Psichiatria

Proposta di abbonamento a prezzo agevolato al settimanale left

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 La proposta è pervenuta dalla Redazione, alla quale abbiamo ritenuto opportuno sin da subito aderire, ritenendola meritevole di grande attenzione, vista l’importanza dei contenuti culturali e politici affrontati dalla testata, affini a quelli promossi dall’Associazione Culturale Senza Ragione. Ciò anche al fine di favorirne la diffusione della fruibilità a costi contenuti.

L’offerta prevede  quattro numeri di LEFT oltre ad un libro, al prezzo di € 10,00.

L’accesso alla promo avviene attraverso un apposito link, creato appositamente per promuovere l’iniziativa denominato www. left.it/senzaragione.

La sottoscrizione della proposta avviene in prova per la durata di un mese, nel corso del quale gli aderenti riceveranno il settimanale presso il proprio domicilio. Al termine del periodo, qualora non disdettata sempre attraverso il suddetto link, essa verrà a rinnovarsi con addebito dei relativi costi  futuri a prezzo standard e corrispondenti a € 14,90 mensili, che sono comunque molto convenienti rispetto all’acquisto in edicola.

In ogni momento, ovviamente, sarà possibile disdettare l’adesione attraverso il canale segnalato.

L’iniziativa si rivolge a tutti coloro, dunque anche ai Vss conoscenti e amici, che si riconoscono nei progetti e nei contenuti nei quali tanto l’associazione Culturale Senza Ragione quanto il Settimanale Left sono impegnati da sempre e che con convinzione e coraggio ne promuovono le idee.

Ricorriamo pertanto alla Vs. collaborazione e alla Vs. sensibilità certi di riscontrare con esito positivo quanto proposto.”

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Psichiatria

Delirio e sogno

Sogno e delirio:

L’argomento che affronterò è quello del rapporto che storicamente è intercorso fra questi due termini nell’ambito dei vari orientamenti psichiatrici fino alle ricerche più attuali su questo tema.

Francisco-Goya

Francisco Goya nel 1794 dipinse Corral de Locos un quadro in cui I corpi dei malati di mente, in un cortile sono immersi in una semioscurità che allude all’assenza della ragione.

Goya

Del 1797 è invece l’acquaforte Il sonno della ragione genera mostri la n. 43 della serie Los Caprichos. In un commento dell’opera attribuito al pittore spagnolo egli afferma:<< La fantasia abbandonata dalla ragione produce impossibili mostri…>>; in altre parole la fantasia lasciata a se stessa sarebbe delirante. La ragione nella tradizione del mondo occidentale non è solo la più elevata delle facoltà intellettuali ma è una prerogativa della mente sana. Goya è un figlio del suo tempo : infatti Delirare secondo Jean Dominique Esquirol, uno dei primi alienisti agli inizi dell’Ottocento significava a recta aberrare, cioè a ratione aberrare allontanarsi dalle regole della ragione secondo una concezione illuministica. Come Goya la pensava anche Philippe Pinel, il fondatore della psichiatria. Quest’ultimo è stato relegato, dai suoi successori, nel ruolo filantropico e mitico di liberatore. In realtà il medico francese non fu solo un filantropo ma uno studioso che applicò un metodo scientifico all’indagine sulla patologia mentale e un innovatore. La novità che introdusse Pinel fu quella di distinguere due tipi di “follia” la mania senza delirio e la mania con delirio. Μανια è una parola derivata dal greco antico che voleva dire furore. Nella mania senza delirio colui che ne era colpito si riteneva conservasse l’integrità della coscienza e dell’intelletto pur cadendo preda del furore sanguinario per una lesione delle facoltà affettive e istintive; nella mania con delirio il soggetto sarebbe stato privato del libero arbitrio ignorando ciò che avrebbe fatto o detto. Secondo Hegel la distinzione fra le due forme introduceva il concetto di un residuo di sanità e di soggettività e rompeva con una tradizione che considerava il delirante sempre totalmente insensato. La pazzia per Pinel , che si contrapponeva così a Locke ma anche a Kant, sarebbe stata una aberrazione momentanea e non una perdita irreversibile costituendosi come una contraddizione all’interno della ragione stessa. L’idea di un residuo di sanità è una innovazione storica fondamentale in quanto legata alla possibilità della cura mentre l’equazione residuo di sanità =residuo di razionalità è stato un fraintendimento tragico che ha comportato il fallimento del trattamento morale e del coevo internamento manicomiale. In quello stesso periodo Il culto della ragione ai tempi di Robespierre diventava furore rivoluzionario sfociando nel bagno di sangue del terrore. Viene in mente la mania senza delirio: come se ci si fosse una corrispondenza fra le forme che malattia mentale assume e la politica. Esquirol introdurrà agli inizi dell’ottocento il concetto di delirio parziale e di monomania che dominerà la nosografia per più di mezzo secolo. Nel 1866 Jules Falret mise in discussione l’idea che si potesse isolare delle facoltà psichiche e non considerare l’individuo un’unità totale ed inscindibile infliggendo un colpo mortale al concetto vago e mal definito di monomania. Con Esquirol e la aleatorietà dei suoi criteri diagnostici, si erano gettare le basi per l’attecchimento dell’idea di una analogia fra sogno e delirio destinata a permanere in tutta la storia della psichiatria fino ai giorni nostri. Si diceva che Esquirol spiasse di notte i suoi pazienti mentre sognavano per cercare di cogliere qualche parola e individuare la presenza in loro di deliri nascosti. Il medico francese introdusse nell’alienistica un tema che già era stato espresso da Cabanis e prima di lui dallo scozzese William Cullen; tema che aveva una lunga tradizione filosofica a partire da Eraclito, Aristotele, Spinoza, Kant e Schopenhauer che aveva detto << il sogno è una breve follia e la follia un lungo sogno>> L’equiparazione fra sogno e delirio era la conseguenza inevitabile del considerare la ragione la garante della sanità: l’irrazionale e quindi i sogni venivano confinati nell’ambito della follia. Lungo tutto l’Ottocento c’è una incredibile fioritura di pubblicazioni e di contributi su questo soggetto. In particolare Jules Baillarger ( a cui si deve il termine percezione delirante) ha studiato lo stato ipnagogico, fra il sonno e la veglia, come causa che avrebbe favorito la produzione allucinatoria e delirante. Secondo lui I malati sarebbero vissuti in una sorta di sogno per cui nel momento della guarigione sembrava loro di uscire da un sonno popolato da sogni penosi. Spetta a George Moreau de Tour nel 1845 il merito di aver colto non solo l’analogia fra il sogno e la follia ma l’identità stessa del loro meccanismo. Moreau anticipa certe formulazioni che saranno di Hugling Jackson: il processo generatore del sonno e della psicosi porterebbe in entrambi casi all’annientamento della spontaneità intellettuale, alla metamorfosi dell’io, al sogno.

L’ identità fra sogno e delirio fu sostenuta anche da Wilhelm Griesinger a proposito dei deliri alcolici nel 1845 e nel 1860 da Cesare Lombroso che scrisse come lo studio del sogno << (…) costituisce il vero anello di congiunzione fra la fisiologia e la patologia della mente e serve ad illustrare ambedue (…)>>. Benedict Augustin Morel, Valentin Magnan, Paul Maurice Legrain all’interno della teoria della degenerazione ritennero che I deliri nei cosiddetti degenerati superiori, con facoltà intellettuali apparentemente integre, derivassero da un affievolimento dello stato di coscienza dovuto a tare ereditarie. Furono coniati nella seconda metà dell’Ottocento, termini come onirismo e delirio onirico, condizioni ritenute legate ad uno stato tossinfettivo. Jean-Martin Charcot nelle sue famose Lezioni a Salpetriere (1887-1888) parlò dei sogni che si prolungano nel delirio post isterico epilettico. Molta importanza, a partire la fine degli anni 80 ebbe la teoria patogenetica di Hugling Jackson e la sua concezione della gerarchia delle funzioni cerebrali e psichiche che conferiva il primato alla coscienza e alla razionalità. Per l’inglese il delirio sarebbe insorto per la interazione di due fattori uno negativo-dissolutivo e uno positivo-evolutivo. Freud riporta nel 1899, una affermazione di Jackson che avrebbe detto a Ernst Jones << Trovate l’essenza del sogno e avrete trovato tutto quello che si può sapere sulla follia>>

Ne L’interpretazione dei sogni (1899) c’è un intero capitolo dedicato al rapporto fra sogno e malattie mentali. Per il padre della psicoanalisi quando ci sforziamo di chiarire l’enigma del sogno lavoriamo per la spiegazione della psicosi.

Nella monumentale opera di Emil Kraepelin, sono molto frequenti, nelle descrizioni di casi clinici, i riferimenti al delirio considerato “ un oscuramento della coscienza simile al sogno”. In un suo lavoro del 1910 I disturbi del linguaggio nel sogno egli sosterrà l’analogia fra linguaggio onirico e linguaggio schizofrenico dovuta in entrambi i casi all’abbassamento del livello della coscienza.

Eugen Bleuler sostituirà nel 1911 il concetto di dementia praecox, coniato da Morel e adottato da Kraepelin con quello di schizofrenia: anche lui risente dell’impostazione jacksoniana e, con riferimento a Freud ma anche a Jung e a Pierre Janet, concepisce l’autismo come uno stato delirante affine a quello onirico. Nel libro La Dementia Praecox o il gruppo delle schizofrenie del 1911 c’è capitolo dedicato ai rapporti fra schizofrenia e sogno

Scrive Blueler<< (…) il pensiero onirico è quello autistico-schizofrenico sono sostanzialmente identici>> l’unica differenza sarebbe consistita nella maggiore scissione della personalità nella schizofrenia. Sarebbe stato possibile quindi che malgrado la diversa genesi e le piccole differenze la sintomatologia schizofrenica nota fino ad allora coincidesse completamente con quella onirica. Eugene Minkowski nella sua opera del 1927 Schizofrenia critico’ l’idea di uno schizofrenico introverso e sognatore a favore dell’autismo cosidetto povero che si sarebbe manifestato in un’azione dissociata in assenza di sintomi produttivi.

Nella sua Psicopatologia generale (1913) Karl Jaspers attribuisce al delirio il carattere dell ‘incomprensibilità ed individua I processi deliranti primari le percezioni deliranti che intervengono nell’ambito della coscienza. Al concetto di inconscio Jaspers preferisce quello di extracosciente che non corrisponde ad un’esperienza vissuta ma ad un costrutto puramente teorico. Lo psichiatra tedesco in un passaggio della sua opera mette in discussione che esista una affinità fra il pensiero dei primitivi, del sognatore e quello degli schizofrenici. Egli elaborò anche l’idea di “processo” legato ad un evento biologico concepito come una frattura del corso di una vita, una trasformazione del Dasein cioè dell’essere al mondo che riguarda l’intero individuo. La presenza del processo diventa un criterio diagnostico fondamentale per le psicosi schizofreniche condiviso da Carl Gustav Jung, Eugen Bleuler, Ludwig Binswanger, Alfred Hoche, Hans Grüle, Horatius Cornelius Rümke, e Kurt Schneider nella sua Psicopatologia clinica e molti altri psichiatri nel novecento.

Ernst Kretschmer nel 1918 con Il delirio di riferimento sensitivo “ si allontana sia dalla concezione della paranoia di Kraepelin, ritenuta dovuta esclusivamente a agenti endogeni, sia dall’idea di processo, cioè di una trasformazione del dasein, dell’essere al mondo. La sua teoria multifattoriale della formazione del delirio come uno sviluppo progressivo in cui intervengono fattori ereditari e caratteriali oltre che esperienze vissute rimane comunque confinata nell’ambito della coscienza. La sua teoria si riallaccia in alcuni punti alle ipotesi sulla origine catatimica, sul ruolo delle passioni e dell’affettività nell’alterare la capacità di giudizio. Kretschmer condivide l’idea dell’analogia fra sogno e delirio e pensiero dei primitivi anche se nega la possibilità di una vita psichica inconscia. Per lui esiste solo la sfera della coscienza, più o meno oscura. Nel suo libro Manuale teorico e pratico di Psicologia medica del 1927 l’autore in questione sostiene che della parte in ombra, non definita del campo della coscienza sarebbero espressione i sogni concepiti in modo simile a quelli freudiani. Come per Jaspers ciò che è extracosciente non rientrerebbe nella vita psichica. Contraddittorio fu il rapporto di Kretschmer con il nazismo: dopo un’iniziale opposizione egli condivise i programmi dell’eugenetica nazista e nonostante non avesse mai aderito al partito nazional socialista collaborò con le SS come riportato nel documentatissimo libro Das personen-lexicon zum Dritten Reich di Ernst Klee. Egli sostenne l’esistenza nell’uomo di un istinto di dominio, la volontà di potenza forte quanto gli istinti sessuali. Kretschmer credeva inoltre che la schizofrenia fosse un processo irreversibile: la terapia sarebbe potuta consistere solo nel plasmare i sintomi senza poter modificare il nucleo endogeno come dice nel suo libro Studi di psicoterapia del 1949.

Nella letteratura psichiatrica del 900 l’equiparazione fra sogno e delirio, ricorrerà ancora molte volte in autori per es. come Klaus Conrad e Ludwig Binswanger, Henry Ey, Manfred Blueler. A partire dagli anni 60 del 900 comincia a strutturarsi in Italia la teoria della nascita di Fagioli che inizia con una riformulazione del concetto di percezione delirante così come era stato delineato da Ferdinando Barison. È del 1946 un articolo dello psicopatologo padovano dal titolo L’interpretazione delirante e le alterazioni della coscienza di significato nella percezione. In quest’ultimo e in un altro sullo stesso tema del 1958 La coscienza di significato delirante nella percezione, Barison cerca di rispondere alla domanda di come nasca il delirio. L’autore parte dalla constatazione di una analogia fra il delirio di riferimento sensitivo di Kretschmer e l’ interpretazione delirante di Joseph Capgras e Paul Serieux . Secondo gli autori francesi del libro Le follie lucide (1909) il delirio di interpretazione si instaurava in una costituzione psicopatica paranoica e si manifestava come un paralogismo, un falso ragionamento circoscritto: non sarebbe esistita, come per Kretschmer, nessuna rottura fra la personalità anteriore del soggetto e quella dell’interpretatore. Barison mette in discussione entrami i precedenti assunti: il delirio si instaura con immediatezza, come un’improvvisa illuminazione, una rottura che consegue all’atto percettivo che è esatto e non incoerente e frammentato come per Klaus Conrad e Paul Matussek (1952).

Sia l’interpretazione delirante, che la coscienza di significato abnorme e il delirio di riferimento sensitivo rientrerebbero nella percezione delirante. Infatti <<Anche quando il tema delirante fondamentale è già pienamente consapevole al soggetto per esperienze precedenti, nell’atto di percepire delirantemente manca la consapevolezza della dipendenza da esso nella percezione in atto. Tale immediatezza non esclude dunque un’azione, di cui il soggetto è inconsapevole, del motivo psicologico preesistente, che rende a noi comprensibile l’interpretazione [ delirante]>> L’aver trasformato quello che appariva ai francesi come un’anomalia del ragionamento dovuta a stigmate degenerative in un’anomalia della percezione sposta l’interesse sull’ incontro tra malato e ambiente e sulla reazione ai rapporti interumani. Il legare il delirio alla veglia e a una coscienza integra contraddice l’analogia con il sogno e mette in crisi una credenza che abbiamo visto essere secolare. La concezione di Barison rimane incerta e confusa su molti punti: Massimo Fagioli si separerà presto da Padova e da Barison nel 1963, e dopo aver lavorato con Binswanger a Kreuzlingen, non lo seguirà nella sua pericolosa infatuazione heiddegeriana e nel suo ritenere lo schizofrenico un artista mancato depositario di un plus piuttosto che del minus della malattia.

Fagioli introdurrà una fondamentale innovazione nel modo di concepire la percezione delirante: egli ritiene il significato abnorme e l’autoriferimento presente in quest’ultima q come determinato non da una modificazione del contesto percettivo ma da un fattore non cosciente la pulsione di annullamento, da lui genialmente scoperto, che si accompagna ad una reazione anaffettiva, paratimica; reazione che introduce una frattura improvvisa nella esperienza di rapporto del soggetto con il suo mondo umano modificandone istantaneamente il senso. Nella teoria della nascita troviamo inoltre la distinzione fra percezione delirante che interviene nel rapporto interumano con un carattere di immediatezza, l’interpretazione delirante che si ha nel rapporto uomo-natura e la negazione che è un’alterazione del pensiero che può comparire anche nelle immagini oniriche. L’interpretazione delirante si instaura progressivamente attraverso il ricorso alla deduzione e al linguaggio articolato. La Whanwharnhemung, che si svolge prevalentemente sul piano visivo, è diversa anche dalla identitificazione proiettiva e introiettiva che presuppone la continuità nel rapporto con l’oggetto-seno e l’analogia fra apparato digestivo e apparato psichico. La scoperta di Fagioli della natura pulsionale del delirio apre uno spazio per una cura basata sulla possibilità di affrontare la pulsione di annullamento che prima nella psichiatria non c’era.

Pur teorizzando il delirio come frattura e discontinuità, come mutamento improvviso e inquietante, lo psichiatra marchigiano si oppone all’idea di Jaspers dell’incomprensibilità. Il delirio può apparire strano ma non è mai in linea di principio incomprensibile e senza nesso come pensava Gruhle. Soprattutto però Fagioli si oppone all’ipotesi della gerarchia delle funzioni psichiche che conferisce il primato della razionalità e ritiene l’abbassamento del livello della coscienza responsabile della patologia mentale. Fra le sindromi psicopatologiche infatti dovute alla pulsione di annullamento va annoverato anche il « razionalismo morboso » degli schizofrenici : dietro un’apparente integrità delle funzioni logico-intellettuali e una coscienza lucida senza deliri ( come nella mania di Pinel) si può celare una grave carenza dì vitalità e un’incapacità di sognare. Se sogno e delirio sono apparsi storicamente come fratelli essi erano fratelli coltelli in quanto la psicosi, più che un sogno nello stato di veglia, appare come un sogno che non si è riusciti a sognare. La pazzia, dice Fagioli, sta nel ritorno della coscienza e non nella sua dissoluzione, come sosteneva Jackson.

Nel pensiero onirico può essere presente la negazione che non comporta una frattura con la realtà umana ma non la percezione delirante come quella di Gregorio Samsa, trasformato in mostro al risveglio nelle Metamorfosi di Kafka; il sonno poi non è regressione intrauterina vale a dire pulsione di annullamento e sparizione della realtà psichica. È infatti dopo che siamo venuti al mondo che cominciamo a dormire e sognare. Il feto non dorme e non sogna, non ha una veglia perché manca in utero l’attività percettiva e la realtà psichica. Nell’addormentamento noi chiudiamo gli occhi e possiamo ricreare ogni volta il vissuto della nascita quando siamo venuti alla luce e ad essa abbiamo originariamente reagito: si attiva così la memoria fantasia delle esperienze vissute che si esprimono nel linguaggio delle immagini oniriche.

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