito di una ricerca molto ampio e per nulla facile. Solo grazie a questi rapporti riesco forse a fare in microscopica parte quanto tu dici essere un modo corretto di muoversi.

Sì, immancabilmente e non così raramente, si presenta il pensiero di non essere adatto a tutto questo, in quanto fondere comprensione a ciò che viene proposto e saper ricevere con capacità di distinguere è un qualcosa che talvolta mi sembra impossibile, per lo meno in determinati ambiti, eppure, ci si ritrova sempre a tentare di continuo e forse, quando ci si riesce, non ci se ne accorge nemmeno.

 

Scusatemi tutti, non intendevo parlare di questioni personali e forse non lo sono nel termine stretto della parola e questo forse potrebbe essere uno spunto per una dialettica su questioni che esistono e confrontarsi con esse potrebbe poi non essere così male.

 

 

Trumpet            

Inviato il: 29 May 2004, 05:33 PM

ma il mio discorso non riguarda tanto un giudizio degli altri lettori.

 

… non mi riferivo a quello…

 

Alogon            

Inviato il: 30 May 2004, 12:41 PM

..scegliere l’acino d’uva buono è un gesto che compiamo quotidianamente…

ma forse la nota analogia dell’acino è fuorviante perchè implica il buono ed il cattivo , il bene ed il male…

…quando noi non accettiamo qualcosa, qualche situazione non ci piace sono convinto che l’atteggiamento migliore è sospendere il giudizio… aspettare e nello stesso tempo non paralizzarsi.

Sospendere il giudizio, mettere fra parentesi è ad ogni buon conto un prendere distanza, un’attività di rapporto nella quale non si subisce.

La rabbia spesso ci impedisce di comprendere che la perfezione non esiste e ciò che è umano può essere anche incerto, non voglio dire sbagliato senza per questo perdere di valore in toto ai nostri occhi..

Sia chiaro che descrivo stati d’animo personali: non so come altri, fuori dai contesti in cui il non cosciente viene affrontato sistematicamente, possano giungere a questa mentalità che sicuramente presuppone lo sviluppo di un’identità forte che riesce ad andare oltre l’acquiescenza passiva o la ribellione violenta e come tale inutile…

Per ciò che mi riguarda preferisco pormi come interlocutore attivo: non ho angosce di essere passivizzato mentalmente da chicchessia anche quando tutto ti suggerisce che stai subendo un qualcosa che potrebbe essere ingiusto…il delirio del plagio, dell’ influenzamento spesso ha però diramazioni sottili ed invisibili che ho imparato a riconoscere ed evitare perchè spingono a reazioni esagerate ed inconsulte.

Spingono alla rottura del rapporto come insegna la storia delle scissioni del movimento psicoanalitico.

Non a caso non sono mai stato freudiano ed oggi mi rendo conto che non si può comunque eludere l’aspirazione di essere solo e sempre se stessi.

copyright domenico fargnoli

 

 

Trumpet            

Inviato il: 31 May 2004, 01:20 PM

…quando noi non accettiamo qualcosa, qualche situazione non ci piace sono convinto  che l’atteggiamento migliore è sospendere il giudizio… aspettare e nello stesso tempo non paralizzarsi.

 

Sì, credo che in questi casi saper attendere senza pietrificarsi sia l’unica strada che si possa intraprendere, anche se talvolta non è così facile…

 

Saper distinguere… già, l’analogia dell’acino d’uva può non essere adatto come dici tu e, anche se forse in alcune situazioni tale modo di dire può essere usato più tranquillamente, senz’altro in altri sicuramente no, in quanto non solo sono inaccettabili i concetti di cattivo, di male, ecc, ma anche, almeno a mio avviso, quello di acino non buono.

 

Saper prendere una distanza e rifiutare una rapporto dove si subisce è senz’altro indice di sanità e credo che questo possa e debba essere applicato sempre nei rapporti interumani ove necessario. Ciò implica però che questa identità e situazione interna non disordinata devono esistere a monte per poter agire quanto detto in realtà non solo quotidiane ma, e soprattutto particolari. Può accadere però che ciò divenga un paradosso, in quanto già si deve avere ciò che ancora non è formato.

Dunque, il rischio che si corre se non ce la facciamo è, come hai descritto in maniera esatta, quello di incappare nel delirio del plagio o dell’influenzamento non riuscendo più a comprendere neanche minimamente appunto che ciò che è umano può anche essere incerto e questo, è vero, porta all’immediata perdita di rapporto.

La cosa buffa, se si può dire buffa, è che talvolta proprio le persone che hanno tale tipo di problematica additano con giudizio freddo e completamente scisso da ogni forma di affettività chi invece sa pensare di giorno come di notte e viene ferocemente definito incapace o pazzo e che farebbe meglio a darsi all’ippica.

Se non si cade nella Scilla dell’acquiescenza è necessario comunque non perdersi nella Cariddi della delusione (delusione che talvolta sarebbe meglio che non fosse ingenerata) che ineluttabilmente porta, usando le tue parole, alla rabbia con tutte le sue conseguenze distruttive.

 

Tutto questo non è propriamente sempre semplicissimo… purtroppo.

 

 

Alogon            

Inviato il: 1 Jun 2004, 01:25 PM

beh in fondo tutta la psicoterapia è un paradosso perchè anche nelle malattie più gravi dobbiamo suppore un minimo di attività, un minimo di capacità di scelta da parte del paziente. Senza un residuo anche infinitesimale di sanità non c’è possibilità di cura. Ma è probabile che questa “assenza” totale di sanità e di scelta non appartenga mai all’umano.

Il che potrebbe significare che il disordine mentale assoluto non esiste e che l’uomo rimane sempre tale anche nelle nelle situazioni di alienazione più estrema.

E’ un aspetto che non va dimenticato: anche quando si subisce un influenzamento negativo ciò dipende in misura più o meno grande da una nostra complicità.

A noi interessa che questa complicità esista e possa essere, perlomeno in linea teorica modificata senza pretendere di quantificarla.

L’incurabilità nel campo della malattia mentale è sempre un delirio del quale si può venire più o meno a capo a seconda che le circostanze siano più o meno favorevoli, a seconda dell’abilità dello psichiatra che spesso deve inventarsi di sana pianta la cura.

Il difficile è non contrapporre al delirio di incurabilità un delirio di onnipotenza terapeutica. In certe fasi bisogna essere consapevoli che si può fare poco. Però al solito ciò che sembra “poco” da un certo punto di vista , proprio per il fatto che intervediamo su processi qualitativi e non quantitativi, potrebbe sig nificare tantissimo da un altro….di colpo il “poco” potrebbe diventare “tanto” in barba ad ogni principio razionale…

ciò che conta è l’atteggiamento mentale di chi affronta queste problematiche.

copyright domenico fargnoli

 

 

acca            

Inviato il: 1 Jun 2004, 05:03 PM

Dal delirio di incurabilità al delirio di onnipotenza terapeutica ?

 

Mi inserisco consapevolmente in una discussione di cui non so molto e me ne scuso in partenza.

 

A me pare che comunque sia l’ analizzando che fa un movimento verso la cura e poi un movimento verso la guarigione.

 

L’ onnipotenza terapeutica, se è già un delirio in medicina, lo è ancora di più in psichiatria.

Il malato mentale deve fare un movimento autonomo verso la terapia e mi verrebbe da dire verso la psicoterapia.

Cosa è che lo spingerebbe se non già una sua personale capacità di orientarsi nell’ ambito delle proposte terapeutiche ? E non è già questo fatto un segno che è in grado di guarire ?

E una volta trovato lo psichiatra in grado di fare una psicoterapia chi è se non lui che a un certo punto “decide” di muoversi verso una possibilità di guarigione ?

 

Vista dall’ altra parte, dalla parte cioè del paziente, semmai si può ingenerare un delirio di guarigione, pensarsi guariti quando non lo si è ancora del tutto. Naturalmente questo solo dopo periodi, anche molto lunghi in cui tutto sembrava assolutamente fermo. In cui l’ unico a crederci, forse, era il terapeuta.

 

 

Alogon            

Inviato il: 2 Jun 2004, 09:36 AM

Uno psicotico grave “decide” di guarire?

A me pare difficile.

Ritengo comunque siano più importanti le osservazioni cliniche delle credenze. E’ risaputo che la remissione dei sintomi, che pure soggettivamente viene vissuta in modo positivo , non vuol dire sempre guarigione: in queste circostanze è necessario la prudenza, la conoscenza della psicopatologia. Fondamentale poi è l’orientamento diagnostico precedente.

Ciò a cui tengo in prima persona è evitare di salire in cattedra e fare affermazioni apodittiche o troppo generali che non vogliono dire nulla.

Nelle mie risposte precedenti mi riferivo a domande ben precise a richieste di chiarimento alle quali ho cercato di attenermi.

Eviterò, d’altra parte, in questa circostanza che è quella della discussione di un forum sul rapporto fra psichiatria ed arte, di entrare nel merito del tono del tuo intervento, caro Acca…può darsi che tu possa decidere meglio di me da cosa deriva…

copyright domenico fargnoli

 

 

(Omonimia di utente registrato)_            

Inviato il: 2 Jun 2004, 03:19 PM

Vi seguo da profano, non sono psichiatra. Che dire invece di un ex-analizzando che non crede tuttora alla propria guarigione, perché si ritrova a ripetere vecchie dinamiche? delirio di malattia? … a presto…

 

 

Alogon            

Inviato il: 3 Jun 2004, 09:15 AM

dico che è un problema degli “analizzandi” , o ex ,cioè di coloro che fanno “psicoanalisi”.Interessante che un analizzando quando non fa più analisi è un ex analizzando non una persona come tutte le altre.

Come gli alcolisti che vengono sempre considerati ex alcolisti mi pare nei gruppi anonimi.

Noi qui ci occupiamo di Psichiatria, ripeto psichiatria ed arte: solo tangenzialmente entriamo nel tema della cura.

L’uso delle parole è comunque rivelatore di una totale assenza delll’idea di una trasformazione possibile oltre questi giochetti linguistici per cui si rimbalza da un delirio all’altro. Dietro ci sono delle persone coi loro affetti: una termine sbagliato può costare molto caro.

La psicoanalisi freudiana è un delirio in toto, un coacervo dissociato di falsi giudizi che spesso sfocia nella tragedia del fallimento.

copyright domenico fargnoli

 

 

Trumpet            

Inviato il: 3 Jun 2004, 10:38 AM

beh in fondo tutta la psicoterapia è un paradosso perchè anche nelle malattie più gravi dobbiamo suppore un minimo di attività, un minimo di capacità di scelta da parte del paziente.

… … …

ciò che conta è l’atteggiamento mentale di chi affronta queste problematiche.

 

Deve essere proprio così: un minimo di capacità di scelta e un residuo di attività è quasi impossibile che non vi sia anche in casi in cui la patologia sia molto grave…

 

Quella della complicità nelle dimensioni non sane di rapporto che determina (mi trova d’accordo), quando più quando meno, il conferire all’altro il potere di agire la capacità di “influenzamento negativo” è un aspetto su cui forse talvolta si sorvola e invece, come hai sottolineato, è basilare.

Posso parlare solo per esperienza diretta e personale e dire che fin quando non si realizza la capacità interna di “vedere”, saper distinguere e di realizzare il “no” interiore che garantisce il rifiuto del disumano, forse non si raggiunge la svolta; se non si realizza fino in fondo quale è stato il nostro ruolo nel rapporto non si comprende e la ripetizione del passato è sempre un rischio reale.

Tutto questo ha una relazione diretta o indiretta con l’arte?

 

 

Alogon            

Inviato il: 3 Jun 2004, 11:26 AM

recentemente ho realizzato da solo una serie di quadri alcuni di grandi dimensioni.

Libera espressione?

In questa circostanza io metto fra parentesi le situazioni relazionali . Non posso neppure dire che ci sia rifiuto.

In queste ore, per es mi sono attivato per creare il nuovo catalogo, forse il testo per una documentazione video. Inevitabilmente si prospetta la collaborazione che segue una fase di libera espressione.

La collaborazione presuppone una base di sanità come si è detto, però il rapporto per raggiungere livelli di significatività artistica deve possedere caretteristiche peculiari di definizione, forza, spessore dell’immagine. E’ determinante la reazione la risonanza non consapevole, il modo con il quale l’esperienza viene condivisa da altri, da un gruppo talora.

E’ importante che si riesca a fare un bel rapporto riuscendo a neutralizzare, per quel tanto che è necessario la negatività latente di alcuni.

Come amare una donna costringendola ad essere più bella di quello che lei stessa pensava.

copyright domenico fargnoli

 

 

Trumpet            

Inviato il: 3 Jun 2004, 01:59 PM

però il rapporto per  raggiungere livelli di significatività artistica deve possedere caretteristiche peculiari di definizione, forza, spessore dell’immagine.

E’ importante che si riesca a fare un bel rapporto riuscendo a neutralizzare, per quel tanto che è necessario la negatività latente di alcuni.

Come amare una donna costringendola ad essere  più bella di quello che lei stessa pensava.

 

Quindi, correggimi se sbaglio, si potrebbe dedurre da ciò che dici che non può esistere l’artista là dove ci sia disordine mentale e rapporto uomo donna identificatorio se non addirittura sadomasochistico?

 

 

acca            

Inviato il: 3 Jun 2004, 03:23 PM

è accaduto di nuovo.

 

quando sto peggio mi viene da scrivere qui con il tono di cui diceva Alogon.

 

mi dispiace.

grazie di avermelo fatto notare.

 

 

Alogon            

Inviato il: 3 Jun 2004, 09:18 PM

Ritengo che le generalizzazioni siano pericolose.

Io per essere franco non solo non so esattamente cosa sia la coscienza ma non so neppure chi sia l’artista.

Personalmente faccio fatica a considerarmi “artista”. Eppure gran parte della mia vita l’ho dedicata ad una ricerca sulla poesia , sulla pittura sulla musica.

Ci sono dei momenti in cui le formule mi vanno strette.

Rimetto in discussione tutto quaqnto ho acquisito, rinuncio alle certezze che poco prima avevo ritenvo tali e ricomincio dall’inizio.

Un artista riesce ad essere tale se si fa condizionare da una donna?

da un ambiente?

Si può essere artisti in un “manicomio”?

Oppure l’immagine della nascita prescinde per sua intrinseca natura dal contesto in cui insorge?

Dovrebbe essere universale da ciò che si sente dire.

Si può essere artisti a Siena ed a Firenze no? o viceversa?

oppure gli artisti si sono trasferiti tutti a Roma?

Sono domande che mi pongo .

Chissà se qualcuno ha il coraggio di abbozzare delle risposte.

Comunque se Siena è un manicomio io sono uno psichiatra e quindi mi trovo, in linea di principio nel posto giusto.

copyright domenico fargnoli

 

 

Acca            

Inviato il: 4 Jun 2004, 09:49 AM

“l’immagine della nascita prescinde per sua intrinseca natura dal contesto in cui insorge?”

 

“il rapporto per raggiungere livelli di significatività artistica deve possedere caretteristiche peculiari di definizione, forza, spessore dell’immagine.”

 

“E’ importante che si riesca a fare un bel rapporto riuscendo a neutralizzare, per quel tanto che è necessario la negatività latente di alcuni.”

 

Ho quotato queste tre frasi di Alogon (poi magari mi dite come fate a fare la finestrina <_< ) per provare a dire che forse il contesto “fisico”: Siena, Roma, Firenze ……. ; potrebbe non avere particolare importanza.

Ma una cosa diversa si potrebbe dire del contesto umano. Allora potrei pensare che quello potrebbe essere fondamentale.

Però a questo punto potremmo chiederci in che modo un contesto fisico possa modificare una contesto umano.

 

Mi è venuto in mente che le cosiddette “città d’ arte” hanno spesso riunito numerosissimi artisti.

Perchè è successo ?

Però gli artisti del Rinascimento fiorentino erano tutti nati a Firenze o giù di lì e anche quelli del Trecento senese erano tutti senesi.

Nel novecento, invece, Parigi è la città dell’ arte ma raccoglie artisti di tutto il mondo.

Mi viene in mente che un pò la dimensione del viaggio, del lasciare la città dove si è nati e vissuti per andare a produrre arte lontano da casa, potrebbe essere stata vista come determinante. Nuovi incontri, nuovi paesaggi, la presenza dei “maestri” ?

Non me lo spiego tanto bene, ne esce un pò una mappa di movimenti migratori di artisti. I luoghi dell’ arte rimangono quelli però: alla fine le città (o le regioni) sono sempre le stesse. Non si esce quasi mai da un circuito ben preciso: Parigi, Roma, Milano, Berlino, Toscana, Provenza. E’ dovuto alla presenza di “istituzioni” che promuovono l’ arte proprio in questi luoghi (come promuovono la cioccolata in Svizzera o il vino in Toscana) oppure da qualcos’ altro che non riesco a definire ?

Continuando nelle riflessioni potremmo anche pensare che poi il sorgere di “scuole”, di -ismi che tendono a ripetere, a imitare le proposte dei vari maestri, potrebbe essere considerato anti artistico.

Ma non è che anche l’ artista geniale, che ha avuto un’ intuizione geniale, se la ripropone all’ infinito potrebbe diventare una specie di “manierista di se stesso”, uno che continuamente si plagia ?

Non potrebbe essere che l’ identità di artista è assolutamente diversa da una identità professionale che si raggiunge e si mantiene, mentre l’ artista è tale solo quando realizza ………

Non riesco a finire la frase perchè non so più esattamente usare le parole appropriate.

 

 

Alogon            

Inviato il: 4 Jun 2004, 10:07 AM

le ricerche storiche sono sicuramente importanti come non ricordare che già Lombroso studiava il genio con l’aiuto della cartina d’Italia?

Però vorrei aggiungere che la geoografia e la storia ci aiutano solo fino ad un certo punto in quanto abbiamo a che fare con forme di pensiero e di creatività artistiche del tutto nuove.

Sembra che l’analisi collettiva sia nata a Siena. Per quale motivo? E’ stato solo un caso, un evento fortuito?

copyright domenico fargnoli

 

 

acca            

Inviato il: 4 Jun 2004, 10:31 AM

Io questa cosa non la sapevo ma mi verrebbe da dire che non è stato sicuramente un evento fortuito.

Può darsi che a Siena si fossero create le condizioni opportune, il contesto umano adatto. Forse qualcuno fece delle domande che suscitarono delle risposte di un certo tipo.

 

 

Alogon            

Inviato il: 4 Jun 2004, 10:58 AM

Perchè secondo taluni oggi Siena è diventata un “manicomio”?

Quel contesto umano si è modificato in peggio?

Sarebbe interessante una ricostruzione storica.

Un tale diceva che un secolo di psicoanlisi freudiana ha contribuito a rendere gli uomini peggiori di prima.

Certo noi non possiamo dire lo stesso della nostra teoria…anzi io sono convinto che sta avvennendo oggi esattamente il contrario.

Quella del “manicomio” è una cortina fumogena dietro la quale si muove ben altro anche se molti non lo sanno e molti altri fanno finta di non saperlo.

copyright domenico fargnoli

 

 

Trumpet            

Inviato il: 4 Jun 2004, 11:20 AM

Ritengo che le generalizzazioni siano pericolose.

… … …

Chissà se qualcuno ha il coraggio di abbozzare delle risposte.

Comunque se Siena è un manicomio io sono uno psichiatra e quindi mi trovo, in linea di principio  nel posto giusto.

 

Non intendevo generalizzare, se così è sembrato allora mi sono espresso male.

 

Se un artista può essere tale se condizionato da una donna o dall’ambiente circostante? Mah, forse no. Il “condizionamento” già implica qualcosa che non dà modo di esprimere il sé, che non rende possibile la realizzazione della propria identità, al più il condizionamento così inteso può portare ad una realtà di rapporto identificatorio.

Forse però l’ambiente esterno e i rapporti interumani, sopratuttto quelli prossimi e in questo ambito il più pariticolare di tutti, cioè quello uomo-donna, possono (devono?) essere lo stimolo all’arrichimento e dinamizzazione della propria ed altrui immagine interna.

 

Si può essere artisti in un “manicomio”? io rispondo: perché no! e quando questo succede, per ragionamento deduttivo, ciò implica senza timore di smentita che l’artista non è uno dei matti, è necessario quindi saperlo distinguere, anzi quell’artista è particolarmente “bravo” perché sa essere tale proprio in un manicomio.

Il manicomio necessita di uno psichiatra psicoterapeuta oppure il manicomio rimmarrà tale, non ci vedo nulla di strano, ci si stupisce di vedere l’urologo nel reparto di urologia?

Ma forse la tua, Alogon, sul “manicomio” voleva essere una provocazione………

 

 

acca            

Inviato il: 4 Jun 2004, 11:23 AM

Un enorme “manicomio” chiude e una città intera diventa, tutta intera, un manicomio ?

Cosa è successo ?

E poi, com’ è che l’ analisi collettiva nasce a Siena ma poi se ne va ?

Chi la manda via ?

Potere attrattivo generalizzato della metropoli che tende a togliere alla periferia le risorse (fenomeno tipico di quegli anni un pò in tutti i campi) ?

O chiusura di una città piccola verso idee nuove e rivoluzionarie ?

Troppo banale ?

E’ stata la città o sono le istituzioni della città oppure questo collegamento fra istituzioni e città non è più vero e quindi la città (ogni città) e le istituzioni che la rappresentano sono due entità separate?

 

Non so perchè ma tu parli di Siena e a me viene in mente la Dublino di James Joyce. La pazzia, la paralisi, le psicosi erano davvero nei dublinesi o erano negli occhi dello scrittore ?

 

 

Admin            

Inviato il: 4 Jun 2004, 11:36 AM

(poi magari mi dite come fate a fare la finestrina  <_< )

 

Per fare questo devi cliccare sul tasto “Citaz.” dell’intervento a cui intendi rispondere riportando così tutto o in parte il testo. Fatto questo ti ritroverai nella solita schermata di editing, ma sotto lo spazio dove tu scrivi ci sarà anche un’altra area testuale contenente l’intero testo del messagigo a cui rispondi: se lo lasci così sarà “quotato per inteto” altirmenti potrai modificarlo magari per riproporre solo una parte di quando è stato scritto dall’altro utente o visitatore, ok?

 

Per la prossima volta però ti chiederei di postare le richieste di informazioni di tipo tecnico nel forum apposito di SUPPORT, questo solo perché il mio intervento, come vedi, qui ci sta come il cavolo a merenda, ok?

 

Ciao.

The Admin – http://www.admin@senzaragione.it

 

 

Alogon            

Inviato il: 4 Jun 2004, 11:50 AM

Ti risponderò in modo tangenziale. Uno psicoanalista francese pubblicò mi pare nell 83 un libro Gli schizofrenici”

Nella parte iniziale un capitoletto “Firenze e Siena”

Scriveva: << Avete capito dove voglio arrivare: mentre Firenze è ad immagine dell’Io funzionale Siena è ad immagine di un altro aspetto dell’Io, cioè del suo aspetto territoriale ed a immagine di altre funzioni quelle dell’appartenenza della delimitazione e dell’appropriazione, tutte in stretto rapporto con l’immagine materna.

Orbene se l’immagine fiorentina dell’Io è più a misura delle nevrosi l’immagine senese è più a misura della psicosi>>

Mi viene fatto subito di pensare: e Roma che è stata per secoli la sede del papato che immagine è?

Chiaramente non bisogna fidarsi degli psicoanalisti perchè come è risaputo questa suddivisione fra psicosi e nevrosi è una balla completa.

Però c’è un fatto: A Firenze la presenza del freudismo è stata forte e continua.

A Siena no. Addirittura una famosa didatta freudiana di origine senese, a vederla una vera massaia, sosteneva che a Siena non si poteva esercitare la psicoanalisi in quanto si sarebbe creata una situazione incestuosa.

Quindi a Siena negli anni 70 c’era il comunismo ma non il freudismo che anche in seguito ha avuto un ruolo culturalmente molto marginale.

Forse con il comunismo uno scontro un dialogo era possibile anche se parziale….

personalmente esercito sia a Siena che a Firenze:ho fatto e farò mostre importantiin in entrambe le città….dentro di me il momento senese e quello fiorentino ed aggiungo quello romano danno vita ad una sinergia…

non vivo nella logica delle fratture e degli antagonismi..

copyright domenico fargnoli

 

 

acca            

Inviato il: 4 Jun 2004, 04:25 PM

mi chiedo quanto e se il freudismo fiorentismo e il comunismo senese potessero avere dei tratti comuni ……..

e poi mi chiedo in campo artistico quali fossero i riferimenti.

cosa piaceva a questa “intellighenzia” senese e fiorentina degli anni ‘70 ?

cosa leggevano ? cosa ascoltavano ?

non so perchè ma mi viene in mente una elite …… una elite di un partito di massa.

E’ già questa una contraddizione ?

 

ma la gente ? la città intera ? come c’ entrano ?

 

cosa fonda una identità collettiva e quanto bisogna risalire lontano nel tempo ?

 

Una città è fatta di oggetti, anche molto antichi, che continuano ad influenzare psichicamente gli abitanti nel corso dei secoli conferendo tratti psichici analoghi a chi ci vive ?

 

E quanto c’ entra l’ interpretazione dei visitatori “stranieri” che riescono a vedere un’ immagine particolare e poi la propagano ?

Non sono questi occhi che costringono le città ad essere, come le donne,

“più belle di quanto loro stesse pensavano” ?

 

 

Alogon            

Inviato il: 4 Jun 2004, 07:43 PM

Non pretendo certo di rispondere esaurientemente a tutte le tue domande peraltro molto stimolanti.

Sono convinto che comunismo e freudismo insieme hanno fatto un danno doppio.

Anche se ….anche se non è una scoperta che il freudismo è peggiore del comunismo. Su questo ha scritto Massimo Fagioli e quindi rimando a lui.

Il discorso sulle elites è molto interessante: un piccolo gruppo che domina la massa. Le famose “mosche cocchiere”.

Elites: avanguardie culturali ed artistiche .

Anche su questo argomento la letteratura si spreca.

Gruppuscoli di superuomini in periodi di trasformazioni profonde talora vissute come catastrofiche….

Piccolo gruppo: discepoli intorno ad una personalità carismatica.

Forse le elites sono sempre un ostacolo al processo di trasformazione.

 

Cosa fonda un’identità collettiva?

Credo il riferimento ad una storia comune, consciamente e non cosciamente condivisa, ad un insieme di valori riconosciuti come tali da una comunità.

Storia non cosciamente condivisa: concetto estremamente complesso che io mi limito a proporre.

Esiste una storia che non è quella della ragione e della coscienza.

Storia che non è riducibile ad una cronologia, ad un elenco di fatti.

 

Negli anni 70 io, consciamente ero molto poco interessato a quello che accadeva a Siena e Firenze…ma questo è un discorso molto personale…ero in altre faccende affaccendato…

copyright domenico fargnoli

 

 

Admin            

Inviato il: 6 Jun 2004, 07:17 PM

Con Alogon abbiamo pensato che la discussione “riflessioni” a cui ha dato inizio Libellula fosse estremamente eterogenea e anche per questo molto interessante, ma forse gli ultimi due interventi, quello di Acca e quello di Alogon in sua risposta, hanno dato inizio a tematiche importanti e forse da trattare per conto proprio. Da qui la generazione di un’altra discussione e lo spostamento all’interno di essa degli ultimi due interventi di cui sopra. In automatico il sistema ha designato come iniziatore della discussione l’autore del primo intervento (in ordine cronologico di scrittura) che è stato spostato.

The Admin – http://www.admin@senzaragione.it

 

 

frank            

Inviato il: 5 Jan 2005, 03:45 PM

dico che è un problema degli “analizzandi” , o ex ,cioè di coloro che fanno “psicoanalisi”.Interessante che un analizzando quando non fa più analisi è un ex analizzando non una persona come tutte le altre.

Come gli alcolisti che vengono sempre considerati ex alcolisti mi pare nei gruppi anonimi.

Noi qui ci occupiamo di Psichiatria, ripeto psichiatria ed arte: solo tangenzialmente entriamo nel tema della cura.

L’uso delle parole è comunque rivelatore di una totale assenza delll’idea di una trasformazione possibile oltre questi giochetti linguistici per cui si rimbalza da un delirio all’altro. Dietro ci sono delle persone coi loro affetti: una termine sbagliato può costare molto caro.

La psicoanalisi freudiana è un delirio in toto, un coacervo dissociato di falsi giudizi che spesso sfocia nella tragedia del fallimento.

 

Non intendevo usare un’ etichetta, tanto meno su me stesso… con “ex” mi riferivo, alcuni mesi fa, alla fine di un rapporto di psicoterapia individuale, giammai freudiano per fortuna, cui ha fatto seguito un percorso diverso, che dura tuttora, e collettivo. Cercavo di esprimere una frustrazione, che, pur se diversamente, vivo tuttora, e che si lega alla mia incapacità attuale di essere coerente con il processo di ricerca, formazione e cura. Un momento di sconforto cui ho cercato stupidamente un’opinione in un luogo dove, giustamente mi viene ricordato, non ci si occupa che tangenzialmente di cura. Sorry.

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