Psichiatria

Un convegno sul rapporto fra psicoterapia delle psicosi e istituzioni psichiatriche.

 

Firenze. Sala Vanni-Piazza del Carmine 19 30 Maggio 2015 ore 10

Pinel  libera i furiosi dalle catene

Pinel libera i furiosi dalle catene

 

 

Su cosa verte il convegno “La psicoterapia delle psicosi e le istituzioni psichiatriche” promosso dalla rivista “Il sogno della farfalla” (L’Asino d’oro)? Il tema si lega a quanto detto nell’intervista a Left n° 7 2015 rilasciata da Massimo Fagioli a Donatella Coccoli dal titolo “Il problema è la cura non le mura”. Parafrasando liberamente si potrebbe dire: qual’è il rapporto fra la cura cioè la psicoterapia e le istituzioni psichiatriche? Si può rispondere con un brevissimo excursus storico .

Fin dalla sua nascita, alla fine del settecento, la psichiatria è oscillata fra opposte polarità: da una parte il gesto liberatorio di Pinel che abolì l’uso gotico delle catene di ferro, dall’altro la segregazione, la reclusione del “trattamento morale”. Si liberava il malato da ceppi medioevali per richiuderlo nelle gabbie della ragione illuministica. Jean Etienne Dominique Esquirol allievo di Pinel considerava les maisons des aliénès   uno strumento di guarigione. L’istituzione manicomiale e la segregazione che comportava era considerata il più potente agente terapeutico. La segregazione basandosi su principi umanitari avrebbe avuto un valore terapeutico. Si credeva che l’isolamento, misura sia carceraria che manicomiale, avrebbe prodotto una tabula rasa su cui innestare nuovi principi morali. In contrasto con la prima rivoluzione degli alienisti la psichiatria dagli anni 60-70 del secolo scorso ha tentato di contrapporre la liberazione alla segregazione e all’esclusione attraverso la critica delle istituzioni totali. Non solo sociologi come Erving Goffman ma anche psicoanalisti come Elliot Jacques o P.C Racamier hanno mostrato come l’istituzione potesse essere contemporaneamente l’effetto e la causa della psicosi. La critica non era riuscita ad andare a fondo: per esempio Otto Kenberg negli anni 90 parla di paranoia delle istituzioni ma ritiene, per un pregiudizio freudiano, che i grandi gruppi delle comunità terapeutiche possano in quanto tali, favorire la regressione agendo contro la cura. In italia si era giunti, con la 180, a svuotare i manicomi diventati luoghi di pura carcerazione e disumanizzazione. L’intento segregativo   di Esquirol , fallito il trattamento morale, si era trasformato in una mostruosità mano a mano che si consumava la degenerazione progressiva   dei valori illuministici. La psichiatria incapace di progredire oltre la razionalità, accecata dalla psicoanalisi freudiana ed infettata dal pensiero di Heidegger ,di Sartre, di Foucault ha trovato allora la geniale soluzione di segare il ramo su cui era seduta. Si crea il mito della liberazione non solo come abbattimento delle mura manicomiali ma come abolizione del concetto stesso di malattia mentale. La liberazione rischia di diventare indiscriminata: la pericolosità del malato di mente è considerata solo un fenomeno reattivo alla violenza dell’istituzione, come per Milos Forman nel suo film del 1975 Qualcuno volò sul nido del cuculo; fenomeno reattivo, quindi comprensibile e non assurdo, “senza motivo” cioè intrinseco allo sviluppo di alcune forme di delirio.

Qualcuno volò sul nido del cuculo. Milos Forman  1975

Qualcuno volò sul nido del cuculo. Milos Forman 1975

A livello collettivo si diffonde una mancanza di consapevolezza: la malattia c’è ma si crede o si fa finta di credere che non ci sia. La storia passata e recente ci insegna che la liberazione del malato a cui non fa seguito la liberazione dalla malattia ripristina nuove forme di segregazione: negli USA lo svuotamento dei manicomi negli anni 70, grazie agli psicofarmaci ha fatto si che un milione e trecentomila persone con problemi psichici si trovi oggi in carcere. In Italia il carcere non solo è il principale contenitore di soggetti con le più svariate patologie psichiatriche ma un attivo produttore e amplificatore di quest’ultime. Schizofrenici, autori di efferati delitti sono sottoposti come unico trattamento morale alla carcerazione in un contesto in cui tutti assumono psicofarmaci. Carcere e manicomio si passano il testimone figli entrambi dell’Illuminismo.

La liberazione dalla malattia mentale va ottenuta attraverso un percorso di cura e di ricerca che parta da una teoria sulla realtà non cosciente dell’essere umano. Abbiamo imparato che la ragione da sola non può che controllare, segregare e punire non certo curare. La ragione poi, quando diventa coscienza lucida e anaffettiva è schizofrenica: uccide senza motivo.

La cura va intesa come ricreazione della nascita e del primo anno di vita quando si forma l’identità dell’essere umano : essa può svolgersi anche attraverso le istituzioni perché il loro ruolo nel trattamento è determinato dagli psichiatri e dalla loro formazione. L’istituzione, fatta da persone, non è naturalmente e originariamente violenta o perversa. Lo diventa se il malato è ritenuto incurabile o incomprensibile: in tal caso egli viene oggettivato nell’azione distruttiva della realtà istituzionale. L’istituzione, carcere, manicomio, OPG, REMS ma anche servizio territoriale che sia ,al di là degli scopi dichiarati, può essere l’espressione di un’ideologia razionale e religiosa, la quale annulla l’identità umana.

Curare la psicosi “fuori” dalle istituzioni psichiatriche, ha il senso, allora, di opporsi non certo all’istituzione in se stessa ma alle sue degenerazioni ideologiche, a una cultura e una mentalità che è quella della psichiatria del vari DSM che ha portato a un’inflazione diagnostica e a un incremento esplosivo nell’uso di psicofarmaci. Il discorso è ancora più complesso quando, si renda necessario smascherare il falso giudizio di Freud e di Bleuler, che ritengono le psicosi un’irruzione del sogno nella vita reale. Che dire del nazismo di Heidegger e della sua filosofia senza fondamento che ha ispirato tanta psicopatologia? Qual’e,dobbiamo chiederci, l’origine del “corpo vissuto” che il filosofo tedesco ha annullato con l’ idea di nascita come, deieizione cioè Geworfenheit? Per rispondere la Psichiatria, che fa riferimento alla teoria della nascita di Massimo Fagioli, ha   individuato un nuovo metodo   di ricerca che evita il riduzionismo biologico e ci consente di non scindere la mente dal corpo. Questi e altri temi connessi, come quelli dei problemi relativi alla gestione di servizi pubblici e comunità terapeutiche o quelli inerenti al trattamento integrato che utilizza anche gli psicofarmaci oltre la psicoterapia, quelli degli scenari che si aprono con la chiusura degli OPG verranno affrontati   dagli   psichiatri della rivista Il sogno della farfalla.

 

Domenico Fargnoli-Andrea Masini

 

 

 

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