Alogon
Inviato il: 12 Jan 2010, 12:33 PM
L’ultimo messaggio di Fiore e la mia risposta aprono uno spazio di discussione e di riflessione.
Alogon
Inviato il: 17 Jan 2010, 01:07 PM
Chi è incurabile rispetto alla malattia mentale?
Chi di fatto si comporta come tale. L’idea di incurabilità è delirante ed è riconducibile ad un atteggiamento paranoico. Quando l’idea si traduce in un azione ed in un comportamento, per es . delinquenziale, è necessario bloccare innanzitutto il passaggio all’atto. Quest’ultimo, specie se continuato impedisce ogni possibilità di elaborazione.
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Alogon
Inviato il: 19 Jan 2010, 01:06 PM
L’associazione senzaragione intende promuovere un incontro, probabilmente a Siena presso lo studio “il Castagnino” per la proiezione del lungometraggio “La danza del drago giallo” (2003) Chi intendesse partecipare può mettersi in contatto via email con Cecilia Chiavistelli all’indirizzo vicepresidente@senzaragione.it.
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Alogon
Inviato il: 20 Jan 2010, 11:08 AM
Questo forum è nel mirino di qualche persona che mi sottopone ad una azione di stalking ( grave reato penale). I miei interventi, o solo la mia presunta entrata nel forum sono seguite da centinaia e migliaia di messaggi per quanto ciò possa risultare incredibile. Insulti minacce di morte , falsi tentativi di seduzione e false richieste di cura tutte documentate da SMS. Se questo individuo/a insisterà nella sua azione e si presenterà nuovamente nel mio studio contro la mia esplicita volontà (violazione di domicilio) dovrò naturalmente agire di conseguenza e rendere pubblica la sua identità con tutto ciò che questo atto comporta.
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Alogon
Inviato il: 21 Jan 2010, 03:39 PM
La psicopatologia dello stalker è piuttosto complessa.
Si tratta dei soggetti con forti componenti paranoidi.
L’oggetto di transfert viene contemporaneamente odiato ed amato, ma da un certo punto in poi specie se si resiste ai tentativi di seduzione-manipolazione, prevale l’odio.
Da qui la persecuzione che ha delle caratteristiche compulsive proprie di una tendenza ad agire incontrollabile.
In questa ripetitività ed irrinunciabilità dell’agire noi possiamo riscontrare un elemento masturbatorio in quanto l’oggetto della persecuzione serve soltanto ad esprimere ed a focalizzare la scarica dell’odio. L’oggetto amato-odiato non viene riconosciuto come entità separata ma come strumento ed appendice della propria perversione. Lo stalker tende ad inglobare l’altro in una ritualità alla quale quest’ultimo non possa sottrarsi: di qui l’aspetto sadico ed inquietante, analogo a quello dei serial killer, del comportamento persecutorio
Una mossa vincente contro lo stalker è sottrarre il suo agire alla segretezza: il rituale della masturbazione è nascosto, sottratto alla vista degli altri. Una volta scoperto esso perde le sue caratteristiche di onnipotenza e rivela il vissuto di vergogna,colpa ed inadeguatezza che è al suo fondamento.
Nei casi più gravi sicuramente è necessario denunciare lo stalker alle autorità giudiziarie perchè spesso l’andamdento è ingravescente e può prestarsi a derive incontrollabili.
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Alogon
Inviato il: 22 Jan 2010, 11:25 AM
Postilla: Perché lo stalker predilige l’uso dell SMS? Perché questo tipo di comunicazione telefonica non può essere bloccata con programmi legali salvo rivolgersi alla magistratura o a procedere a cambiare numero.
Essa assume quindi il significato di ribadire e di imporre un legame magico e fusionale cui l’oggetto non può sottrarsi. Il vissuto masturbatorio, la ritualità del messaggio imposto annulla la separazione, cioè la nascita per cui la comunicazione telefonica è analoga ad uno scambio che si realizzi attraverso il cordone ombelicale.
Lo stalker non vive se stesso come un’entità viva ed integrata : egli ha bisogno di aggrapparsi a qualcosa o qualcuno nel tentativo di trovare un contenimento alla propria dissociazioneLa persona che continua ancora a sottopormi allo stalking vive un tipo particolare di delirio, legato all’uso della tecnologia informatica, che non ho mai trovato descritto : lo chiamerei “ delirio di connessione”. Essa è convinta che io mi colleghi al forum per comunicare con lei attraverso i numeri che segnalano la presenza in rete. Non accetta quindi che io rifiuti il rapporto e la allontani per la violenza cui mi sottopone (insulti minacce ecc), a causa inoltre del tentativo sistematico di violare la mia privacy, il mio diritto alla separatezza.
Lo psichiatra reagisce alla malattia, comunque e dovunque essa si manifesti, cercando di comprenderla e di sviluppare una conoscenza adeguata a combatterla.
La reazione allo stalking può condurre a delineare un profilo psicopatologico con caratteristiche inedite. Come dire che l’assetto interno dello psichiatra lo mette in grado di rompere la coazione a ripetere individuando elementi nuovi ed altamente signiificativi in un vissuto che si presenta come estrema degradazione dell’esistenza nell’isolamento della masturbazione.
L’idea dell’incurabilità ed il comportamento che ne deriva viene battuta pertanto sul suo stesso terreno.
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Alogon
Inviato il: 22 Jan 2010, 05:16 PM
Uno degli ultimi messaggi dello stalker dice:<< Comunque se vuoi sospendere basta tu me lo dica chiaramente, tra l’altro è tanto che te lo chiedo anch’io,boh>> Ovviamente basterebbe controllare gli indirizzi IP, cosa tecnicamente possibile, per rendersi conto che negli ultimi tempi, per non dire negli ultimi due anni, non sono quasi mai entrato nel forum.
Quindi comunque sarei stato io ad indurla non solo a stabilire, ma anche a perseverare in questo tipo di comunicazione delirante. Motivo: perchè ovviamente sono un pazzo e faccio tutto questo non si sa bene perchè. Io “farei i versi “ probabilmente per umiliarla.
copyright domenico fargnoli
fiore
Inviato il: 22 Jan 2010, 09:39 PM
Avrei qualche domanda da fare. Questa persona sta continuando anche in questi giorni nella sua azione di stalking,alla luce dei tuoi messaggi sul forum? Possibile,poi, che non riesca a rendersi conto nel delirio di questo rapporto malato ,esclusivo,che vorrebbe con te,che c’è una dimensione umana più grande,di gruppo,collettiva ,direi, dietro la tua persona oltre quella più strettamente appartenente alla vita privata? Lo stalking si scatena solo quando intervieni nel forum o è pressochè costante?
Alogon
Inviato il: 23 Jan 2010, 10:19 AM
Da ieri sembra sia cessato. Il fenomeno era costante ma si accentuava quando nel forum comparivano nuovi messaggi.
Vorrei comunque continuare nella mia ricerca.
Cyberstalking e delirio di connessione
Il “cyberstalking” è una forma di diffamazione compulsiva che avviene via internet.
Un personaggio famoso nell’ambito della cultura, della scienza o della politica con il quale si era stabilito prima un transfert idealizzante, diventa oggetto di rivelazioni messe in rete in vario modo derivate da una violazione sistematica del suo diritto alla privacy nell’ambito della sua vita personale e professionale. La diffamazione veste, nelle versioni razionalizzate dello stalking, i panni della critica intellettuale o della missione salvifica nei confronti delle “vittime” ( supposte tali) del personaggio ma si contraddistingue per il suo carattere monotematico e unidirezionale. Per es. nell’ambito della psicoterapia e della psichiatria si impiegano energie enormi per colpire una singola persona ( addirittura si fanno blog dedicati ad andare “contro” di esso) mentre si trascura di combattere con uguale energia il problema sociologicamente e politicamente ben più grave relativo al profitto delle multinazionali sugli psicofarmaci o alla gestione del potere universitario in Italia che impedisce qualunque ricerca ed evoluzione scientifica.
La “critica” dei cyberstalkers quindi rafforza l’idea di un’enorme importanza attribuita all’oggetto della persecuzione con il quale attraverso l’azione diffamatoria si tende a mantenere una “connessione” delirante alla quale il personaggio od i personaggi non possono sottrarsi.
L’altro volente o nolente, nella misura in cui abbia tentato di opporsi a pratiche manipolatorie nella fase idealizzante positiva, viene reinglobato nel progetto megalomanico della “revisione critica” da parte di persone che non hanno i necessari strumenti teorico scientifici per portarla avanti nelle sedi istituzionali adeguate.
I cyberstalkers cercano di usufuire per via riflessa della fama e del prestigio di colui che viene diffamato mantenendo intatta l’idealizzazione che muta solo di segno e da positiva diventa negativa.
La comunità dei cyberstalkers è organizzata intorno ad uno o più individui che ha avuto “la rivelazione” del carattere aleatorio e falso della personalità e della prassi dei o del personaggio preso di mira. Essi perseguono, come il compito per loro più importante nella vita, la missione ritenuta storicamente rilevante della demistificazione attraverso l’outing mediatico della propria ed altrui vittimizzazione.
Il cyberstalking si combatte individuandone le caratteristiche peculiari per potersene difendere ed inquadrandolo, nell’ambito della psicoterapia, nella categoria della reazione terapeutica negativa” che essendo agita fuori dal setting è resistente alle interpretazioni.
I persecutori mediatici d’altra parte possono disporre di un apparato concettuale molto elaborato e complesso che rende difficile, anche se certamente non impossibile, individuare il loro “delirio di connessione”.
copyright domenico fargnoli
Alogon
Inviato il: 25 Jan 2010, 09:53 AM
La stalker ha smesso di mandare SMS: si è resa conto che sono prove completamente a suo carico. In compenso continua con la segreteria telefonica del mio studio che sovente ha reso inutilizzabile. Anche i messaggi nella segreteria sono però registrabili. Gioca il ruolo della poveretta, di quella che fa schifo, che è malata incurabile, anche se poi dice che proprio schifo non fa perchè riesce ancora “ a trovare uomini”.
Discorsi completamente dissociati anche se quando si tratta di insultare, sfregiare me ed i miei familiari ed estensivamente tutte le persone che hanno a che fare con me è molto lucida e sceglie le parole che secondo lei farebbero più male con un lessico da postribolo.
In questo tipo di comportamento si può individuare un tratto psicopatico, delinquenziale che è la cornice esteriore entro cui si inquadrano i tratti psicopatologici che abbiamo delineato.
copyright domenico fargnoli
Alogon
Inviato il: 28 Jan 2010, 04:56 PM
Caro e carissmo, io sto tentando e sforzandomi con tutte le briciole di quella forza di me e delle cose che ho imparato da te , di, non dico contrastare, perché se contrasto il male che mi viene (quando mi viene) il disturbo si rafforza e se per un filino capitasse che riesca a fargliela e a batterlo un po’, con qualche mi presa di volontà in positivo, se ne presenta subito un altro ancora più forte ancora più feroce, ma di sopportare le morse una dopo l’altra, sperando e aspettando invano che sia lui a svanire un po’. Ripassando il mio passato e tutte le mie sofferenze e terrori vissuti da dove mi arriva la memoria, cosa già fatta, rivista , rivisitata migliaia di volte; non sortisce nulla. Penso a che sottrarmi dalla vita e le sue cose che per gli altri sono normali; passeggiare, andare al cinema, uscire con gli amici, andare in pizzeria, fosse stato per me un bene per tenere lontano e distante il male e per un po’ ha funzionato…ma adesso è di nuovo tutto precipitato .L’agorafobia ce l’ho anche dentro casa mia, dentro al letto dentro queste dannate vene che pulsano mio malgrado e chiedono cibo. Cibo cibo ,ingurgitare, mangiare pane pane pane acqua acqua cose da riempire quel vuoto fatto di quello che non ho avuto mai. Dove vado vado male, accontento il male, lo aggrado e lo assecondo privandomi di ogni “piacere” e tanto non serve…viene lo stesso. Devo pagare ogni respiro che faccio, pagare la mia vista pagare l’ascolto di una canzone, pagare tutto ,pagare perché sono ancora viva…mi si voleva morta lo so, la condizione che mi fu creata era quella e i perché li so..li ho saputi dal tuo intervento nella mia vita ed imparati a memoria…ma ora a 50 anni ,sfuggitagli col tuo aiuto…cosa cazzo faccio, dove mi giro a che mi appello, anni per aspettare non ne ho più a disposizione, non c’è un futuro in cui proiettarsi un vivere DIVERSO E NORMALE, e per quando poi, per i 60 anni? Metti che aspetti altri 10 anni io avrò un uomo e conoscerò l’amore? Il sesso? Quello che mi son negata, soprattutto quello, per poter lasciare di me alla gente l’idea e il convincimento di non esser stata mai una malata di mente ma una donna attiva e che tutto sommato al mondo ha dato,col suo lavoro, e non ha tolto o disturbato in alcun modo il circuito che le è stato attorno. Nessuno sa che sono malata, nemmeno i miei figli ci credono, dagli sforzi che ho fatto per recitare la parte che era giusto arrivasse loro, tutti pensano che sia una “bambina viziata” ,pigrona pelandrona, e anche questo è il frutto buono che ho potuto donare grazie a te…ma io per me…oltre a non avere avuto altro che UNA PARVENZA DI ESISTENZA….non ho mai avuto niente…niente, quel niente che mi chiede dal fondo delle mie viscere continuamente qualcosa e io solo d mangiare posso dargli altrimenti la mente mi fugge via il mio corpo cede e la testa vola di qua e di là, considerando anche che appena dopo ingurgitato iniziano gli attacchi di panico.Io non ce la faccio più Domè..e neanche tu forse, non ci puoi fare niente, anche se volessi, perché se è vero che nessuno è incurabile forse per la cosa per la quale io fui programmata non ne sono guaribile. Io non lo so, mi spiace se ti ho disturbato con quelle e mail, dietro alle quali forse sapevi di già c’era questo…non ti chiedo niente, solo se per tua volontà tu ritenessi di dirmi qualcosa, perché magari c’è e io non la vedo..allora si..ti chiedo di dirmela o qui o dove ti pare…per concludere ti allego un’altra filastrocchina ma non per esibire un arte che non è, ma per darti prova di quanto la vita e tutte le sue cose a me mi sarebbe tanto ma tanto piaciuta…e mi piace anche ora.
Baci Ema*
copyright domenico fargnoli
Alogon
Inviato il: 28 Jan 2010, 06:10 PM
La cura della malattia mentale, nei suoi aspetti più invalidanti non ha niente di trionfalistico: non si fanno miracoli ma si combatte con tutti i mezzi a nostra disposizione certo non per convinzioni razionali. C iò avviene per un modo di essere, per un atteggiamento nei confronti della vita.Voglio aiutare per quello che posso, questa persona che mi scrive dopo tanti anni, a reagire all’idea religiosa di colpe da espiare e dell’ineluttabilità della sofferenza. Non è molto lo so però mi sembra doveroso dato che Lei mi riconosce oggi che perlomeno per una fase della sua vita, il rapporto con me le ha consentito di vivere bene di progredire nella ricerca di una sua identità. Non sempre in passato si era mostrata così generosa nei miei confronti. Non si è incurabili ma non si guarisce: è sicuramente una condizione paradossale contro la quale non si deve cessare di lottare e sperare di poterne uscire. A Pinocchio bastò il lume di una candela per venir fuori dal ventre della balena.
copyright domenico fargnoli
Alogon
Inviato il: 29 Jan 2010, 05:09 PM
Riporto la mail di Ema
<<Ehh ma la balena di Pinocchio ogni tanto dormiva……… la mia mai
Bello questo che hai fatto per me molto bello,mi ha fatto sentire meritevole e degna del rilievo doveroso,belle e giuste,come sempre le tue parole.Ma dentro al cuore ho sentito una specie di liquidazione,di una convalida esortativa a non cercare un posto,seppur piccino,nella tua vita.Io lo so che non ne ho le prerogative,non posso esserti amica nè collaboratrice,non posso tornare allo stato di paziente perchè,come tu dici”le cose son state fatte”.Che io mi sia riammalata di brutto,non è certo per stare di nuovo accanto a te,perchè ti avrei dovuto cercare tutti i giorni di tutti questi anni,ma anche combattendo e magari uscendone di nuovo,io senza di te ne sta cazzo di vita non mi ci vedrei comunque nè mi ci sento di averne un significato o un senso***>>
Sinceramente mi domando perchè oggi e sottolineo oggi sono diventato così importante. Io sarei in grado, stando alla lettera, di dare un senso, anzi i l’unico senso possibile alla vita di una persona.
Confesso che quest’idea è un po’ perturbante
copyright domenico fargnoli
Alogon
Inviato il: 29 Jan 2010, 10:32 PM
…. un rapporto assoluto, quasi divino nel quale misticamente annullarsi…è questo annullamento che conferisce all’idea, di una dipendenza totale di un’essere da un altro essere che lo fa apparire come non nato, il suo carattere perturbante….
copyright domenico fargnoli
fiore
Inviato il: 30 Jan 2010, 12:11 PM
Nel numero di Left uscito ieri,nel settore SCIENZASALUTE ,l’articolo di Federico Tulli “Neuropsichiatria in crisi di identità” con intervebnti dello psichiatra e docente all’università Sapienza di Roma Paolo Fiori Nastro e dello psichiatra dell’università di Siena Francesco Fargnoli ,dove fra l’altro viene sottolineato che “il problema dioggi è la prevenzione e la cura delle psicosi”.Un invito alla lettura in considerazione anche del tema di queso forum.
Alogon
Inviato il: 30 Jan 2010, 02:22 PM
Fobia del cibo ed anoressia
La diagnosi, soprattutto la diagnosi differenziale,in psichiatria è fondamentale.
Il rifiuto del cibo per es ha significato diverso se interviene in un bambino od in un adolescente od in un soggetto in età giovanile.
Nel bambino piccolo ovviamente non si può parlare di “anoressia” che è legata alla paura di ingrassare ed ad una percezione alterata della propria immagine corporea oltre che ad una difesa narcisistica contro l’evidenziarsi dell’identità sessuale.
La fobia del cibo, in particolare del cibo solido, che può essere presente nei bambini anche di due o tre anni, si lega all’accentuazione isterica del riflesso di costrizione della glottide quando viene introdotto un oggetto nel cavo orale. Essa è legata ad un meccanismo di conversione e di ansia, ad una paura od ad una difficoltà di respirare.
Il forte dimagramento per es in una bambina alle soglie della pubertà, potrebbe essere indicativa di una anoressia. Nella misura in cui manca a livello cosciente il tentativo di controllo del peso e della propria figura ed il sintomo legato al cibo insorge improvvisamente, è molto più verosimile che siamo di fronte ad una fobia del cibo e non ad una anoressia.
In letteratura alcuni hanno tentato di distinguere le due categorie diagnostiche fobia del cibo ed anoressia però non esiste una differenziazione in base a criteri psicopatologici.
La fobia del cibo, che interviene anche in tenera età quando predomina la comunicazione non verbale, poggia su di un meccanismo inconscio di negazione cioè di deformazione del significato che è nella sostanza isterico, mentre nell’anoressica è preponderante il meccanismo cosciente della percezione delirante che sicuramente è molto più grave essendo caratteristico dei soggetti schizofrenici.
La terapia controfobica basata su ingiuzioni o su un atteggiamento direttivo di tipo ipnotico può avere un qualche risultato nella fobia del cibo e non nell’anoressia.
La diagnosi come si vede va ben oltre l’intento classificatorio e diventa essa stessa interpretazione che oltre che ad orientarci sulla prognosi interviene direttamente sul processo terapeutico.
copyright domenico fargnoli
Alogon
Inviato il: 31 Jan 2010, 10:53 AM
La connessione ad internet alimenta molti tipi di deliri fra cui quello di potersi curare attraverso un contatto virtuale. Naturalmente ciò è impossibile per motivi che non vale neppure la pena discutere: la sola lettura può far dire all’altro ciò che si vuole inglobandolo nella propria visione distorta e nelle proprie razionalizzazioni. Certo la rete offre una varietà immensa di contributi e di testimonianze, di elaborazioni scientifiche che comunque è sempre necessario vagliare e filtrare, per utilizzarle nella cura, attraverso la specifica formazione ed attitudine interpretativa del medico
copyright domenico fargnoli
Alogon
Inviato il: 31 Jan 2010, 12:21 PM
Sempre Ema
<<… alla mente mi si presentò subito l’immagine di me piccina che dopo aver preso le botte,(rito anch’esso semi-giornaliero e forgiato e adattato per tutte le stagioni,ma l’unico raccontabile)con tutto il dolore addosso dovevo rifugiarmi da qualche parte o dietro qualche porta a solo soffiare,perchè se piangevo,le avrei riprese.Questo impedimento del piangere il dolore,questo soffocamento straziante così concreto così fisico,mi ha fatto sentire lontana dalla tua definizione,parendomi molto poco un”idea religiosa”la mia impotenza ecco …>>
Quella del bambino cattivo che va picchiato è un’idea tipicamente religiosa..cattolica. Erotizzata diventa il substrato della pedofilia
copyright domenico fargnoli
fiore
Inviato il: 31 Jan 2010, 07:11 PM
Che significato riveste invece ,nelle varie età,qualsiasi sia la sua natura,conversione e ansia o altro, la problematica legata alla vescica o al colon ,nelle varie forme,ma principalmente diurne,che possono risultare a volte invalidanti e modificare la vita di relazione?
Alogon
Inviato il: 1 Feb 2010, 03:37 PM
La domanda di Fiore non sfigurerebbe in una trasmissione tv sulla salute… ma rispondo lo stesso.
L’incontinenza psicogena continuata può riscontrarsi nelle forme più severe delle psicosi cosidette schizofreniche: il mancato controllo motorio e sfinterico rientra in una grave alterazione di tutte le funzioni psichiche. Può riscontrarsi per es nella prima adolescenza ed allora è indicativa di un problema di separazione dalla madre e di uno stato dissociativo. Negli adulti spessso a soffrirne erano, nell’era prebasagliana, gli schizofrenici a lungo istituzionalizzati come conseguenza anche di un degrado generale in cui venivano fatti vivere.
Non entro qui nel discorso delle perversioni coprofagiche ecc.
La paura dell’incontinenza, in assenza di patologie organiche, in un adulto ha un significato meno severo potendo essere una variante di una fobia sociale in quanto può interferire con la normale vita di relazione.
copyright domenico fargnoli
fiore
Inviato il: 1 Feb 2010, 06:58 PM
Quando si ha davanti un’adolescente con l’ansia del bagno per lo stimolo ad urinare (che poi può rimanere solo uno stimolo) penso che si voglia sapere in profondità. Qualsiasi trasmissione tv,o perlomeno la maggior parte ,avrebbero risposto probabilmente,come causa, una cistite più o meno forte. Per questo ,grazie di avermi risposto… e inoltre ,per altro,la “Sindrome del colon irritabile” mi dice veramente poco. A voi psichiatri ,la ricerca e la cura!
Alogon
Inviato il: 2 Feb 2010, 09:51 AM
La stalker si è fatta viva con due sporadici messaggi. In uno dice di aver scoperto che il pc non cura anche se lei lo aveva sempre detto. Salvo passare quasi tre anni a delirare di fronte ad uno schermo. Falsa, dissociata e disonesta con se stessa e con gli altri. La masturbazione è una cura a costo zero: lei, si fa per dire , l’ha inventata e lei ne subisca le conseguenze.
Non è l’unico caso di delinquenza: c’è anche la tizia che frequenterebbe il gruppo perché la sera non avrebhbe di meglio da fare o quello che viene a ricordarmi che non sono perfetto. Naturalmente se mi ritenessi perfetto sarei un malato di mente. Quanto all’altra : perché non va al cinema od in qiualche balera? Di sicuro le costerebbe meno.
Penso che la negazione è nei confronti del lavoro che ho svolto in particolare in questo ultimo decennio che mi ha dato molte soddisfazioni sul piano artistico, scientifico e terapeutico. Chi non ce l’ha fatta in molti casi era troppo malato ma spesso era solo un disonesto.
Ps. Secondo quanto è venuto fuori “troppo malato” non significa tout court incurabile ma incapace di guarire. Bloccare il progredire di una malattia è un processo terapeutico ed un risultato importante come anche ottenere periodi, anche lunghi di totale remissione quando la sintomatologia è invalidante
In ogni singolo caso bisognerebbe capire perchè non si è riusciti ad andare più a fondo.
Credo che questo sia l’unico modo, dato che nessuno è perfetto, per far progredire la ricerca e la teoria.
copyright domenico fargnoli
Alogon
Inviato il: 3 Feb 2010, 11:36 AM
Ema ( chiarisco che non è la stalker anche se a volte si è sentita tale) mi scrive <<…non capisco perché tu saresti nella nostra psiche tanto incuneato da scatenarci il male,per via delle tue realizzazioni, e per niente incuneato per piacerci tanto…ah ecco in questo caso…deliriamo,vaneggiamo il rapporto mistico e divino,siamo esautorati della identità e disonesti….>>
Chiaramente io, comunque sia incuneato, non rappresento l’assoluto ( e l’idea religiosa è in questo assoluto) ed i disonesti sono pochi, ben individuabili. Il fatto che non sia perfetto non implica d’altra canto che sia incompetente o maldestro come si vorrebbe far credere. Quindi usare “il noi” non ha senso: io non sparo nel mucchio.
D’altra parte dire di frequentare un gruppo per noia o curiosità è “disonesto” evitando termini psichiatrici: chi andrebbe in una sala operatoria dove le persone soffrono e sputano sangue per passare la serata o prendere qualche istantanea, magari perturbante per poi rivendersela all’esterno?
Eppure ci sono persone che dicono di farlo o di averlo fatto. Poi gli stessi pretenderebbero di criticare la terapia e magari la teoria.
Da che pulpito? Con quale rispetto verso i tentativi sinceri degli altri di guarire e di alleviare la propria sofferenza?
copyright domenico fargnoli
Alogon
Inviato il: 4 Feb 2010, 10:23 AM
Per il medico la non guaribilità è solo una condizione transitoria, per quanto possa protrarsi a lungo, e non ineluttabile. Questo perché la cura dovrebbe andare insieme alla ricerca della cura ed alla connessa speranza: quello che non si può risolvere oggi lavoriamo per risolverlo domani. La ricerca sul non cosciente e sull’irrazionale emerge a tratti anche all’interno della relazione terapeutica per poi consolidarsi.
In questo passaggio il transfert si modifica in modo sostanziale.
Il rapporto asimmetrico fra chi ha la nascita e chi non ce l’ha diventa una relazione in cui dovrebbe esserci un “primus inter pares” fra persone che hanno raggiunto un minimo comun denominatore. La cura termina e la ricerca sulla realtà psichica che di per sé non può avere un termine, continua.
Se la ricerca si interrompe od addirittura non emerge mai la cura diventa interminabile.
Storicamente la ricerca sull’irrazionale l’hanno fatta in prevalenza gli artisti, spesso in percorsi personali caratterizzati dall’incomprensione esterna e dalla solitudine. Questa percorsi frequentemente abortivano e la follia creativa diventava pazzia, perversione, suicidio: oggi noi sappiamo che si può sfuggire a questi esiti catastrofici e auto ed eterodistruttivi. La ricerca è una esigenza fondamentale dell’essere umano: quando viene meno subentra la malattia che è tanto più pericolosa quanto più è nascosta.
Per lo psichiatra la capacità di fare ricerca insieme ad altri è un requisito essenziale. Senza di essa e la speranza e la prospettiva di una trasformazione possibile ad essa connessa egli tenderà inevitabilmente a cronicizzare la. malattia mentale.
La cronicizzazione psicoterapeutica è molto più pericolosa di quella farmacologica, che è opportunistica e razionale legandosi agli interessi delle case farmaceutiche che tendono a creare un mercato pressochè inesauribile , in quanto fa riferimento ad un delirio di incurabilità che ha contaminato, spesso senza che egli se ne renda conto la mente dello psichiatra.
copyright domenico fargnoli
Alogon
Inviato il: 5 Feb 2010, 11:05 AM
Terra 5.2.10
Giustizia. I genitori dei ragazzi violentatori di una ragazzina di 12 anni sono stati condannati a pagare 450mila euro alla vittima. Il giudice del Tribunale civile di Milano: colpevoli di non aver educato ai sentimenti e alle emozioni
Padri (ir)responsabili
La psicoterapeuta Maria Gabriella Gatti: «Una sentenza lungimirante, intelligente, profonda»
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Alogon
Inviato il: 6 Feb 2010, 06:04 PM
Il mio scambio di mail con Ema non vuol essere in alcun modo una terapia. E’ piuttosto un dialogo da Lei richiesto, che per quanto possibile si svolge in una forma pubblica.
Scrive oggi
<<Oggi ho scorso una per una le 15 pagine del forum, ne ho avuto la vigoria, quindi…la tua spinta propulsiva che è la mia energia non è venuta meno ai suoi attributi né alle sue attribuzioni.
E’ certo un mondo distante da me, in cui mi sono sì sentita piccina in quanto priva di competenze e cognizioni a riguardo, ma meno nel compiacermi di capire, nei nodi principali(poco che niente in quelli prettamente tecnici ..ma è normale), tutto quanto scrittovi.
Mi son fatta delle stime, valutazioni su questo o quell’interlocutore, piacendomene molto alcuni,per forme e guise, e viceversa. Quello che di impatto, da profana leggitrice, debbo venire a dirti, è che “IN tutti gli argomenti e/o trattazioni, dalle psichiatriche, storiche, politiche, umanistiche alle filosofiche, , le voci, pur pregevoli e di altissimo valore in perizia di competenza, non si estendono al di là del quadrato del dibattito…non arrivano al cuore con una modificazione con una rivisitazione con una sorta di filtrante, spessissimo comicissimo, come LA TUA…sarà perché mi sei incuneato o forse perché sei UN GRANDE davvero…ma il tocco tuo… trasforma converte rettifica…entra dentro e di lì non si muove più*(ssss non t’arrabbiare ri..scompaio…sss..buona domenica ssss…)>>
…non sono l’Assoluto ma mi ci avvicino parecchio….
copyright domenico fargnoli
Alogon
Inviato il: 8 Feb 2010, 06:24 PM
Fiction su Basaglia con l’attore Gifuni su RAuno ieri e questa sera.
Ho conosciuto Basaglia , Jervis, Pirella e Tranchina di Psichiatria Democratica.
Nonostante già a quei tempi fossi conosciuto come militante della sinistra ed avessi partecipato ad Arezzo a congressi ed alle riunioni, oceaniche, della rivista Fogli di informazione questi colleghi non mi convincevano e non solo perchè già fossi in contatto con la teoria di Fagioli.
Trovavo l’analisi politica e sociologica ( per es quella del libro Asylums, sulle istituzioni totali di Gofmann) poco psichiatrica: personalmente ero più attratto dalla psicodinamica e dalla psicopatologia in cui certo non era molto esperto il segretario di Psichiatria Democratica senese. Costui era un fobico gravissimo, infermiere psichiatrico sindacalista della CISL se non ricordo male , che si avvaleva di una retorica vuota e roboante. Nè mi convincevano gli infermieri del PCI che cavalcavano, su ordine del partito, la questione manicomiale.
Io a quei tempi già avevo dato vita ad una casafamiglia con la collaborazione della Provincia di Siena, ed avevo un collettivo di circa 50 persone che si occupava di Psichiatria.
Capii subito che la reintegrazione dei malati di mente come semplice trasferimento in strutture non manicomiali non avrebbe funzionato ma quando cominciai a lavorare nel reparto di psichiatria dell’Ospedale di Siena, il primo del genere in Italia, mi resi conto che mi stavo immergendo in problemi troppo tecnici e troppo medici. Io, a quei tempi, avevo una vera e propria idiosincrasia per l’organicismo Non c’era posto in quelle strutture per un intervento psicoterapico che andasse veramente a fondo dei problemi e riuscisse ad affrontare la psicosi: il mondo della psicoanalisi che già frequentavo appariva rarefatto e lontano dalla durezza delle patologie manicomiali.
La ricerca sulla psicoterapia della psicosi era ed è rimasto il mio interesse principale e Massimo Fagioli che incontrai all’università di Siena , data l’eccezionalità delle sua formazione oltre che psicoanalitica anche psicopatologica con Barison e Binswanger, mi sembrava l’unico che dicesse qualcosa di nuovo in questo campo.
A quei tempi mi muovevo per intuizioni e sensazioni piuttosto che in base ad analisi coscientemente formulate.
Inoltre Fagioli rispondeva alla questione dell’istinto di morte freudiano che già Reich In Analisi del Carattere” aveva messo in discussione negli anni 20 del secolo scorso come intrinsecamente contraddittorio ( ora masochismo originario ora sadismo) e della vitalità o carica libidica originaria a cui faceva riferimento Michel Balint nel suo libro “The basic Fault” del 68.
In istinto di morte trovavo riunificate in modo inedito queste due linee di ricerca che già in un certo senso, mi appartenevano.
Credo che a Fagioli comunque oggi ci si voglia rapportare alla sua teoria debba essere riconosciuta la straordinaria competenza, che mi colpì quando lo conobbi, non solo nel campo della psicoanalisi ma della psicopatologia di derivazione tedesca da lui reinterpretata in una chiave originale a partire dagli scritti di Barison, e di Binswanger per non dire di Schneider , Conrad, Rumcke ed altri
Altra cosa straordinaria per me è che Fagioli si occupava anch’egli di psicoterapia di gruppo, che praticava in una maniera assolutamente diversa da quella, con cui ero già entrato in contatto, di Pierre B. Schneider di Lausanne e di Alice Ricciardi che faceva riferimento a Foulkes ed a Turquet.
In quegli anni prefagioliani mi avevano colpito le esperienze nei grandi gruppi della scuola inglese della Tavistock dei quali avevo letto. Parlando con Alice Ricciardi la convinsi a tenere nel suo studio un grande gruppo, circa 50 persone, riunendo tutti i suoi piccoli gruppi. Non fu un incontro particolarmente esaltante ma sicuramente interessante.
Quindi la mia adesione a Fagioli, fra gli anni 70-80, non entrando in merito delle motivazioni di carattere personale, rispondeva al fatto che in lui trovavo riunificati in una sintesi nuova tutti i temi di cui mi ero occupato fino ad allora: non la fascinazione settaria mi spingeva verso la sua ricerca e proposta terapeutica quanto piuttosto solidi motivi legati al mondo ed alla storia della psichiatria.
copyright domenico fargnoli
fiore
Inviato il: 9 Feb 2010, 09:29 PM
Quale può essere l’intenzione della fiction? Parlare della malattia mentale? O proporre solo l’incurabilità e l’assistenza? Mi sembra che ad un certo punto della seconda puntata ,proprio quando scopre di essere affetto da un tumore al cervello,Basaglia si definisce neurologo. Mi auguro che l’attenzione della fiction non sia volta all’immobilità di un passato e di un pensiero e anche se fosse,quella storia di psichiatria non è l’unica risorsa degli studiosi verso la malattia mentale,come l’approccio puramente farmacologico..non deve essere questo il messaggio!E’ esigenza di speranza per la gente la conoscenza di una prassi e una teoria nuova,che continua ad alimentarsi con la ricerca.Non sono parole ,le mie, scontate o seduttive,ma si formano per esperienza personale e “ricca” per questo,per vivere nel presente,in questa realtà così complessa.Non ho imparato razionalmente il significato della parola “pane”… ad un certo punto l’ho semplicemente percepita,con tutto il suo calore,con tutta la sua pace.
Alogon
Inviato il: 15 Feb 2010, 12:29 PM
Psicoterapia e deontologia
La psicoterapia non ha regole: non esistono nel suo ambito procedimenti tecnici, protocolli razionali a cui attenersi. E non potrebbe essere diversamente dato che abbiano a che fare con i sentimenti più profondi, il desiderio, l’amore negato e quanto di più intimo possa essere comunicato fra esseri umani. Naturalmente come in qualunque attività medica, è necessario rispettare il principio deontologico, di derivazione ippocratica, che si riassume nel rispetto dell’altrui identità: però anche questo principio non può tradursi in una precisa norma comportamentale salvo diventare un criterio astratto, destinato peraltro ad essere infranto, limitativo dell’assoluta libertà di pensiero e di movimento entro la quale dovrebbe svolgersi la cura. Nessuno può quindi entrare nell’ambito della dinamiche medico paziente, introducendo degli elementi di giudizio ad essa estranei. Penso che tutti gli psicoterapeuti, a qualunque orientamento appartengono possano essere d’accordo che il valore supremo è la ricerca della “verità” su se stessi da parte del soggetto facendo riferimento ad un ambito che non è quello della coscienza : raggiungere in tutto od in parte questa “verità” avrebbe una funzione curativa. In questo senso il rifiuto della suggestione, cioè della manipolazione, è un problema che attiene alla sfera dei valori più che della tecnica.
La ricerca della “verità” non è processo codificabile e schematizzabile: se la tecnica è il il nulla rispetto ad esso allora la teoria è il tutto in quanto definisce i paramentri della verità stessa. Su ciò sarebbe stato d’.accordo Freud anche se la sua metapsicologia, la teoria delle teorie, si è rivelata del tutto priva di qualunque fondamento scientifico.. Secondo Jacques Lacan la struttura deontologica freudiana attribuiva al famoso motto “Dove c’era l’Es ci sarà L’io” una funzione analoga alla legge morale” dell Critica della ragion pratica di Kant. L’Io è chiaramente sinonimo di razionalità e coscienza. Peccato che negli scritti Lacaniani, sulle orme di Heidegger e del ritorno a Freud viene detto che non esiste una “ verità” ma solo lo smarrimento nell’esistenza dell’uomo per la scoperta dell’assenza di verità cioè di un oggetto del desiderio che è destinato a rimanere insoddisfatto. Non stupisce la tragedia dei figli dello psicoanalista francese in particolare di Sybille ossessionata dal suicidio come unica soluzione per la sofferenza mentale. (Sybille Lacan 2001) L’idea che non esista un oggetto del desiderio diventa la regola secondo la quale lo psicoanalista non deve soddisfare i desideri: l’assenza dell’analista è una realtà immanente alla psicoanalisi freudiana. Quelli che non vanno assolutamente soddisfatti sono i desideri sessuali del paziente che sviluppa una dipendenza in conseguenza di un profondo “innamoramento”. Il controtransfert, una reazione analoga, e speculare il medico dovrebbe superarlo completamente diventando un oggetto perfettamente freddo che l’altro non può che corteggiare. (Vedi H:S Kruntzebichler e H Essers 1999)<< Il mondo freudiano, ossia quello della nostra esperienza comporta che ciò che si tratta di ritrovare sia questo oggetto Das Ding in quanto altro Assoluto del soggetto. Lo si ritrova tutt’al più come rimpianto. Non è lui che si ritrova ma le sue coordinate di piacere(…)>> ( J.Lacan L’etica della psicoanalisi 1956-1960)
Nonostante l’assunto di partenza che in psicoterapia non dovrebbe esistere un Superio che detta le regole ma solo un Io ,che suggerisce il comportamento e l’interpretazione giusta alla fine Freud fu costretto a formulare la regola dell’astinenza di fronte alla prassi dissociata per non dire delinquenziale dei suoi allievi . La regola dell’astinenza, un principio tecnico generico, funzionava per sottrazione nel senso che si diceva ciò che non si doveva fare in mancanza però di una teoria che permettesse l’interpretazione e l’individuazione della risposta controtrasferenziale corretta. La forma più pura dell’astinenza si manifesta nell’ assenza di interpretazione: è lo stereotipo dell’ analista silenzioso che magari si fa la barba davanti allo specchio come faceva Lacan mentre l’analizzando parlava.
Il principio dell’astinenza nato per limitare gli abusi o comportamenti incoerenti valeva per tutti ma non per Freud che seduceva a parole e pretendeva amore dalle pazienti come Dora mentre altre volte ( caso dell’uomo dei topi) offriva colazioni e pranzi (la principessa Bonaparte) e uno stipendio mensile (uomo dei lupi).
Se non esistono regole o principi deontologici astratti, indipendentemente da quello che dicono gli ordini professionali molto interessati alle quote di iscrizione,, applicabili alla psicoterapia, è chiaro che la denuncia di presunte “medical misconducts” deve in prima istanza rivolgersi all’ uso impoprio ed indiscriminato delle terapie farmacologiche combinate alla psicoterapia. L’associazione di psicofarmaci e psicoterapia ha un fondamento teorico coerente od è solo un modo per non correre rischi?
La strumentalizzazione del paziente da parte delle industrie farmaceutiche per realizzare enormi profitti economici, è un abuso gravissimo dei medici che lo consentono, , globalmente diffuso e mai punito . Non insisto su questo punto.
Nell’ambito delle psicoterapie tutte le pratiche di derivazione freudiana sono etichettabili come “medical misconducts”: vere e proprie truffe al giorno d’oggi. Dopo cento anni l’eredità freudiana è misera cosa: nessuno delle nuove generazioni di psichiatri conosce o legge Freud la cui opera in Italia non è stata neppure ristampata.
Interessante il fenomeno di pazienti od ex pazienti che tentano di definire loro le regole della correttezza in psicoterapia e denunciano violazioni d’ordine puramente formale facendole seguire , questo è il punto da sottolineare , da interpretazioni deliranti e comportamenti terroristici. Non si tiene minimante conto che dietro un comportamento formalmente scorretto ci potrebbe essere una intenzionalità corretta e viceversa.
Si tratta di una forma di giustizialismo delinquenziale, di una violenza predatoria che denuncia reati che gli accusatori stessi commettono od hanno commesso o vorrebbero commettere. Violenza predatoria perché mira ad espropriare gli accusati delle loro capacità professionali e creative.
L’unica violazione deontologica accertabile in psicoterapia è il perpetuare, per un vantaggio personale, una prassi scientificamente non fondata o basata su evidenti incoerenze dell’elaborazione teorica.
In questo caso il medico “curerebbe” il paziente sapendo a priori di essere incapace di curarlo.:ciò che può perseguire, comunque lo faccia, è il proprio tornaconto.
Nell’ambito della ricerca noi scopriamo che qualunque teoria è perfettibile: non possiamo però accusare il medico di non aver usato conoscenze che ancora non erano state verbalizzate e diffuse adeguatamente nell’ambito della comunità scientifica.
Demolire una prassi terapeutica consolidata in decenni di attività anche se perfettibile senza offrire niente in cambio è proporre un salto nel vuoto: Nel caso delle terapie di gruppo sarebbe un suicidio di massa come accadde anni fa per una setta, mi pare nella Guijana francese.
Nella psicoterapia la “critica” efficace non può che derivare dalla ricerca di persone qualificate ed impegnate concretamente nella cura della malattia mentale. Naturalmente ciascuno può dire ciò che vuole dove vuole anche le “desperate housewives”: il loro parere sarà molto ascoltato nelle trasmissioni mattutine della Rai alle quali partecipa il cuoco Vissani.
E’ ovvio che la critica non va “contro” nessuno ma eventualemnte a favore della conoscenza e del benessere dei pazienti.
copyright domenico fargnoli
Alogon
Inviato il: 16 Feb 2010, 10:47 AM
Alcune riflessioni sull’epistemologia in psichiatria
Una teoria deve essere perfettibile, aprire alla comprensione ed alla soluzione di di nuovi problemi. Nell’ambito della psichiatria clinica ogni caso, ogni situazione è potenzialmente portatrice di nuovi interrogativi: potrebbe essere vero che non esistono malattie ma malati, non esiste la schizofrenia ma esistono gli schizofrenici. La perfettibilità della teoria ha un rilievo clinico, serve a curare meglio: andando al cuore, al centro della singolarità della psicopatologia di ciascuno, forse riusciamo a scoprire qualcosa che ha un valore universale. Questo “ andare al centro” serve non solo al singolo ma a tutti.
La teoria psicodinamica “esatta” è quella che concepisce la conformità al vero (esattezza) come un processo di adeguazione continuo alla realtà dei dati clinici e scientifici.
Una teoria perfettibile non è falsificabile checchè ne dica Popper. Se una teoria è falsa non può certo migliorare. Detto in altri termini l’evoluzione teorica non comporta inevitabilmente drastiche rotture rispetto al paradigma scientifico di partenza. Solo le concezioni dogmatiche ed ideologiche subiscono per la loro rigidità contestazioni catastrofiche.
Dopo aver letto un interessante libretto sulla filosofia del Dott House ho scoperto che in medicina il tipo di procedimento conoscitivo utilizzato è quello dell’abduzione. Naturalmente conosco e posseggo il libro con gli scritti completi di Charles Sanders Pierce che ha coniato questo termine. Per semplicità riporto spiegazioni attingendo al Web
<<Il termine abduzione (dal latino ab ducere, condurre da) indica un sillogismo in cui la premessa maggiore è certa mentre quella minore è solamente probabile. L’abduzione (in greco apagõghé) fu usata per la prima volta da Aristotele che la distingueva sia dall’induzione che dalla deduzione (cfr.Analitici primi, II, 25 sgg.) L’abduzione ha una minore valenza dimostrativa poiché nel sillogismo che la rappresentava mentre la premessa maggiore era certa, quella minore era dubbiosa per cui la conclusione era caratterizzata dalla probabilità. Il filosofo statunitense Charles Sanders Peirce, ha sviluppato questo argomento nella sua concezione della logica della scoperta scientifica, estendendo il significato dell’abduzione considerandola “il primo passo del ragionamento scientifico” (Collected papers, 7.218) in cui viene stabilita un’ipotesi per spiegare alcuni fatti empirici. Peirce teorizzava che il pensiero umano ha tre possibilità di creare inferenze, ovvero tre modi diversi di ragionamento. Questi tre modi sono:
▪ Il ragionamento deduttivo
▪ Il ragionamento induttivo
▪ Il ragionamento abduttivo
Le differenze tra abduzione, induzione e deduzione possono essere così riassunte:
Deduzione
▪ Regola Tutti i fagioli di questo sacchetto sono bianchi
▪ Caso Questi fagioli vengono da questo sacchetto
▪ Risultato Questi fagioli sono bianchi
Induzione
▪ Caso Questi fagioli vengono da questo sacchetto
▪ Risultato Questi fagioli sono bianchi
▪ Regola Tutti i fagioli di questo sacchetto sono bianchi
Abduzione
▪ Regola Tutti i fagioli di questo sacchetto sono bianchi
▪ Risultato Questi fagioli sono bianchi
▪ Caso Questi fagioli vengono da questo sacchetto
Nella deduzione la conclusione scaturisce in modo automatico dalle premesse: date la regola e il caso, il risultato non può essere diverso e rappresenta semplicemente il rendere esplicito ciò che era già implicito nelle premesse. L’induzione consente invece di ipotizzare una regola a partire da un caso e da un risultato: essa si basa sull’assunzione che determinate regolarità osservate in un fenomeno continueranno a manifestarsi nella stessa forma anche in futuro. A differenza della deduzione, e come la stessa abduzione, l’induzione non è logicamente valida senza conferme esterne (nell’esempio di cui sopra, basterebbe un solo fagiolo nero nel sacchetto a invalidare la regola).
Osservando quello che per il filosofo americano è “un fatto sorprendente” (abbiamo dei fagioli bianchi) e avendo a disposizione una regola in grado di spiegarlo (sappiamo che tutti i fagioli di questo sacchetto sono bianchi) possiamo ipotizzare che si dia il caso che questi fagioli vengano da questo sacchetto. In questo modo noi abbiamo accresciuto la nostra conoscenza in quanto sappiamo qualcosa di più sui fagioli: prima sapevamo solo che erano bianchi, ora possiamo anche supporre che provengano da questo sacchetto.
L’abduzione, secondo Peirce, è l’unica forma di ragionamento suscettibile di accrescere il nostro sapere, ovvero permette di ipotizzare nuove idee, di indovinare, di prevedere. In realtà tutte e tre le inferenze individuate permettono un accrescimento della conoscenza, in ordine e misura differente, ma solo l’abduzione è totalmente dedicata a questo accrescimento. È altresì vero che l’abduzione è il modo inferenziale maggiormente soggetto a rischio di errore.
L’abduzione, come l’induzione, non contiene in sé la sua validità logica e deve essere confermata per via empirica. La conferma non potrà mai essere assoluta, bensì solo in termini di probabilità: potremo dire di avere svolto un’abduzione corretta se la Regola che abbiamo scelto per spiegare il nostro Risultato riceve tali e tante conferme che la probabilità che sia quella giusta equivalga ad una ragionevole certezza e se non vi sono altre Regole che spiegano altrettanto bene i fatti osservati.>>
copyright domenico fargnoli
Alogon
Inviato il: 17 Feb 2010, 04:08 PM
<<Un ragionamento viene detto abduttivo, quando si conoscono regole e risultati e si intende ricostruire le premesse. Questo tipo di logica è propria di chi cerca, come ad esempio un medico o un investigatore, di ricostruire una situazione iniziale, conoscendo il risultato che è stato ottenuto per effetto di una legge nota. Anche in questo caso la situazione iniziale che si ricostruisce non è mai certa ma valida solo con un dato livello di probabilità>>
copyright domenico fargnoli
Alogon
Inviato il: 18 Feb 2010, 11:31 AM
Alcuni hanno fatto notare che i miei due ultimi interventi sono difficili : vale la pena ricordare che la psichiatria è una materia complessa e non tutto si può banalizzare salvo procedere per battute o slogan od invettive che lasciano il tempo che trovano
. Le “critiche” per me sono le benvenute se aiutano a migliorare ma devono essere fatte in modo corretto dalle persone giuste. Il dibattito scientifico ha le sue regole, la psichiatria, volenti o nolenti è una branca della medicina.
Per tutti noi è importante mantenere un contatto con il mondo della scienza ufficiale per quanto esso ci possa apparire paludato, farraginoso o quant’altro.
Io insieme alle persone che mi sono più vicine credo di aver dato un importante contributo nella direnzione del confronto fra psichiatria e neuroscienze.
In un confronto politico ciascuno, a pari merito, può dire la sua: dialettica oratoria capacità di persuasione, possesso di mezzi di informazione sono strategie legittime per ottenere il consenso.
Nella scienza bisogna bandire la retorica: anche se riuscissimo attraverso una tecnica ipnotica a persuadere una massa di persone che in realtà le streghe sono possedute dal demonio, non per questo ciò sarebbe vero.
La scienza si occupa di accertare ciò che è vero, per cui nel suo ambito non bisogna mai credere ma sempre verificare, con tutti gli strumenti disponibili l’esattezza cioè la conformità al vero.
Anche gli psichiatri devono rendere noti i procedimenti, le metodologie con cui accertano la veridicità dei loro assunti. ( deduzione, induzione e nel mio caso abduzione)
Si può anche sostenere che le proposizioni che riguardano la realtà umana non sono dimostrabili ma solo opinabili, o “indecidibili”: chi fa una affermazione del genere la deve adeguatamente argomentare.
Diversamente se io faccio ricorso anche una sola volta ai dati biologici per avvalorare un mio punto di vista, poi devo accettare che il confronto con i dati sperimentali della neurobiologia e neurofisiologia venga condotto in modo approfondito e sistematico.
Attualmente sto lavorando a questo approfondimento sistematico e vi assicuro che continuamente ci imbattiamo in nuove conoscenze grazie alla capacità di interpretazione dei dati sperimentali che ci consente la formazione psichiatrica,
ottenuta proprio attraverso l’Analisi collettiva che secondo alcuni sarebbe il massimo della non scientificità.
Il metodo abduttivo che ho descritto sommariamente, negli interventi precedenti si presta in particolar modo a studiare una situazione iniziale cioè nel nostro caso la situazione intrauterina e la nascita.
Visto che un illustre studioso a proposito della teoria della nascita ha citato Popper vorrei ricordare quanto quest’ultimo diceva:
<<(…) le asserzioni della scienza non devono essere accettate dogmaticamente (…) se noi accettiamo una giustificazione per mezzo di argomentazioni basate sul ragionamento nel senso logico allora ci impegnamo ad accettare il punto di vista secondo cui le asserzioni possono essere giustificate solo da altre asserzioni.L’esigenza che tutte le asseerzioni dobbano essere giustificate logicamente è pertanto destinata a condurre ad un regresso all’infinito>> (Popper Logica della scoperta scientifica 1995)
La giustificazione logica è tipica del procedimento deduttivo che peraltro conferma ciò che è già conosciuto senza aggiungere niente di nuovo: possiamo noi accettare che esso ci conduca al regresso all’infinito?
L’unica altra strada possibile è il confronto con l’esperienza, con i dati sperimentali.
Combinando insieme la logica deduttiva e l’indagine induttiva delle sperimentazioni biologiche, cioè utilizzando il procedimento dell’abduzione noi possiamo giungere ad una nuova comprensione, che non cancella le conoscenze precedenti, per es, del conscio e del non conscio, del sogno, dell’immagine, dell’allucinazione, dell’origine del pensiero ecc.
Se una teoria sulla realtà psichica umana è perfettibile allora non può che evolvere attraverso l”abduzione” cioè aprirsi a nuove intuizioni che scaturiscono dall’interazioni fra la psicodinamica e le neuroscienze.
copyright domenico fargnoli
Alogon
Inviato il: 18 Feb 2010, 01:07 PM
Faccio un esempio. Molto giustamente su Left Massimo Fagioli ha criticato il saggio di Nir e Tononi “Dreaming and the brain: from phenomenology to neurophysiology “riportato e commentato da Eleonora Dusi su Repubblica.
Rimando a tutto il carteggio su questo argomento consultabile sul Blog Segnalazioni dell’ impareggiabile amico Fulvio Iannaco.
E vero che Tononi fa riferimento ad una letteratura sullo sviluppo della capacità onirica, in particolare studi di un certo Foulkes, che sono contestatibili, come suggerisce indirettamente Fagioli, sia per risultati che metodologia.
Però se noi leggiamo attentamente il saggio originale di Tononi, saltando le deformazioni di Eleonora Dusi vediamo che il punto non è questo.
Infatti se esiste uno sviluppo del sogno, comunque avvenga, non si può sostenere che esso sia un processo puramente meccanico sprovvisto di ogni significato psichico come ha fatto un enimente studioso come Hobson, autore di una “critica” a Freud che porta, per una via diversa ai medesimi risultati. Il sogno, per Hobson come per Freud, sarebbe caotico, dissociato, in altre parole psicotico. Psicotico cioè l’esatto contrario della creatività come Freud afferma chiaramente nell Interpretazione dei sogni
Tononi fa riferimento alla letteratura sullo sviluppo del sogno nel bambino per avvalorare la tesi che esso evolve parallellamente all’evoluzione dei processi psichici : è quindi un processo psichico esso stesso. Ma di che natura?
Traduco da Nir e Tononi (2010):
<< (…) la veglia cosciente è più simile ad apprendere notizie in tempo reale dal telegiornale, mentre sognare è come guardare un film creato da un regista fantasioso. Come in alcuni film di serie B il regista non pretende molto dai suoi attori e le scenografie ed i costumi, potrebbero essere approsimativi.
Albert Einstein sostenne che “ l’immaginazione ha a che fare con tutto ciò che noi possiamo scoprire e creare” ed in verità il sogno può rivelarsi essere la più pura forma di immaginazione”>>
Il sognatore potrebbe essere un regista maldestro ma anche Albert Einstein.
Lo studio della neurofisiologia del sogno potrebbe confermare l’idea di immagine come processo potenzialmente creativo presente sia nella veglia che nel sogno.
L’idea magari nata deduttivamente, può essere confermata sperimentalmente.
copyright domenico fargnoli
Alogon
Inviato il: 19 Feb 2010, 10:48 AM
Nelle conclusioni del loro articolo Nir e Tononi affermano inoltre , sulla base di dati neurofisiologici che l’equazione sonno REM uguale sogno non è rispondente al vero mentre << Evidenze convergenti da molteplici campi di studio che includono la fenomenologia, lo sviluppo, la neuropsicologia, il “functional imaging” supportano l’idea che il sognare sia strettamente collegato all’immaginazione mentre l’attività mentale ha una direzione “top-down”>>
Il sogno viene concepito come una potente forma di immaginazione, una attività psichica, dotata di caratterisitiche uniche che hanno origine in quelle aree della corteccia che si ritiene costituiscano il substrato neurofunzionale degli aspetti più complessi del pensiero umano.
copyright domenico fargnoli
Alogon
Inviato il: 20 Feb 2010, 01:18 PM
<I sogni io,malata,non malata,aggravata,lenita,li faccio da sempre tutti belli.C’è dentro tanta gente,tanti colori,ci sono le cose della natura;il mare,il cielo,i monti e storie con me protagonista,che non sta “mai” male.Ultimamente sogno sempre anche gli uomini,di tutti i tipi,generi, e fogge***ema*>>
Non so perchè questo accada e non posso saperlo attraverso un’email: posso solo pensare che Ema non abbia perso una dimensione di fantasia. A volte però non è importante ciò che si sogna ma ciò
non si riesce a sognare, come se un parte di sè sfuggisse alla possibilità di tradursi in immagini definite…. i bei sogni potrebbero essere come le bellissime fotografie a colori di una galassia al cui centro c’è un buco nero, che nessuno vede…
Rispetto alle elaborazioni proposte negli interventi precedenti vorrei sottolineare che una metodologia che ci consenta di impostare correttamente il problema mente corpo è fondamentale.
Le concezioni biologiche rimandano al tema della sessualità attrraverso dei nessi sorprendenti, anche per me che li ho individuati.
copyright domenico fargnoli
Alogon
Inviato il: 22 Feb 2010, 02:59 PM
Leggo
<<Karl Popper propose, alla fine del novecento, un modello teorico noto come “diagramma dei tre mondi”. In esso si considera che l’intero nostro organismo, a livello cerebrale, sia suddiviso in tre parti o mondi. Eccles si propose di individuare il correlato neufisiologico di tale modello e creò la teoria degli “psiconi”.
Nella corteccia cerbrale dell’uomo esistono circa 100 miliardi di neuroni, raggruppati in fasci di 100 neuroni ciascuno, che sovraintendono a tutte le funzioni, volontarie ed involontarie del nostro organismo, detti “dendroni”. Ciacun dendrone è avvolto da una nube di “psiconi”, unita’ immateriali. Gli èpsdiconi controllano ed intervengono sulla modulazione della esocitosi dei dendriti raccolti a fascio in quel dendrone esercitando così un controllo funzionale sull’intero nostro organismo. In altre parole gli psiconi controllando l’esocitosi di ciascun dendrite esercitano un’azione regolatrice su tutte le funzioni del nostro organismo. Psiconi e Dendroni interagiscono fra loro, nell’ipotesi ecclesiana, attraverso “campi di probabilità quantistica”.
Afferma Eccles: “Sono quindi giunto alla filosofia dualista di Cartesio, con le sue res extensa e res cogitans. Questa filosofia garantiva una condizione di certezza per l’anima e l’Io”. Eccles inaugura così, alla fine del novecento, un periododo di grosse polemiche sull’ IO e sulla coscienza (consapevolezza) separate e distinte dal cervello. In altri termini l’IO starebbe prigioniero del nostro corpo e solo alla morte di questo, finalmente libero, vagherebbe per l’infinito come un fantasma. >>
Personalmente non mi convince l’idea del dualismo mente corpo, nè mi è mai piaciuto più di tanto Popper per non dire del suo compagno di merende Eccles.
Possiamo veramente noi distinguere la mente dal corpo,la realtà materiale dalla realtà non materiale, il pensiero dal cervello ?
L’uomo per me è una unità inscindibile ed il corpo non è un semplice involucro dentro cui si nasconde la mente che una volta, prima di Cartesio si chiamava anima.
Il dualismo sia metodologico (metodi di conoscenza diversi per il corpo e la mente) sia ontologico (mente e corpo come due sostanze diverse) è molto pericoloso in psichiatria.
Purtroppo non c’è consapevolezza che l’ideologia strisciante della scissione si insinua anche dove non dovrebbe.
I pazienti, che una volta si sarebbero chiamati in forte stato di “regressione” sono sensibilissimi a minime incongruenze della teoria.
Una parola di più o di meno, una definizione giusta o sbagliata per loro fa la differenza fra farcela o non farcela. Quindi quando incompetenti danno fiato alle trombe stiamoci molto attenti.
John Eccles che pure era un eminente fisico, per me è un esempio lampante di incompetenza
copyright domenico fargnoli
Emma
Inviato il: 22 Feb 2010, 04:14 PM
Se uno scienziato in un sogno può creare l’immagine della soluzione della formula tanto cercata e a posteriori applicarla al mondo della razionale della veglia è perchè certi contenuti possono essere elaborati solo a livello inconscio?
L’immagine dei sogni si fa tanto più¹ complessa quanto articolato e ricco è il “vocabolario” (inteso come capacità dialettica, studi compiuti, conoscenze acquisite…) del sognatore?
Nella mia esperienza di malata i momenti in cui la sofferenza si fa più acuta mi accorgo che anche la mia capacità di attingere anche solo al mio vocabolario lessicale è come tronca, limitata…quindi anche i sogni magari apparentemente “belli” potrebbero essere figli di un pensiero limitato e incapace di esprimere alcuni concetti, idee, immagini?
Tuttavia come il sogno dello scienziato anche il sogno del malato potrebbe essere l’unico mezzo per far emergere la conscio un’immagine “sana”, o un pensiero nuovo e con esso una possibilità di cura?
Scusate gli innumerevoli punti interrogativi, in realtà è un maldestro tentativo di rielaborare i contenuti di alcuni post della discussione…
(mi scuso anche per gli eventuali errori nelle lettere accentate che il mio pc non legge e vede come punti interrogativi)
Alogon
Inviato il: 22 Feb 2010, 05:32 PM
“ […]voltai la poltrona dalla parte del camino e mi addormentai. Gli atomi si misero a danzare davanti ai miei occhi. La mia vista, resa acuta da immagini ripetute dello stesso genere, si stese presto a figure più grandi, di forme diverse. Lunghe file, spesso ravvicinate, si muovono e si arrotolano, simili a serpenti. Ma cosa accade? Uno morde la propria coda, ed esse continuano a girare ironicamente davanti a me. Mi sveglio di sorpasso e passo il resto della notte a studiare le conseguenze della mia ipotesi”. Kekulè scoprì la formula del benzene sognando un serpente che si mordeva la coda: fu il suo pensiero della veglia che interpretando il sogno arrivò alla scoperta. Con questo non voglio dire che i sogni sono figli di un dio minore…
comunque se il sogno è linguaggio non si può estrapolare una singola frase=sogno: bisogna valutare complessivamente il modo di esprimersi, di creare immagini o anche di non saperle creare.
Per questo è necessario il rapporto diretto, concreto, continuato.
L’interpretazione non è un’esegesi di un testo immobilizzato nella carta o nel ricordo ma qualcosa di vitale che ci consente di cambiare continuamente punto di vista e di approfondire sempre.
copyright domenico fargnoli
Emma
Inviato il: 22 Feb 2010, 06:09 PM
Che la causalità parola=sogno non sia cosa¬ diretta è certo…forse ho formulato l’ntervento in quei termini perchè¨ ho un pensiero di fondo abbastanza vago ma radicato che mi dice che il pensiero è frutto del linguaggio, in altri termini se non si posseggono le parole (che possono essere verbali o figurative, insomma qualunque tipo di linguaggio) non si possono forumulare penseri più¹ di tanto articolati.
Fermo restando che di fondo ci debba essere una sanità del pensiero, che altrimenti (sempre riferendomi alla mia esperienza) procede claudicante.
In quali termini si può² parlare di rapporto tra interpretazione e mutamenti del pensiero del paziente?
Alogon
Inviato il: 22 Feb 2010, 08:21 PM
bella domanda… quanto tempo ho per rispondere?
Comunque è vero il sogno, il racconto del sogno presuppone il linguaggio verbale, cioè una definizione delle immagini ed una loro trasformazione in parole .L ‘interpretazione facilita, rende possibile e completa questa trasformazione laddove qualcuno non riesca a farla da solo?
copyright domenico fargnoli
Alogon
Inviato il: 23 Feb 2010, 12:02 PM
Il problema del metodo.
Scrive Ballerini noto psicopatologo << Quella di Jaspers, al di là dei dati messi in luce, è stata essenzialmente una lezione metodologica. Considerando la psicopatologia come inerente alle scienze umane, egli indicò essere di primo piano, esattamente dal punto di vista epistemico, lo studio del mondo interno, dell’interno esperire del folle, rispetto alla osservazione di “sintomi dell’espressione”, quali il comportamento, l’efficacia delle prestazioni. etc. Egli mise risolutamente in guardia la psicopatologia verso la insidie insite nella separazione soggetto-oggetto, da cui la oggettivazione discende. >>
Jaspers fu anche colui che considerò la genialità, come quella di Van Gogh, un vissuto affine a quello della schizofrenia. A cosa ha portato quindi la sua “comprensione” del delirio? Forse,egli, con il suo esistenzialismo ha aperto la strada ad Heidegger, dal quale peraltro dissentì sulla questione degli ebrei, considerato il più grande filosofo del Novecento.
Peccato che gli studi di Matussek (vedi il saggio sul Il sogno della farfalla), padre e figlio, consacrano Heidegger come soggetto schizofrenico.
Che senso ha allora l”analitica esistenziale” di Binswanger che basa il suo metodo di ricerca psicopatologico su Heidegger stesso?
Come è noto Binswanger era a favore del suicidio della sua paziente schizofrenica Ellen West da lui evidentemente considerata incurabile. Favorire il suicidio come una forma di eutanasia nazista.
Cosa aveva “compreso” lo psichiatra svizzero della malattia mentale?
La psicopatologia classica che ha creato il dualismo fra scienze umane e scienze della natura (positivisticamente intese) non è in grado di fornirci nessuna lezione metodologica proprio perchè non ha prodotto alcuna conoscenza utilizzabile per la cura.
Quando auspichiamo il ritorno alla psicopatologia contro l’oggettivazione neokrepeliniana del nuovo manuale diagnostico DSMV di quale psicpatologia stiamo parlando?
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Alogon
Inviato il: 24 Feb 2010, 04:35 PM
Cos’è abbiamo detto l’interpretazione di un sogno? Il passaggio da un pensiero d’immagini ad un pensiero verbale, indipendentemente dai riferimenti teorici.
Per un momento mettendo fra parentesi il problema dell’intepretazione vera o falsa, si potrebbe dire che già il raccontare il sogno è un tentativo di interpretazione perchè esso trasforma quest’ultimo in una modalit di pensiero diversa, in qualcos’altro che prima non c’era. E’ come se nel raccontare il sogno noi traducessimo in parole una forma di pensiero prevalentemente iconica, segnica o visiva che dir si voglia.
Interessante pertanto la ricerca sul fatto che nelle immagini oniriche ci siano o meno suoni indipendentemente dalla circostanza che uno creda di udirli: è nel silenzio che le immagini si mettono in cammino, come ho scritto anni fa.
Mi sembra di ricordare che in qualche riunione dell’analisi collettiva se non ai seminari stessi è stato detto che nei sogni non ci sono suoni. Non so riferire purtroppo in base a quali considerazioni od osservazioni ciò sia stato detto o se semplicemente io abbia ascoltato una “verità” espressa in modo assiomatico.
E’ probabile ed auspicabile , con la tecnologia attuale che tale ipotesi possa essere verificata rivelandosi o meno compatibile con i rilievi strumentali.
In attesa del riscontro, l’idea dell’assenza, o di una minima presenza di suoni sembra comunque suggerire che nel sogno non si formano vere e proprie ”immagini acustiche” cioè sinestesie acustico-visive, corrispondenze fra suoni ed immagini che sono i precursori del pensiero verbale.
La trasformazione dell’immagine onirica in immagine acustica (secondo la dizione che risale a De saussure) avviene allora ad un primo livello. nel “racconto” del sogno? O nel “ricordo” che sarebbe una forma di vocalizzazione silenziosa?
L’interpretazione terapeutica completerebbe la trasformazione in linguaggio verbale che il sognatore riesce a fare solo fino ad un certo punto.
La “verità” (sempre perfettibile) dell’intepretazione dipenderebbe allora dalla coerenza della traduzione delle immagini del paziente in un pensiero verbale secondo dei criteri derivanti da una “ teoria”. Il paziente può verificare ( si potrebbe chiederci con quale aderenza al vero a seconda delle circostanze) ,l’attendibilità dell’interpretazione e la sua rispondenza o meno al proprio vissuto personale.
Si tratta di un procedimento non deduttivo ( capace cioè di confermare nel particolare assiomi di carattere generale), ma abduttivo, aperto all’individuazione di nessi ed ipotesi nuove.
Gli psicoterpaeuti non hanno inventato l’interpretazione dei sogni, ma l’hanno perfezionata ed utilizzata non per solo per una ricerca personale ma a scopi terapeutici
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fiore
Inviato il: 24 Feb 2010, 07:38 PM
Probabilmente ho bisogno di leggere più volte l’ultimo messaggio di Alogon per comprenderne i pensieri ,pur non sapendo se ne sono all’altezza..però ho diverse domande da fare.Mi capita di frequente di sognare ,,o meglio di udire nel sogno suoni,spesso musica classica sconosciuta o apparentemente tale,della quale al risveglio cerco di ricordarmi perchè talvolta è così bella che vorrei averne memoria o vocalizzarla. Altre volte sogno persone che cantano (motivi non conosciuti)e allora al risveglio cerco di ricordarmi le parole perchè senz’altro qualcosa vogliono dire.Il fatto particolare che spessissimo mi sveglio la mattina con alcune parole di canzoni conosciute pur non avendo avuto immagini nel sogno di qualcuno che le canta ..e allora ci rimugino perchè penso che riguardino il mio vissuto e/o la giornata che ho davanti. Ancora …i grandi musicisti,i geni ..è nel sogno che originava la loro musica? Quando Beethoven scrisse l’”Inno alla gioia” era completamente sordo…i suoi erano suoni della coscienza o frutto di memoria onirica o entrambe?, Nella rielaborazione filmica sembra ,dico sembra che il tema dell’”Inno ala gioia” siano rielaborazioni di dolore ,di un’infanzia dell’autore affettivamente e materialmente dura. L’immagine che mi è rimasta impressa è quella del ragazzo che per lenire il dolore,dopo una disperata fuga di notte,si getta nelle acque di un lago (o fiume?)e e sta supino a farsi dondolare dall’acqua guardando il cielo stellato..e così il dolore trova quiete in una dimensione che lo separa dalla crudezza della realtà.
Alogon
Inviato il: 25 Feb 2010, 01:44 PM
Ho studiato musica per una diecina d’anni e mentre lo facevo mi sono chiesto spesso che cosa significasse “ ricordarsi “ una melodia. In realtà quando suonavo e leggevo la musica non avevo rappresentazioni coscienti o definite ma ero tutt’uno con i movimenti che eseguivo. Un’immagine silenziosa di movimento diventava suono solo quando le mie dita si posizionavano in certo modo. Sicuramente l’immagine di un suono non è qualcosa di definibile se non in termini cinestesici, cioè di movimenti corporei sia che interessino la mano od i muscoli del torace o del laringe come nel canto.
Quanto poi al ricordo di una melodia al risveglio:non potrebbe essere la trasformazione di un’immagine muta in un” suono”, cioè in una serie di movimenti magari solo accennati? Non ho una risposta certa alla domanda .
Bisogna tenere conto che forse noi neppure “ricordiamo” i sogni ma essi “permangono” nel pensiero della veglia. Un concetto simile l’ho ascoltato nelle lezioni di Chieti di Fagioli.
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Alogon
Inviato il: 26 Feb 2010, 10:31 AM
Qualcuno ha sognato fra altro, di essere testimone di una lunga conversazione fra due persone però di non riuscire a ricostruire esattamente il contenuto del discorso. L’immagine di due che parlano rimarebbe muta senza il racconto del sogno e la sua interpretazione?
Quand’anche poi gli argomenti del colloquio venissero riferiti, come se fossero “immagini acustiche” essi necessiterebbero comunque di essere tradotti , nella veglia, in un altro linguaggio per essere compresi al di là del loro contenuto manifesto.
Viene detto che nelle immagini oniriche ci sia la vitalità cioè il movimento: bisogna tenere conto del fatto che nel sonno il dormiente è in uno stato di quasi totale paralisi motoria. Il vocabolario onirico è costituito allora da “atti motori potenziali” variamente interconnessi che per acquistare significato compiuto attendono di essere trasformati in movimenti ed atti, anche linguistici, reali.
Il sogno quindi non è un processo conoscitivo in sé concluso ma rimanda al pensiero della veglia per raggiungere la sua pienezza e completamento
Lo spazio tempo onirico ha un carattere viso-motorio: ciò vuol dire che ogni “visione” di oggetti o situazioni si accompagna ad una proposta di azione.
Il sogno nel suo complesso è costruito per indurre una specifica affordance: L’affordance è quell’insieme di azioni che un oggetto “invita” a compiere su di esso.. Una tazzina da caffè per es. induce per la sua stessa forma al gesto dell’afferramento. L’interpretazione è l’affordance specifica del sogno, l’atto cioè che esso inevitabilmente mette in moto nella veglia.
Anche studiosi come Hobson e Mac Carley che hanno passato la vita a dire che i sogni non hanno significato non sono sfuggiti alla loro affordance, hanno cercato cioè di studiarli e di intepretarli anche se in chiave di puri meccanismi neurofisiologici.
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Alogon
Inviato il: 28 Feb 2010, 11:49 AM
L’ipotesi che le immagini onitriche ci siano solo “visioni” e non suoni può essere o non essere confermata, o meglio può essere considerata o no compatibile con i dati neurofisiologici a nostra disposizione. Un ricerca in questo senso che cosa ci rivela? Vilayanur S. Ramachandran, un eminente scienziato di origine indiana, sostiene, insieme a molti altri, che esiste una “attivazione incrociata “ congenita fra suono e visione.
Ciò significa che non c’è fin dalla nascita un modulo percettivo visivo ed uno acustico separati l’uno dall’altro ma che essi funzionano come un tutt’uno integrato.
Dato che i sogni sono “fantasie -memorie” degli eventi percettivi è chiaro che anche nei contenuti onirici l’aspetto visivo è integrato con quello acustico. Quindi l’obiezione di Fiore è giusta.
Rimane valido, alla luce di queste considerazioni, il discorso sulla <<affordance>> del sogno: quest’ultimo è costruito per essere intepretato nella veglia.
Ci troviamo di fronte all’aspetto “abduttivo” del procedimento scientifico: la ricerca della conferma o della compatibilità fra modello neurofisiologico e psichiatrico-psicologico ci consente di riformulare vecchi problemi in un modo nuovo. Senza che ce ne rendiamo conto arriviamo a delineare una nuova concezione dei processi onirici.
Forse non è questa la sede per esplicitarla,
copyright domenico fargnoli
Alogon
Inviato il: 2 Mar 2010, 11:13 AM
Oggi sul Corriere della sera un articolo che conferma la nostra ricerca:
Il bebè riconosce le stonature. I neuroni della buona musica sono già attivi alla nascita di Palmarini.
L’articolo è riportato nel blog Segnalazioni di
http://www.scribd.com/doc/27700826/Corrier…ar-2010-Page-31[/URLProc Natl Acad Sci U S A. 2010 Feb 22. [Epub ahead of print]
Abstract in inglese da Pubmed per i più scettici
Functional specializations for music processing in the human newborn brain.
Perani D, Saccuman MC, Scifo P, Spada D, Andreolli G, Rovelli R, Baldoli C, Koelsch S.
Faculty of Psychology, Vita-Salute San Raffaele University, 20132 Milan, Italy.
In adults, specific neural systems with right-hemispheric weighting are necessary to process pitch, melody, and harmony as well as structure and meaning emerging from musical sequences. It is not known to what extent the specialization of these systems results from long-term exposure to music or from neurobiological constraints. One way to address this question is to examine how these systems function at birth, when auditory experience is minimal. We used functional MRI to measure brain activity in 1- to 3-day-old newborns while they heard excerpts of Western tonal music and altered versions of the same excerpts. Altered versions either included changes of the tonal key or were permanently dissonant. Music evoked predominantly right-hemispheric activations in primary and higher order auditory cortex. During presentation of the altered excerpts, hemodynamic responses were significantly reduced in the right auditory cortex, and activations emerged in the left inferior frontal cortex and limbic structures. These results demonstrate that the infant brain shows a hemispheric specialization in processing music as early as the first postnatal hours. Results also indicate that the neural architecture underlying music processing in newborns is sensitive to changes in tonal key as well as to differences in consonance and dissonance.
PMID: 20176953 [PubMed – as supplied by publisher]
Partendo dal presupposto che i sogni siano rielaborazioni-ricreazioni di esperienze vissute, è evidente che in essi la memoria degli eventi acustico musicali deve giocare un ruolo importante.
Sempre sul metodo: << Il suggerimento abduttivo ci raggiunge come un lampo. E’ un atto di intuizione (insight) anche se è un’intuizione estremamente fallibile.(..) è l’idea di collegare ciò che non ci eravamo mai sognati di collegare,, che come un lampo impone un nuovo suggerimento alla nostra contemplazione>> da Scritti scelti Sandors Pierce.
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Alogon
Inviato il: 4 Mar 2010, 10:38 AM
Basta leggere il secondo volume del libro “l’Io ed il suo cervello” (1977) di Popper e Eccles per rendersi conto che essi annullano completamente la realtà inconscia.
Per loro il sonno è un’attività “ disordinata” mentre i sogni sono bizzarri cioè psicotici. Il coma o la commozione cerebrale sarebbero “stati inconsci”. L’incoscienza viene definita cioè come mancanza di autocoscienza, l’unica vera attività mentale concepita come una sostanza separata dal corpo che però interagisce col cervello attraverso apposite finestre o moduli. Le considerazioni neurofisiologiche che i due autori propongono sono a dir poco deliranti.
Come si fa a derivare da costoro una metodologia di ricerca sul non cosciente?
Tononi afferma che il sogno è una potente forma di immaginazione: l’immaginazione non è tout court creatività. Cosa manca al sogno per essere creativo od un linguaggio autonomo? Forse potrebbero mancare le componenti acustiche anche se recenti ricerche ci indirizzano in senso contrario.
Si potrebbe pensare che il sogno sia un potenziale stimolo per la creatività la quale però va considerata la risultante dell’attività globale di ciascuno. Ciò può essere espresso con la formula : l’interpretazione è l’<<affordance>> del sogno.
Il sogno è un protolinguaggio, un generatore di senso in quanto in esso si esprime un pensiero prevalentemente metaforico che tende a stabilire dei nessi, dei collegamenti spesso inusuali fra le esperienze vissute.. La metafora ( etimologicamente “portare oltre”) onirica è un trasferimento di senso da un campo ad un altro in base al criterio dell’analogia. L’inconscio mare calmo allude per analogia alla situazione originaria: tutta la vita sembra derivare dal mare.
Per Frege, famoso filosofo e matamatico tedesco, nell’enunciato il pensiero è il senso, il valore di verità è il significato.
Solo l’intepretazione può stabilire il valore di verità di una metafora onirica dando un significato a tutti i nessi e collegamenti in essa presenti: la creatività quindi potrebbe (l’uso del condizionale è d’obbligo) scaturire nel passaggio dal sogno alla veglia.
La logica del sogno è “abduttiva” tende cioè a stabilire delle relazioni, dei collegamenti che possono apparire, di primo acchito, inverosimili. Inverosimile nella lingua italiana, non significa solo bizzarro od assurdo ma anche straordinario, fuori dal comune. Bisogna ricordare quanto diceva Aristotile nella “Poetica”: l’inverosimile, cioè l”alogon” non poteva essere per lui, massima espressione del razionalismo, oggetto di rappresentazione artistica, nella fattispecie tragica. Per Aristotile l’arte è imitazione che si ferma a considerare ciò che solo in apparenza è vero.
Come scrivono Blitris (acronimo per quattro autori) nel loro libro “La filosofia del dottor House” ( che a dispetto del titolo è un lavoro serio) l’abduzione può essere considerata un esempio di ragionamento <<scorretto>> dal punto di vista della logica deduttiva. Però esso ci consente di generare ipotesi nuove il cui contenuto di verità va ovviamente verificato: il sogno rimanda inevitabilmente all’intepretazione del sogno. Anche un’ipotesi, od un collegamento sbagliato presente nelle immagini oniriche, può essere una buona ipotesi se ci consente di sbarazzarcene subito e considerare efficamente altre possibilità.
Si vede bene che il metodo attraverso cui vengono elaborate le conoscenze necessarie per la cura (interpretazione dei sogni) è lo stesso utilizzato per costruire una teoria relativa alla realtà psichica umana: non c’è frattura fra il momento clinico ed il momento della ricerca di una verità di carattere generale peraltro sempre perfettibile
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Alogon
Inviato il: 8 Mar 2010, 10:37 AM
Ogni parola ha un significato preciso che indica l’oggetto a cui si riferisce. Questa capacità è fissata in modo inequivocabile dal codice della lingua che, ovviamente, varia da una lingua ad un’altra. E’ il significato denotativo, così chiamato perché denota (cioè indica) qualcosa.
Per denotazione intendiamo il rapporto tra la parola e l’ oggetto che vuole significare; la connotazione invece indica il significato nascosto (metaforico) di una parola.
Nell’ ambito dell’interpretazione del sogno noi rivolgiamo particolare attenzione al <<senso>> cioè al contenuto affettivo pulsionale della comunicazione a cui però si cerca di dare una connotazione attraverso la ricerca di specifici significati in essa impliciti .La connotazione, nell’ambito del significato è un fenomeno assolutamente personale, soggettivo che gioca un ruolo fondamentale per es nel linguaggio poetico
CONNOTAZIONE e DENOTAZIONE [“connotazione”, dal lat. mediev. connotatio, -onis, deriv. di con-notare, propriam. “segnare insieme” o “in aggiunta”; “denotazione”, dal lat. tardo denotatio, -onis, deriv. di de- notare; entrambi da nota, “segno”].
La distinzione terminologica tra “connotazione” e “denotazione” venne introdotta da John Stuart Mill nel suo Sistema di logica, sebbene l’aggettivo latino connotativus (da connotare, “segnare in aggiunta”) fosse già in uso nella logica medievale e moderna, particolarmente in Occam e Hobbes
Hjelmlsev ha parlato di semiotica connotativa per intendere una molteplicità possibile di livelli di significato insiti in un segno.
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alessandranovelli
Inviato il: 9 Mar 2010, 01:07 AM
Ciao Domenico, importante questa distinzione che fai nel tuo ultimo intervento tra “senso” e “significato” e, nello specifico, il porre l’attenzione sul fatto che, riguardo l’interpretazione dei sogni, il presupposto teorico per una corretta ermeneutica (almeno io l’ho capita così) è concepire la connotazione come un processo assolutamente soggettivo. Per cui l’intento diventa, una volta individuato il “nucleo” di senso (pulsionale affettivo) di un sogno, dar voce appropiata alla specifica “costellazione” dei suoi significati.
Queste tue osservazioni chiarificatrici e puntuali sul linguaggio e, soprattutto, quelle particolarmente attente alle qualità soggettive del linguaggio onirico, mi sollecitano una domanda: è così anche nel rapporto terapeutico? Intendo dire: in fondo è il linguaggio, anzi le specifiche parole dette, il “mezzo” attraverso cui prende corpo la cura per cui (al di là dei particolari contenuti pulsionali di una persona che forse sono visibili al terapeuta già al primo incontro): è nella capacità di mettersi in relazione con la specificità di un linguaggio interno, di ogni linguaggio interno, la possibilità di curare? E’ questa ermeneutica “diurna” e, il suo corrispettivo, l’introduzione di un “vocabolario” sano e diverso, la chiave di volta che permette la trasformazione di un’esistenza?
Mi rendo conto che è un argomento assai complesso che non si può esaurire in un paio di risposte ma ti faccio queste domande lo stesso, così, semplicemente, per dare avvio ad una ricerca(comunicazione, linguaggio, dimensione interna) che sento per me profondamente vitale…
Ti ringrazio in anticipo
Alessandra
Alogon
Inviato il: 9 Mar 2010, 10:46 AM
leggo: ermeneutica, scienza dell’interpretazione dei libri antichi, specialmente della Bibbia e delle leggi. Il greco ERMENEYIO interpreto viene riannodato alla voce Ermes dio dell’eloquenza, od ad EYRO parlo
Cara Alessandra, data la complessità del tema che sollevi che riguarda l’intera
cura, mi permetterai di prendermi un po’ di tempo e di considerare risposte anche ricerche che apparentemente non sono direttamente collegate alla tua domanda. Di fatto il mio interesse principale, come mi sembra anche il tuo è il processo terapeutico ed a quest’ultimo io riconduco ogni sforzo di chiarificazione.
Per il momento mi limito a proporti la differenza fra “ermeneutica” ed interpretazione. L’ermeneutica si esercita su di un libro “sacro”, su formule immobilizzate nella carta o nella pergamena. Quando Freud cercava di comprendere i suoi sogni, che aveva trasformato in testi scritti, di fatto proponeva un’ermeneutica e si collocava nell’ambito di una tradizione religiosa, nella fattispecie ebraica. Prima di lui Sinesio di Cirene (V sec) nel suo De insomnius sosteneva che non fosse praticabile un’interpretazione basata su chiavi costanti di decifrazione. Il sogno era ritenuto dominio della libertà personale.: solo attraverso l’uso di diari di propri sogni, che diventavano testi scritti si sarebbe potuto arrivare a capire il linguaggio privato del sogno.
Quando io racconto un sogno mettiamo ad uno psichiatra perché me lo intepreti non metto in moto un processo ermeneutico ma interpretativo. L’interpretazione richiede il rapporto diretto fra persone , in cui entra in gioco sia la comunicazione verbale sia non verbale. Non è una differenza da poco.
Faccio un passo indietro Tononi, nel suo recente articolo che ho discusso, quando si riferiva alla fenomenologia dello sviluppo onirico del bambino riportava l’ovvia ma erronea osservazione che i racconti dei sogni dei bambini “ sembrano “ e sottolineo sembrano, affettivamente poveri e privi di movimento. Ciò potrebbe essere dovuto ad un limitato repertorio verbale. Se Tononi avesse osservato il racconto di un sogno infantile, invece di fare riferimento alla letteratura scritta sull’argomento, avrebbe notato quanto può essere ricco di contenuti emotivi e di movimento un racconto di un sogno di un bambino: ciò che non viene detto con le parole viene espresso con l’intonazione, con la postura ecc.
Tu mi consenti quindi di fare questa precisazione:
L’”affordance” del sogno è non solo l’intepretazione ma il rapporto interumano che è un potente correttivo nei confronti dell’astrattezza ermeneutica. Il “ senso” del sogno in quanto linguaggio universale è una comunicazione che solo attraverso la relazione con altri può arrivare a specificare l’intera costellazione, come dici tu dei suoi significati.
Non è un caso che dei 42 sogni, uno più uno meno, di Freud contenuti nella Intepretazione dei sogni del 1899 frutto dell’ “autoanalisi”, non si sia compreso il significato nemmeno di uno. Il padre della psiconalisi ne era ben consapevole. Basta leggere le otto prefazioni al suo famoso libro in cui puntualmente viene riproposta l’intenzione di riscriverlo.
Quanto poi “all’introduzione di un vocabolario” sano che permetterebbe la trasformazione di un’esistenza penso che il discorso sia più complesso e non si limiti al solo linguaggio articolato…ma su ciò potremmo tornare….
copyright domenico fargnoli
Alogon
Inviato il: 10 Mar 2010, 11:27 AM
Sempre sul problema del metodo ho trovato sul web:
<<La logica in Mills
L’opera fondamentale di John Stuart Mill è il Sistema di logica deduttiva e induttiva. La logica per Mill è la “scienza della prova e dell’ evidenza”. Essa non si occupa delle verità che ci sono note per coscienza immediata, come le sensazioni corporee, i sentimenti o gli stati mentali, ma concerne soltanto le conoscenze derivate da altre conoscenze “per via di inferenza “, verifica, cioè la validità della connessione tra più proposizioni all’interno di un ragionamento. In altri termini, la logica non si preoccupa di indagare la natura delle cose, ma si limita ad organizzare i dati di esperienza in forma scientifica. Alle spalle delle ricerche logiche di Mill vi è quindi una sostanziale adesione ai principi dell’empirismo e del positivismo, La prima operazione della logica è quella della denominazione, cioè dell’attribuzione di nomi alle cose ( non già, lockianamente, alle idee). Il linguaggio è uno strumento del pensiero prima ancora che della comunicazione: pertanto ogni indagine logica deve iniziare con un’analisi del linguaggio. E’ in questo quadro che m introduce una famosa distinzione – ripresa poi, in diverso modo, da Frege – tra termini denotativi ( o non connotativi) e termini connotativi. Si ha denotazione quando un termine indica semplicemente un oggetto, senza riferimento ad alcuna sua proprietà o attributo. Ad esempio sono termini denotativi tutti i nomi propri. Quando dico “Giovanni, Paolo o Pietro”, indico semplicemente un individuo preciso, senza dare alcuna informazione che lo caratterizzi. Sono invece termini connotativi quelli che indicano una o più proprietà relative ad un soggetto. Tali sono gli attributi: quando dico “bianco” o “razionale” indico la qualità che caratterizza un determinato soggetto. Ma sono termini connotativi anche i nomi comuni, i quali, oltre a denotare i singoli individui, implicano anche l’indicazione delle loro qualità: ad esempio il termine uomo denota i singoli individui umani, ma connota anche le qualità (razionalità, corporeità, una certa forma esteriore, ecc. ) che appartengono loro in quanto umanità. Questa distinzione è rilevante non soltanto per la classificazione dei nomi, ma anche per quella delle proposizioni che derivano dalla composizione dei nomi. Quando un predicato esprime un concetto che è già connotato dal soggetto, la proposizione che risulta non fornisce alcuna nuova informazione. Ad esempio, quando dico che gli uomini sono razionali, non amplio la mia conoscenza, perché la nozione di razionalità è già contenuta in quella di uomo. In questo caso si parla di proposizioni verbali che, analogamente ai giudizi analitici di cui parlava Kant, sono necessarie ma improduttive. Nelle proposizioni reali, invece, il predicato esprime una connotazione che non era contenuta nel soggetto e quindi si ha un vero – reale, appunto, – ampliamento della conoscenza. Ovviamente la distinzione tra la verbalità e la realtà riguarda non soltanto le singole proposizioni ma anche la loro connessione e quindi investe il problema dell’ inferenza ovvero, nel senso assai ampio che Mill dà a questo termine, del ragionamento. Affinché si abbia una vera inferenza – cioè affinché il ragionamento apporti conoscenza- occorre che la proposizione conclusiva sia “contenutisticamente” diversa da quella di partenza e non una semplice trasformazione verbale di essa. Ma quali sono gli strumenti logici per garantire ciò? La logica tradizionale individuava due strade: o l’inferenza dal generale al particolare attraverso la deduzione e quindi il sillogismo (inteso come forma fondamentale della deduzione) o l’inferenza dal particolare al generale attraverso l’induzione. Mill intende mostrare che esiste una terza strada che sta a fondamento di entrambe le vie tradizionali: l’inferenza avviene sempre dal particolare al particolare. Iniziamo con l’analisi del sillogismo, utilizzando il tradizionale esempio: “Tutti gli uomini sono mortali. Socrate è un uomo. Dunque Socrate è mortale”. Se viene inteso come dimostrazione di tipo deduttivo, cioè se la conclusione “Socrate è mortale” viene dedotta dalle premesse, come il sillogismo pretende, esso comporta necessariamente una petizione di principio, cioè contiene già nelle premesse ciò che si deve dimostrare nella conclusione. Infatti nella premessa maggiore “Tutti gli uomini sono mortali” è già detto che Socrate è mortale, poiché nell’espressione “Tutti gli uomini” è compreso anche Socrate. Tuttavia il sillogismo può presentare qualche valore se non lo si considera soltanto un procedimento deduttivo. In altre parole, la premessa maggiore tutti gli uomini sono mortali non deve essere considerata il punto di partenza del ragionamento, ma piuttosto il punto di arrivo di una serie di osservazioni particolari. Poiché sperimento che Tizio è mortale, Caio è mortale, Sempronio è mortale, posso pensare che anche Socrate sia mortale e che tutti gli uomini lo siano. In altri termini, la proposizione principale ( quella che ritenevo una premessa maggiore) è una formula compendiosa di osservazioni particolari che è però espressa in termini generali, così da poter essere applicata anche a particolari non ancora osservati. In questo modo le proposizioni generali non sono che il momento intermedio di un ragionamento che va dal particolare al particolare, aggiungendo alla serie dei particolari osservati il particolare cui si applica la conclusione. E, a riprova del fatto che nell’inferenza il passaggio fondamentale è quello che va dal particolare al particolare e non quello che coinvolge l’universale, Mill osserva che i bambini e gli animali sono in grado di fare inferenze senza passare attraverso la formulazione di proposizioni generali: una volta scottati, essi non si avvicineranno più alla fiamma, pur senza formalizzare il principio generale secondo cui il fuoco brucia. La tesi di Mill per cui ogni inferenza parte dall’osservazione dei casi particolari poggia sull’assunto che ogni nostra conoscenza ha un’origine empirica. Tutte le nostre generalizzazioni sono soltanto formule derivate da rassegne di casi particolari, testimoniati dall’esperienza. Le stesse verità della matematica sono conseguite attraverso generalizzazioni di questo genere: alla loro base vi sono, comunque, sempre esperienze particolari. Gli oggetti della matematica, infatti, non sono diversi da quelli empirici, ma sono gli stessi oggetti empirici considerati facendo astrazione da alcune loro qualità: per esempio il punto geometrico è un punto empirico in cui si astrae dall’estensione, così come nella linea si fa astrazione dall’aspetto delle lunghezza, e così via. Dalla critica che Mill conduce al sillogismo – dall’osservazione di casi particolari si ricava una proposizione generale che sta a fondamento di una nuova proposizione particolare – si evince che l’inferenza si fonda non tanto sulla deduzione, quanto sull’induzione. Ora il procedimento induttivo che amplia la nostra conoscenza non è mai l’induzione perfetta, cioè quella in cui si considerano tutti i casi relativi ad una certa classe: in questo caso, infatti, non c’è un vero aumento di conoscenza e l’operazione conoscitiva, di puro carattere analitico, si riduce ancora una volta a una “trasformazione verbale”. Per esempio, se dico: “Pietro (l’apostolo) era ebreo, Paolo era ebreo, Giovanni era ebreo” e così via, fino ad enumerare tutti i dodici apostoli, per concludere “quindi tutti i dodici apostoli erano ebrei” in realtà la conclusione non aggiunge nulla di nuovo alle affermazioni sui singoli individui e non è che una riformulazione verbale. Diverso è il caso della induzione imperfetta, che Mill chiama tradizionalmente induzione per enumerazione semplice. In questo caso, dall’osservazione di un certo numero di casi particolari si inferisce una qualità che è relativa a tutti gli individui appartenenti a quella classe, anche a quelli che non sono caduti sotto la mia esperienza. Così avviene quando affermo: “Tizio è mortale, Caio è mortale, Sempronio è mortale, quindi tutti gli uomini sono mortali. “ Procedendo da particolare a particolare, io conseguo un’informazione su una qualità dell’intera classe che non mi è ancora testimoniata dall’esperienza. Ma è proprio questo ampliamento della conoscenza che può rendere problematica la giustificazione della validità dell’induzione. Se sperimento solo un certo numero di casi individuali, come posso essere sicuro che le osservazioni fatte per essi valgano anche per tutti gli altri casi non verificati? Per secoli gli europei hanno creduto che tutti i cigni fossero bianchi, perché non avevano mai visto un cigno nero. In altri termini: se procedo sempre da particolare a particolare, che cosa garantisce la validità della generalizzazione, cioè del passaggio dal particolare al generale? Mill ritiene che esista un criterio per avvalorare questo passaggio e lo ritrova nel principio dell’uniformità della natura, il quale trova a sua volta la sua migliore espressione nella legge di causalità necessaria. Possiamo estendere alla totalità dei casi di una determinata classe le affermazioni fatte in base all’osservazione di un numero limitato di essi poiché supponiamo che la natura sia ordinata da leggi, per cui a una condizione naturale debba necessariamente seguire un altro stato altrettanto determinabile. Tuttavia, è Mill stesso ad osservare che tale principio lungi dall’essere indipendente da ogni induzione è anch’esso il risultato di un’induzione cioè di una generalizzazione di casi particolari. Ci troviamo quindi di fronte a quella che a molti è apparsa una petizione di principio di principio, in quanto l’induzione trova il proprio fondamento nel principio dell’uniformità della natura, il quale, a sua volta, si fonda su un procedimento induttivo.<<
copyright domenico fargnoli
Alogon
Inviato il: 11 Mar 2010, 11:01 AM
Einstein utilizzava il metodo induttivo o deduttivo?
Nessuno dei due da quanto si evince dal libro <<Le responsabilità della scienza>> di Gerard Holton. Scrive quest’ultimo che per lo scienziato svizzero <<(…) l’abilità di usare l’immaginazione visiva si è rivelata spesso cruciale. In una famosa lettera a Jacques Hadamard Einstein confessava quanto segue
“Le parole , il linguaggio nella loro forma scritta o parlata non sembrano avere alcun ruolo nei meccanismo del mio pensiero. Le entità psichiche che sembrano esserne gli elementi costitutivi sono certi segni ed immagini più o meno chiare che posso volontariamente produrre e combinare.”
E’ come se pensando egli giocasse con le tessere di un puzzle.
Ed a Max Wertheimer Einstein diceva
“Molto raramente penso usando le parole […] Ho come un’immagine complessiva come se vedessi”
Partendo da questo atteggiamento mentale Einstein non fu comunque in grado di comprendere la portata innovativa della fisica quantistica.La sua divergenza da Bor, come emerge dal loro carteggio, (Einstein-Bor Scienza e vita ) riguardava il presupposto o pregiudizio filosofico che si potesse definire oggettivamente uno stato reale in qualunque caso senza specificare il dispositivo sperimentale con cui il sistema viene studiato: è l’ideale dell’osservatore distaccato. La filosofia di Einstein, di derivazione spinoziana, implicava la possibilità di una netta separazione fra sfera oggettiva e soggettiva e l’assunto che si potesse parlare della sfera oggettiva in modo inequivocabile. Non mi inoltro sui contenuti di questa divergenza salvo far notare che i due scienziati partendo da presupposti simili (la teoria della relatività e la concezione dello spazio-tempo) arrivavano a conclusioni diverse.
E’ interessante la circostanza per la quale Heisenberg, quello del principio di indeterminazione eliminò completamente l’uso delle rappresentazioni visive dell’atomo. Egli scriveva:
<< Il programma della fisica quantistica deve innanzitutto prescindere da queste rappresentazioni intuitive […] La nuova teoria dovrebbe soprattutto abbandonare completamente la visualizzabilità>>
La combinazione di immagini di Einstein, i suoi esperimenti mentali sono più vicini al procedimento abduttivo che a quello deduttivo anche se sono d’accordo con Holton quando dice che non risolveremo mai completamente il problema di come alcuni scienziati più dotati possano anticipare con la loro conoscenza intuitiva lo stadio successivo della scienza.
Come sosteneva PK Feyerabend nel suo “Contro il metodo” gli scienziati anarchici potrebbero produrre una scienza metodica cioè la razionalità scientifica potrebbe essere il risultato di svariate mosse irrazionali. Quando ciò avviene proviamo sempre sorpresa e meraviglia.
Keplero che ha distrutto il dogma dell’eccellenza di cerchi e sfere è arrivato alla sua verità procedendo a zig-zag come un sonnambulo facendo errori di calcolo che fortunosamente ( od irrazionalmente?) correggevano gli errori precedenti.
Keplero diceva di aver sognato la verità: lo scopritore o l’inventore coglie analogie o relazioni che fino allora nessuno aveva notato così come il poeta od il sognatore scorge in una nube delle immagini che nessuno indovina.
Sorprendente è la constatazione che spesso gli innovatori non sempre sono in grado di valutare appieno le implicazioni delle loro scoperte e si oppongono ad alcuni sviluppi, in partenza non prevedibili di esse.
copyright domenico fargnoli
Alogon
Inviato il: 11 Mar 2010, 01:23 PM
Piera Tilocca
L’anarchismo epistemologico di P.K. Feyerabend
P. Tilocca, L’anarchismo epistemologico di P.K. Feyerabend, in “XÁOS. Giornale di confine”, Anno IV, N.1 Marzo -Giugno 2005/2006 URL:
http://www.giornalediconfine.net/n_4/16.htm
Sin dalla premessa del suo libro Contro il metodo Feyerabend chiarisce l’obiettivo del suo lavoro, ovvero la presentazione o meglio l’abbozzo di una teoria anarchica della conoscenza. Egli si dimostra a favore di un anarchismo, poiché questo si rivela “una eccellente medicina per l’epistemologia e per la filosofia della scienza” (Feyerabend 2002, 15) piuttosto che essere un osservatore di norme rigorose. Infatti queste, se da un lato ottengono risultati importanti entro certi limiti, dall’altro hanno lo svantaggio di non tener conto dell’universo di possibilità che potrebbe aprirsi all’uomo. Egli si chiede: “Dobbiamo credere veramente che le regole ingenue e semplicistiche che i metodologi prendono come loro guida possano rendere ragione di un tale ‘labirinto di interazioni’?” (ibid., 15-16), che in maniera piuttosto sbrigativa viene sacrificato dagli stessi in nome di una Scienza o di un Metodo. Essi , così facendo, non consentono una realizzazione di questo universo che aspetta solamente di poter essere dischiuso da un “opportunista senza scrupoli che non sia legato ad alcuna particolare filosofia e che adotti in ogni caso il procedimento che gli sembra più opportuno nella particolare circostanza” (ibid., 15-16).
Già dalle prime battute, dunque, iniziano a intravedersi le linee essenziali del pensiero di Feyerabend, quali la critica alle metodologie ritenute infallibili, alla scienza e al suo procedimento ben definito, all’uso di un solo metodo, alle visioni dogmatiche.
Accade, infatti, che molte intuizioni che potrebbero rivelarsi interessanti vengano inibite, così come l’immaginazione, da un tipo di formazione scientifica che fissa le regole in anticipo e cristallizza il pensiero creativo. Il desiderio di libertà è così accantonato per seguire norme universali o tradizionali rigide [1].
Chi può, infatti, escludere l’esistenza di altri metodi e la loro validità e costruire gerarchie stabilendo a quale metodologia spetti il primato? L’anarchia a cui pensa Feyerabend si oppone a principi o leggi universali affinché si consegua “il progresso in qualsiasi senso si voglia intendere questa parola” (ibid., 25). Egli vuole convincere i suoi lettore che “tutte le metodologie, anche quelle più ovvie, hanno i loro limiti” (ibid., 29) e che l’adesione a un determinato metodo, sia anche quello scientifico, ha come conseguenze la perdita della complessità umana e del flusso storico. Spesso l’atteggiamento della scienza ha come risultato un dogmatismo che impoverisce il ricco universo di alternative e nuove possibilità di evoluzione sulla strada della conoscenza [2].
Feyerabend raccomanda che “dobbiamo perciò mantenere aperte le nostre scelte e non dobbiamo fissarci limiti in anticipo” (ibid., 17) affinché non si rischi di ignorare tutta quella gamma di opportunità, di casi, di eventi e di fluttuazioni che accompagnano la storia dell’uomo. Il problema che qui si solleva è come possa essere possibile una qualsiasi evoluzione in qualsiasi campo se già ci precludiamo vie diverse di ricerca da quelle che sono note? Il pensiero, così, rischia di subire una brusca frenata, per cristallizzarsi a causa dell’abitudine a percorrere gli stessi metodi che rendono effimeri i risultati ottenuti. È per questo motivo che Feyerabend ci invita ad adottare un principio secondo il quale “qualsiasi cosa può andar bene”[3] (anything goes!).
A questo punto potrebbe sorgere il dubbio che Feyerabend voglia, attraverso questo principio, proporci una nuova metodologia. Credere ciò sarebbe erroneo dato che egli stesso chiarisce in modo esplicito la sua posizione e propone “un nuovo rapporto fra regole (criteri) e tradizioni. È questo rapporto, e non un determinato contenuto delle regole, a caratterizzare la mia ‘posizione’” (Feyerabend 1981, 66). Non c’è il tentativo da parte sua dell’imposizione di una particolare visione [4], quanto forse il desiderio di portare i suoi lettori a rifiutare l’idea di un metodo universalmente valido, per andare oltre e scoprire nuovi orizzonti che permettano all’uomo di svilupparsi integralmente e pienamente. Il principio ha il pregio di non inibire il progresso per il fatto che arresta la selezione di idee a svantaggio delle altre che mal si collocano in rapporto ad una certa esperienza, per dare in un certo senso, il giusto peso ad ognuna.
Quello di Feyerabend è un invito, una provocazione a lasciare il nostro porto sicuro, rappresentato dai nostri standard ideali ai quali ci affidiamo, per nuotare in “un oceano, sempre crescente, di alternative reciprocamente incompatibili” (Feyerabend 2002, 27), magari insicuro ma senz’altro più creativo e ricco di novità. Le idee migliori forse vengono proprio dalla diversità e non dall’omologazione.
Questo principio deve essere seguito anche dallo scienziato, il quale deve tener conto di tutte le opinioni, confrontando idee con altre idee e non semplicemente scartare queste in nome di una “condizione di coerenza” che elimina una teoria perché in disaccordo con un’altra (ibid., 31).Questo crea immobilità, staticità nel processo conoscitivo poiché si tende, in questo modo, a preservare teorie meglio conosciute a scapito di nuove e diverse. È anche vero che all’inizio bisognerà pure optare per qualcosa (lo stesso Feyerabend all’inizio era un fedele del metodo scientifico [5]) ma ciò non autorizza l’esclusione a priori di altri fatti che non riescono a giustificare momentaneamente una teoria. Persino lo stesso procedimento scientifico, che per molti consta di principi immutabili, logici, lineari, va incontro a delle violazioni del suo stesso metodo poiché “non c’è una singola norma, per quanto plausibile e per quanto saldamente radicata nell’epistemologia, che non sia stata violata in qualche circostanza” (ibid., 21).
Se si pensa alla storia della scienza, spesso vengono introdotte forzature o ignorati eventi fortuiti al fine di spiegare teorie che non si accordano con fatti osservabili da tutti. Così uno scienziato dovrebbe andare alla ricerca di nuove sfaccettature e pluralità di idee [6], nonché dovrebbe servirsi non solo della “norma”, (elemento che conferma la teoria accordando i dati) ma anche della “contronorma” che “ci consiglia di introdurre ed elaborare ipotesi […] in contraddizione con teorie ben stabilite e/o fatti ben accertati” (ibid., 26). Norma e contronorma sono parti integranti del processo di conoscenza [7] dove l’ultima, aggiunge elementi che non portano sicuramente verso il conformismo o verso il dogmatismo.
Dopotutto la ricerca nell’ambito scientifico “si fonda ora su una regola, ora su una altra e le mosse che la fanno avanzare non sono sempre note in modo esplicito” (ibid.,25). Ciò comporta l’entrata in un’ottica più aperta, che preveda la considerazione di paradigmi diversi da quelli tradizionali e anche l’accettazione dell’instabilità del nostro sapere scientifico.
Così l’anarchico è “come un agente segreto che giochi la partita della Ragione allo scopo di minare l’autorità della Ragione (della Verità, dell’Onestà, della Giustizia ecc.) (ibid.,29), per uscire dal circolo vizioso in cui induce l’atteggiamento scientifico occidentale quando allontana altre modalità di perseguire conoscenza ritenendole inferiori o arretrate.
Il risultato è l’imposizione del metodo scientifico come unico attendibile e l’eliminazione della pluralità, che porta a una sorta di uniformità paralizzante. L’anarchico come è concepito da Feyerabend si oppone a quelli che vengono proposti come principi universali o leggi Universali quali Ragione, Giustizia, Dovere, Verità, per prendere in considerazione altri tipi di pensiero, di tradizioni, poiché egli “non ha alcuno scrupolo a difendere anche l’asserzione più trita o più mostruosa” (ibid.,155). Sembra che l’anarchico voglia introdurre tutta una serie di fattori che normalmente la cultura scientifica non considera o considera come inutili al progresso della scienza stessa [8].
L’anarchico epistemologico cercherà, dunque di scardinare il mito della Scienza e del Metodo per sostenere la pari dignità all’interno di questa di altre tradizioni e forme di sapere [9] che concorrono tutte a dare il loro contributo alla piena realizzazione dell’uomo.
Questo è un concetto che implica l’annullamento di ogni genere di autorità all’interno della ricerca epistemologica per far posto a teorie che “dimostrano che la scienza non è l’unica via per acquisire la conoscenza, che ci sono alternative e che le alternative possono riuscire laddove la scienza ha fallito” (Feyerabend 2001, 92).
Nella scienza e nel suo campo rientrano concezioni irrazionali, caos, deviazioni, errori, che aiutano questa a progredire. Senza questi fattori, con tutta probabilità, il campo del sapere umano non avanzerebbe e la scienza stessa rischierebbe di essere spazzata via proprio a causa della mancanza di quei stessi fattori che l’hanno portata a certi risultati: “la scienza è molto più ‘trascurata’ e ‘irrazionale’ della sua immagine metodologica” (Feyerabend 2002, 146). Feyerabend propone l’utilizzo della non-scienza a fianco della scienza [10] e a garantire il tramite, lo scambio tra quest’ultima e le altre concezioni non scientifiche sarà proprio l’anarchismo.
Sia l’anarchismo che il principio “qualsiasi cosa può andar bene” si ritrovano ad essere strettamente connessi, in quanto vogliono essere un trampolino di lancio, l’inizio di una ricerca aperta, libera, che usufruisce di tutte le concezioni, le voglia senza aver paura dei risultati poiché lo “strumento di critica migliore è lo sviluppo di alternative” (Feyerabend 1981, 67).
Molti critici lo hanno accusato di seguire un “anarchismo ingenuo”, ovvero di portare avanti un’analisi dei limiti di regole e criteri per poi abbandonarli definitivamente (ibid., 65). Non penso che Feyerabend possa essere annoverato nella cerchia degli anarchici ingenui poiché, se da un lato è certamente convinto della limitatezza di tutte le regole e criteri, dall’altro non dice che ormai dobbiamo vivere senza questi [11]. Solamente non dobbiamo farne un’idea oggettiva da imporre dall’alto senza tenere in considerazione le condizioni che si presentano volta per volta.
Forse egli mira a far capire al lettore che deve avere l’intelligenza nonché la spregiudicatezza di usare metodi e criteri a seconda della circostanza in cui si trova immerso. Il suo anarchismo è fondamentale sia nella ricerca scientifica che all’interno della società, affinché nessuno si senta schiavo di regole assolute e procedimenti standardizzati [12]. Infatti “i criteri che usiamo e le regole che raccomandiamo hanno un solo senso solo se il mondo ha una certa struttura, mentre in ambiti dotati di una struttura diversa rimangono inapplicabili o funzionano a vuoto” (Feyerabend 1981., 67).
[1] “Il desiderio di accrescere la libertà, di condurre a una vita piena e gratificante, e il corrispondente tentativo di scoprire i segreti della natura e dell’uomo,comportano quindi il rifiuto di ogni norma universale e di ogni tradizione rigida” (Feyerabend 2002, 18).
[2] “Dovremmo trasferire ad essa i diritti esclusivi di occuparsi della conoscenza, così da escludere immediatamente qualsiasi risultato si sia ottenuto con altri metodi? È questa la domanda che intendo esaminare nel presente saggio. E la mia risposta a tale domanda sarà un fermo e sonante NO” (ibid., 17).
[3] “E’ chiaro, quindi, che l’idea di un metodo fisso o di una teoria fissa della razionalità, poggia su una visione troppo ingenua dell’uomo e del suo ambiente sociale. Per coloro che non vogliono ignorare il ricco materiale fornito dalla storia, e che non si propongono di impoverirlo per compiacere ai loro istinti più bassi, alla loro brama di sicurezza intellettuale nella forma della chiarezza, della precisione, dell’”obiettività”, della “verità”, diventerà chiaro che c’è un solo principio che possa essere difeso in tutte le circostanze e in tutte le fasi dello sviluppo umano. E’ il principio: qualsiasi cosa può andar bene” (ibid., 25).
[4] “Non ho una filosofia, se per filosofia si intende un corredo di principi uniti alle loro applicazioni, oppure un immutabile atteggiamento di fondo” (Feyerabend 2001, 148).
[5] “So di essere stato un tempo io stesso un patito della scienza, ma ora sono diventato molto scettico circa l’autorità della scienza in questioni ontologiche” (Feyerabend 1984, 56)
[6] “[…] egli deve adottare cioè una metodologia pluralistica. Egli deve mettere a confronto idee con altre idee anziché con l’’esperienza’ e deve cercare di migliorare anziché rifiutare le opinioni che in questo contrasto hanno avuto la peggio” (Feyerabend 2002, 27).
[7] “La conoscenza così concepita non è una serie di teorie in sé coerenti che convergono verso una concezione ideale, non è un approccio ideale, non è un approccio graduale alla verità: È piuttosto un oceano, sempre crescente, di alternative reciprocamente incompatibili” (ibid., 27).
[8]”Non c’è alcuna opinione, per quanto ‘assurda’ o ‘immorale’ che egli si rifiuti di prendere in considerazione o in conformità con la quale si rifiuti di agire, e nessun metodo è considerato indispensabile” (ibid.,155).
[9]”[…] ci si accorge che la scienza non ha l’esclusività della conoscenza. La scienza è senz’altro un serbatoio di conoscenza, ma lo stesso vale per i miti, le favole, le tragedie, i componimenti epici e molte altre creazioni delle tradizioni non scientifiche” (Feyerabend 2001, 95).
[10] “L’affermazione che non c’è conoscenza fuori dalla scienza – extra scientiam nulla salus – non è altro che un’altra favola, molto conveniente” (Feyerabend 2002, 249).
[11] “Trovo plausibile che ogni regola abbia dei limiti, ma non ne concludo che si debba vivere senza regole.[…] Non voglio eliminare regole e criteri, né mostrare che siamo privi di valore. Al contrario desidero aumentare il nostro inventario di regole – più sono, meglio è – e propongo usarle tutte in modo nuovo” (Feyerabend 1983, 401).
[12] “Le regole metodologiche devono essere adattate alle circostanze e reinventate sempre di nuovo. Ciò aumenta la libertà, la dignità e la speranza di successo” (ibid., 298).
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
PAUL K. FEYERABEND
– (1981) La scienza in una società libera, Milano
– (1983) Il realismo scientifico e l’autorità della scienza, Milano
– (1984) Scienza come arte, Bari
– (2001) Dialogo sul metodo, Bari
– (2002) Contro il metodo, Milano
La critica a Feyerabend potrebbe essere molto facile poichè l’assenza di un metodo è un metodo esso stesso. Però volevo sottolineare che non ha senso parlare della maggiore potenza di un metodo rispetto ad un altro. L’aspetto pragmatico dell’abduzione fa sì che essa consenta una larghissima flessibilità (che poi credo sia quello che voglia sostenere Feyerabend) ed includa
l’aspetto irraazionale della scoperta attraverso l’intuizione di nessi nuovi comunque da verificare.
Sono d’accordo che ciò che va evitato ad ogni costo è il dogmatismo metodologico.
copyright domenico fargnoli
Alogon
Inviato il: 12 Mar 2010, 11:58 AM
Kant affermava che << (…)il genio è il talento di produrre ciò di cui non si può dare una regola determinata, non un’attitudine particolare a ciò che può essere appreso mediante una regola; per conseguenza l’originalità è la sua prima proprietà.>> (Critica del giudizio)
Il genio non segue nessun metodo in quanto non può mostrare scientificamente come compie la sua produzione, ne ha facoltà di trovarne a suo piacere seguendo particolari procedure.
La genialità sfugge per sua natura ad ogni tentativo di indagine metodica e sistematica in quanto costituisce una rottura all’interno di un paradigma culturale.
Quindi secondo Kant il genio che cerchi qualcuno che accrediti scientificamente le sue scoperte entrerebbe in contraddizione con la sua natura di genio.
La concezione kantiana è comunque ambigua: la genialità sarebbe il libero gioco dell’immaginazione che deve limitare però il proprio arbitrio per conformarsi alle leggi dell’intelletto.
Arte e scienza, immaginazione ed intelletto, intuizione e concetto rimangono ambiti separati per non dire scissi nella descrizione d’un rapporto reciproco che non conduce alla trasformazione dell’esistente. cioè alla creazione di un nuovo.
La scoperta scientifica obbedisce ad una logica diversa da quella del genio kantiano: in essa razionalità ed irrazionalità trovano un punto di convergenza e di sintesi.
La combinazione delle immagini visive , secondo un procedimento abduttivo o metaforico che dir si voglia , di Einstein portava a stabilire il nesso fra massa ed energia ma contemporaneamente a fissarne la regola obbedendo al rigore della logica. Il momento irrazionale dell’immaginazione si conciliava con il metodo galileiano secondo il quale i fenomeni della natura possono essere tradotti nel linguaggio della matematica. Così la scoperta poteva diventare patrimonio universale e dare luogo ad ulteriori sperimentazioni e verifiche.
Intuizione e metodo possono e devono pertanto coesistere nell’ambito della scienza .
Einstein era un solitario che prediligeva gli esperimenti “mentali”, Bor, Fermi e gli scienziati della fisica quantistica lavoravano in gruppo e prediligevano gli esperimenti reali: possiamo noi dire che gli uni fossero meglio degli altri?
Io sono d’accordo almeno su di un punto con il pragmatismo cinese: a noi poco importa se il gatto sia bianco o sia nero purchè prenda i topi.
copyright domenico fargnoli
Alogon
Inviato il: 14 Mar 2010, 10:57 AM
Un esperimento mentale o esperimento concettuale (in tedesco Gedankenexperiment, termine coniato dal fisico e chimico danese Hans Christian Ørsted) è un esperimento che non si intende realizzare praticamente, ma viene solo immaginato: i suoi risultati non vengono quindi misurati, ma calcolati teoricamente Il concetto di esperimento concettuale è stato introdotto da Albert Einstein, che se ne servì per illustrare la sua Teoria della relatività; ma anche alcuni paradossi classici, come quello di Achille e la tartaruga, si possono considerare esperimenti mentali. Anche alcuni ragionamenti di Galileo Galilei rientrano sotto questa categoria.
Anche in psichiatria vengono utilizzati esperimenti concettuali?
Quando ricreiamo dentro di noi, a scopo di ricerca, l’esperienza della nascita eseguiamo un esperimento mentale perchè vagliamo tutte le conseguenze di punti di vista diversi.
L’idea freudiana del narcisismo neonatale porterebbe per es a pensare ad un neonato “morto”: per questo viene scartata.
Se facciamo esperimenti mentali per ricostruire il vissuto della nascita, inserendo dati derivati dall’osservazione diretta del bambino e delle neuroscienze (neurofisiologia, neurobiologia, embriologia del sistema nervoso) avremmo dei costrutti teorici molto più complessi ance se all’inizio puramente concettuali.
Nessuno ci vieta però di sottoporre a verifica le ipotesi che mano a mano vengono elaborate.
<< Come è pure accaduto all’esperimento, anche l’esperimento mentale è stato in passato solitamente trascurato dall’analisi epistemologica. Soltanto negli ultimi vent’anni questo tema ha richiamato l’attenzione di un certo numero di autori, i cui studi mostrano però quasi sempre la grave lacuna metodica di occuparsi soltanto dell’esperimento mentale, senza porre e risolvere al tempo stesso il problema dell’esperimento reale. La soluzione di quest’ultimo problema è ben lontano dall’essere qualcosa di scontato, come mostrano fra l’altro anche le numerose indagini – soprattutto da parte del nuovo sperimentalismo e del sociological turn – dedicate negli ultimi decenni al tema dell’esperimento scientifico. E d’altro canto, sui pochissimi autori che hanno correttamente affrontato il problema del concetto di esperimento mentale senza separarlo da quello di esperimento reale (Mach, Kuhn e, più recentemente, Gooding), ha tuttavia fortemente pesato l’opzione naturalistica, che ha loro impedito di cogliere il nesso di unità e di distinzione che sussiste fra l’esperimento e l’esperimento mentale>>( Marco Buzzoni)
copyright domenico fargnoli
Alogon
Inviato il: 15 Mar 2010, 10:08 AM
Nel silenzio le immagini si mettono in cammino
Quali costellazioni di significati o connotazioni sono storicamente scaturite dagli “esperimenti mentali” relativi alla nascita?
<<Vitalità come realizzazione di un sé libidico del feto nell’utero che avendo un rapporto con l’oggetto (liquido amniotico) mediante l’istinto sessuale ne realizza l’esistenza percependo le qualità dell’oggetto>> (1971)
Vitalità come reazione all’intensa stimolazione nel passaggio del canale del parto.
(1992)
Questa vitalità si è detto recentemente essere “fisica”
<<Fantasia di esistenza come immagine, << La fantasia è la realizzazione dell’istinto di morte in quanto fantasia di non esistenza della situazione neonatale rende esistente nella traccia mnesica ( formazione del ricordo immagine), il sé intrauterino, cioè il sé in rapporto con un oggetto.>>
(1971)
Inconscio mare-calmo= immagine indifferenziata.
Nel 1999 (con Palau) c’è stato un cambiamento di paradigma: si accentua, se possibile, la distanza ed il rifiuto del freudismo anche nella terminologia.
Fagioli cerca l’origine del linguaggio nella dimensione non cosciente.
Egli fa notare come la parola “immagine “ non abbio suono: il riferimento è sempre stato ad un processo visivo
(…) nessuno ha pensato di legare la parola immagine a suoni armonici(…) la musica non permette di formare una figura con contorni definiti e non viene pensata e detta immagine. Scissione totale fra visione ed ascolto>>
Per pensare al legame fra musica ed immagine visiva, per scoprire il legame fra fatto visivo che è silenzioso e fatto auditivo che non vede <<.. .bisogna arrivare a pensare la linea o meglio bisogna arrivare a pensare all’immagine della linea>>
Il punto di partenza è la definizione della linea come rappresentazione della pulsione, della fantasia di sparizione che insorge alla nascita. La linea è assenza di colore perché è quanto consente a quest’ultimo di definirsi come immagine. La linea è nera, quand’anche fosse disegnata in rosso perché essa è il segno silenzioso che f a la separazione fra una cosa e l’altra. La linea come già aveva affermato Balzac nel suo racconto <<Il capolavoro sconosciuto>>(1837) non esiste in natura: noi la estraiamo dai confini dell’oggetto guardato la concettualizziamo come immagine che poi eventualmente possamo disegnare sulla carta.
Ciò avviene perché <<(…) la prima separazione che fa la realtà umana è la pulsione di annullamento della nascita che potremmo dire, fa il buio intorno all’uomo.>>
Fa anche, mi chiedo, il silenzio intorno al bambino per l’annullamento del rumore del mondo inanimato?
Quando nel 2003 credo usavo l’espressione “Nel silenzio le immagini si mettono in cammino” alludevo alla possibilità di questa sparizione iniziale dei suoni caotici e senza senso umano. Anche nell’immagine della musica dobbiamo pensare sia contenuta <<(…) l’immagine della linea cioè il nero della separazione>>
Come interpretare questo passaggio?
Anche l’orecchio umano ha la capacità di estrarre dal continuum dei suoni delle parole ascoltate delle unità significative .
Ciò ha un suo corrispettivo nella lingua scritta in cui le parole, che se pronunciate costituirebbero una linea continua, sono separate le une dalle altre da uno spazio vuoto che appare sulla carta bianco, ma per quanto detto prima in realtà è neroPer la musica è lo stesso: le entità minime sono le note che sullo spartito sono unità discrete, salvo la specifica indicazione della pausa.
Quindi dal rapporto fra visione audizione deriva che la linea indefinita, che si forma nel silenzio e nel buio della pulsione neonatale, viene segmentata poi nell’ascolto e nella fonazione in elementi dotati di senso. Dotati solo di senso perché ancora non c’è la capacità di estrarre dal colore forme o figure che unendosi ai fonemi, ai suoni, creerebbero il significato.
La pausa nel discorso scritto viene indicata con una specifica notazione il punto o se più breve la virgola.
L ‘intervallo intenzionale fra due frasi, o due periodi, è diverso dal processo di segmentazione delle lettere e delle parole che consente immediatamente la compresnsione del senso e del significato.
copyright domenico fargnoli
Alogon
Inviato il: 16 Mar 2010, 11:13 AM
Scriveva Balzac << La linea è il mezzo con il quale l’uomo si rende conto dell’effetto della luce sugli oggetti, ma non ci sono linee in natura ove tutto è pieno. E’ modellando che si disegna cioè che si distaccano le cose dall’ambiente circostante,solo la diffusione della luce dona apparenza ai corpi>>
(Balzac-Il capolavoro sconosciuto)
La luce uniformemente diffusa equivale per l’occhio umano al buio: è quanto ha dimostrato il premio Nobel Torton Wiesel. La nostra retina è costruita, dal punto di vista neuroanatomico non semplicemente per reagire alla luce ma ai contrasti di luce La linea deriva dalla capacità di percepire una differenza di luminosità.
Ai più attenti non sarà sfuggito che l’espressione “lina indefinita” che ho usato nel precedente post, potrebbe essere una contraddizione in termini od un paradosso. La linea ciò che definisce per antonomasia come può essere indefinita?
La linea , o meglio l’immagine della linea è indefinita nel senso che essa non è visivamente rappresentabile.
Ciò è, a mio avviso,(lo sottolineo a mio avviso) è quanto risulta dall’utilizzazione del termine “capacità di immaginare” che Fagioli mi sembra ha introdotto nel 2006 in un articolo di Left.
La capacità di immaginare cioè di separare e di definire se stessi in relazione all’ambiente circostante ed agli altri è un concetto e come tale non corrisponde a nessuna visualizzazione specifica.
La linea potrebbe essere una metafora visiva, geometrica, per alludere ad una attività mentale che di per sé non è visualizzabile in quanto derivante dall’integrazione, a livello dell’immagine, di varie modalità sensoriali.
Varrebbe il principio di indeterminazione: se mettiamo in primo piano l’aspetto visivo non mettiamo a fuoco quello auditivo o cinestesico che in realtà formano un insieme inscindibileSe noi analizziamo la psicofisiologia della visione scopriamo che durante la veglia gli occhi hanno continui piccoli, praticamente invisibili movimenti saccadici dei piccoli salti che hanno una durata media di 50-200 millisecondi ciascuno. In assenza di tali movimenti la visione è in effetti impossibile perché i neuroni visivi sono sensibili solo ai cambiamenti dell’intensità di luce. E’ per questo che l’occhio immobilizzato non è in grado di vedere , è cieco.
Questo per dire che la creazione della linea è l’elaborazione di sensazioni retiniche e cinestesiche cioè di movimento che sono inseparabili le une dalle altre anche se il movimento non viene percepito e rimane così una componente indefinita.
copyright domenico fargnoli
Alogon
Inviato il: 17 Mar 2010, 01:30 PM
Siamo arrivati ad un punto cruciale. Nel suo bellissimo articolo del 1962 sulla percezione delirante Massimo Fagioli esamina il concetto di percezione e cita vari autori, rilevanti per l’epoca,fra cui Musatti il quale considera <<(…) il processo percettivo come come unità funzionale della vita psichica piuttosto che semplice recezione di una singola percezione attuale>>
Quindi la percezione come “unità funzionale” viene distinta dalla percezione attuale che assomiglia molto a ciò che viene denominato sensazione.
Le sensazioni sarebbero le impressioni immediate che derivano dalla stimolazione dei vari apparati sensoriali:sensazioni tattili, visive auditive cenestesiche ecc.
Quando la neurofisiologia descrive la funzione di trasduttori delle cellule retiniche di fatto analizza il formarsi della sensazione visiva.
Merlau-Ponty nel suo saggio del 1945 sulla Fenomenologia della percezione pur affermando il carattere unitario del processo percettivo mette in guardia contro l’uso ingenuo del termine sensazione e dal pregiudizio intellettualistico di considerare la percezione come una semplice sommatoria di dati sensoriali derivanti dai singoli apparati.
Secondo l’autore francese il puro sentire non esiste in quanto esso <<(…) equivarebbe a sentire il nulla e quindi a non sentire affatto>>
Comunque noi oggi utilizziamo la distinzione fra percezione e sensazione: diciamo che il feto ha sensazioni in quanto tutti i suoi apparati sensoriali possono venir stimolati mentre parliamo di percezioni, ed in particolar modo di percezioni inconsce a partire dalla nascita.
Ma , potremmo chiederci, cosa significa, che la percezione è “unità funzionale”?
Significa che la percezione umana ha una caratteristica unica che la differenzia da quella di tutti gli animali primati non umani compresi: essa è un processo psichico che mette in relazione a partire dalla nascita tutte le modalità sensoriali.
La percezione umana, è un’attività plastica che va incontro ad una riorganizzazione incessante nel corso dello sviluppo: essa presuppone un ‘”immagine” di sé continuamente mutevole che consente un lavoro di strutturazione e di destrutturazione dei rapporti reciproci fra i vari sensi.
Visione, audizione, tatto, cenestesi e cinestesi si integrano e si amalgamano vicendevolmente secondo modalità in perpetuo divenire.
copyright domenico fargnoli
Alogon
Inviato il: 18 Mar 2010, 11:14 AM
Procedo a zig-zag: il mio “gedankenexperiment” lo prevede.
Cito dal libro di Marco Buzzoni “Esperimento ed esperimento mentale”
<<Popper ha ribatito con forza la contrapposiszione fra contesto della scoperta e contesto della giustificazione: la genesi delle ipotesi teoriche ha poco o nulla a che fare con l’attività sperimentale perché è essenzialmente connessa ad un atto intuitivo del singolo ricercatore che non è né razionalmente né sperimentalmente ricostruibile. In questo modo Popper aveva attribuito all’esperimento una funzione soltanto critica o di eliminazione degli errori che ne riduceva fortemente l’importanza per il progresso scientifico: l’esperimento serve bensì ad eliminare vie infeconde, ma è sempre la teoria e non l’osservazione ad aprire la strada a nuove conoscenze.>>
Da una parte Popper parla di irrazionalità della scoperta e dall’altra nel suo libro “ L’io ed il suo cervello” scritto a quattro mani con Eccles annulla completamente la realtà inconscia: l’attività mentale sarebbe solo “autocoscienza”.
E’ una palese e clamorosa contraddizione: l’epistemologia popperiana non è utilizzabile in psichiatria.
Popper apre la strada al relativismo; le teorie scientifiche diventano incontrollabili e possono proliferare liberamente: le verifice sperimentali non sono in grado di dimostrare né che sono vere né che sono false. Se dessimo retta a lui varrebbe il principio “anything goes” e si entrebbe in un mondo in cui tutte le vacche sono grigie.
La bomba di Hiroschima è stato un tragico esperimento che dimostra che la fisica quantistica non è solo un’accozzaglia di speculazioni. Qualcosa (cinquecentomila morti sono più di qualcosa) di vero ci deve essere.
D’altra parte volenti o nolenti, la psichiatria è nata dall’osservazione clinica e si propone non di offrire eleganti speculazioni a tavolino, come faceva Binswanger,
ma di curare esseri umani in carne ed ossa con il loro carico di problemi e sofferenza.
Decidiamoci: esiste un modo per dimostrare che una teoria sia vera o largamente attendibile ?
Che senso ha parlare di scientificità se poi si avalla una epistemologia scettica che mina il valore di ogni verifica mentre fa finta di accettarlo?
Detto questo torno all’inizio della discussione.
La “stalker “ segue il forum e si fa viva con sporadici messaggi: continua a fare la vittima. Per quanto mi riguarda non ho perso nemmeno tempo a denunciarla: sarebbe stata una considerazione eccessiva.
Per me oggi la “stalker” è il simbolo di quegli individui che agiscono attraverso un “terrorismo” psicologico insultando ed cercando violentemente di entrare nella vita personale e professionale di soggetti appositamente scelti. Tali persone non hanno neppure la dignità dei replicanti di “Blade runner”, cui mancava il riflesso pupillare alla luce , che si forma alla 28 settimana di gravidanza.
Esistenze senza fantasia di esistenza che continuano ad annullare ogni possibilità di nascere.
copyright domenico fargnoli
Alogon
Inviato il: 19 Mar 2010, 11:59 AM
J Matern Fetal Neonatal Med. 2006 Apr;19(4):215-9.
Cross-over trial of fetal heart rate response to halogen light and vibroacoustic stimulation.
Bolnick JM, Garcia G, Fletcher BG, Rayburn WF.
Division of Maternal-Fetal Medicine, Department of Obstetrics and Gynecology, School of Medicine, 1 University of New Mexico, Albuquerque, NM 87131, USA.
OBJECTIVE: The purpose of this study was to compare the effect of halogen light and vibroacoustic stimulation on fetal heart rate (FHR) responsiveness and on nonstress test (NST) results. METHODS: Sixty consecutively-chosen patients between 33 and 39 weeks of gestation underwent an NST on at least three weekly occasions. Each received halogen light (Vector Compact Sport Spot, Ft Lauderdale, FL, USA), vibroacoustic (SolaTone Artificial Larynx, Temecula, CA, USA), and no stimulation in a randomized order. The transabdominal light or vibroacoustic stimulation lasted for 10 seconds. If no initial FHR acceleration occurred, then the stimulus was repeated 10 minutes later up to a maximum of three times. The investigators who interpreted the FHR patterns were blinded as to the type of stimulus used. RESULTS: Reactive results were present in 171 tests (vibroacoustic: 98.3%; light: 96.6%; none: 93.3%). Compared with no stimulation, the mean difference in time from the onset of recorded “stimulation” to the first FHR acceleration was shorter (p < 0.01) with either light (2.7 minutes, 95% confidence interval (CI) 0.9-4.5 minutes) or vibroacoustic stimulation (2.6 minutes, 95% CI 0.8-4.4 minutes). The mean time difference until a reactive result was also shorter (p < 0.05) with either light (2.7 minutes, 95% CI 0.1-4.9 minutes) or vibroacoustic stimulation (2.4 minutes, 95% CI 0.1-4.7 minutes) than with no stimulation. The need for repeated stimulation during each test was infrequent (light: 5.0%; vibroacoustic: 3.3%). No adverse effect from external stimulation was noted on the FHR tracing. CONCLUSION: Halogen light stimulation is an acceptable alternative to vibroacoustic stimulation in provoking a more rapid fetal heart rate response and in shortening the time before a reactive nonstress test result.
PMID: 16854694 [PubMed – indexed for MEDLINE] J Med Assoc Thai. 2006 Sep;89(9):1376-80.
Effect of halogen light in fetal stimulation for fetal well-being assessment.
Thanaboonyawat I, Wataganara T, Boriboonhiransarn D, Viboonchart S, Tontisirin P.
Department of Obstetrics and Gynecology, Faculty of Medicine, Siriraj Hospital, Mahidol University, Bangkok, Thailand.
OBJECTIVE: To evaluate the shortening of the time of nonstress test (NST) by using transabdominal fetal stimulation with halogen light. STUDY DESIGN: Experimental research. MATERIAL AND METHOD: The authors enrolled 176 pregnant women between 32 and 42 weeks of gestation indicated for NST at the Division of Maternal Fetal Medicine, Siriraj Hospital, Mahidol University. They were randomly assigned to receive either NST (control) or halogen light stimulation test (LST). The stimulation was performed at the beginning of the test and repeated every 10 minutes until reassuring fetal heart rate (FHR) acceleration was achieved, or up to 3 times. All tracings were interpreted blindly by one investigator at the end of the tests. RESULTS: The mean (+/- SD) duration from starting the test to the first FHR acceleration was not significantly different between the control group and the LST group (5.6 +/- 7.2 and 5.4 +/- 5.2 minutes, respectively). The average testing time (+/- SD) to achieved reactivity was 10.5 +/- 8.8 minutes in the controls and 9.6 +/- 6.7 minutes in the LST group. This was not statistically different. The incidence of nonreactive tests was not significantly different between the LST and the controls (15.9% and 11.4%, respectively). Among the LST subjects, term fetuses and women with BMI < 27 kg/m2 required less time to reach reactivity, 2.4 and 2.3 minutes respectively. CONCLUSION: Transabdominal halogen light stimulation did not shorten the duration of NST in the presented population. However, the presented data suggests that the fetus at term could respond to visual stimulation, especially when the gestational age is more advanced.
Hum Brain Mapp. 2003 Dec;20(4):239-45.
Fetal brain activity in response to a visual stimulus.
Fulford J, Vadeyar SH, Dodampahala SH, Moore RJ, Young P, Baker PN, James DK, Gowland PA.
Magnetic Resonance Centre, University Hospital, Nottingham, University of Nottingham, Nottinghamshire, United Kingdom.
Previous studies have demonstrated the use of functional magnetic resonance imaging (fMRI) to assess fetal brain activity. To extend these studies, a fetal fMRI experiment using a visual stimulus has been performed at 0.5 T. This used a block fMRI paradigm with a bright, constant-intensity light source being shone at the maternal abdomen for 8 sec followed by 16 sec of darkness. This was repeated typically 40 times on nine subjects all of whom were greater than 36 weeks gestational age. Of these, one could not be analysed due to motion, three did not show significant activation, and five showed significant activation (P < 0.0085). In all cases, activation was localised within the frontal cortex. Exact localisation was difficult but this may correspond to the frontal eye fields and dorsolateral prefontal cortex. In no cases was significant activation present within the occipital region as would have been expected and was observed in 2/8 adult subjects. Hum. Brain Mapping 20:239-245, 2003. Copyright 2003 Wiley-Liss, Inc.
[The fetus and noise]
[Article in German]
Brezinka C, Lechner T, Stephan K.
Universitäts-Klinik für Frauenheilkunde, Innsbruck, Osterreich.
From 23 weeks of gestation some and from 28 weeks all healthy fetuses are capable of reacting to sound stimulation. The intrauterine acoustic environment is dominated by maternal sounds–heartbeat, breathing, the mother’s voice, borborygmi and sounds caused by body movements. Background noise is never below 28 dB and can rise to 84 dB when the mother is singing. Noises that are meant to reach the fetus must be louder than the background noise and must be of low frequency as high frequency sounds are damped by maternal tissue. Vibroacoustic stimulation tests (VAST) have become popular in pregnancy surveillance over the last 20 years, mostly using an artificial larynx. Advantages and problems of the various VAST protocols in fetal monitoring are discussed in the light of animal experiments and clinical studies. Health legislation laws in most countries forbid pregnant women to work in surroundings with a high noise level (80 dB continuous noise and/or rapid impulse noise changes of 40 dB). Whereas regulations for pregnant women are easy to enforce in industry, pregnant women employed in discos or performing as musicians spend most of their working day exposed to noise impact higher than the recommended limit.
PMID: 9483870 [PubMed – indexed for MEDLINE]
Per motivi di copyright ho riportato solo gli abstract degli articoli. Dall’esame di questi ultimi si deduce ( qui l’uso della parola deduzione è corretto) che tutti I sensi, come avevo detto del feto sono suscetttibili di essere stimolati in utero-
Stranamente questi risultati non sono stati analizzati e discussi da nessuno che si è occupato della teoria della nascita.
I dati più interessanti sono quelli relativi alla stimolazione con luce alogena intermittente in sostanza flash fotografici. Sembra e sottolineo sembra che la risposta corticale non interessi le aree visive primarie cioè occipitali del feto.
Nonostante che quest’utimo, soprattutto nei soggetti a termine, mostri una reattività
In tutto l’arco sensoriale non si ha comunque, anche per effetto della stimolazione visiva, una arausal corticale, un’attivazione diffusa della corteccia come alla nascita.
Per quale motivo? Rispetto alla luce bisogna dire che essa quando raggiunge la retina fetale per il passaggio attraverso le pareti addominali è diffusa.
L’occhio ed il cervello umano sono costruiti in modo da reagire a nette differenze di luminosità, che si presentano come segmenti luminosi lungo I contorni degli oggetti.
L’occhio non esposto in epoca postanatale precoce a tale tipo di stimolazione segmentale , come nei casi di carataratta congenita, nonostante sia raggiunto dalla luce rimane cieco ( Vedi I classici lavorii di Hubel e Wiesel).
Il secondo motivo è più determinante: la corteccia cerebrale del feto è, come risulta da numerosi studi riguardanti la neurobiologia del dolore in utero, in uno stato di deconnessione funzionale. Ciò significa che la sensorialità intermodale cioè che coinvolge ed integra I vari sensi è praticamente assente. Non è possibile in tale situazione nessun evento percettivo e conseguentemente nessun arausal.
La nascita quindi modifica la funzionalità della corteccia cerebrale che è in grado di reagire in modo nuovo alla differenze di luminosità che sono apprezzabili solo nell’ambiente extrauterino. La stimolazione retinica che così si realizza è qualitativamente diversa ed enormemente più intensa rispetto a quella intrauterina: essa innesca l’attività dei sistemi inibitori corticali senza i quali non è possibile nessuna attività complessa come la memoria o l’immaginazione.
copyright domenico fargnoli
Alogon
Inviato il: 22 Mar 2010, 09:36 AM
Qual è il senso del discorso che fin qui è stato sviluppato? Esso può essere così riassunto: la realtà supera la fantasia. La ricostruzione della nascita umana che otteniamo componendo insieme i dati neurobiologici e la ricerca psichiatrica contiene elementi che non sono individuabili per sola via intuitiva o deduttiva.
I movimenti saccadici non sono percepibili anche se essi, per il solo fatto di esistere, ridimensionano l’idea che la retina abbia un ruolo esclusivo e preminente nel processo della visione.
Dietro la retina c’è il cervello e la corteccia cerebrale come ben sanno i neonatologi che hanno soprattutto competenze neurologiche.
La presenta dei movimento oculari ci dice inoltre che noi, come anche afferma Boncinelli nel suo ultimo libro “Mi ritorni in mente”, per circa un decimo della nostra vita siamo ciechi, mentre appunto l’occhi si muove.
La “sparizione” dell’oggetto ci serve per vedere. Lo scotoma, l’accecamento di Laforgue a cui fa riferimento Freud nel 1927 nel suo saggio Il feticismo, è un processo fisiologico che consente la visione.
Inoltre: la luce non è lo stimolo assolutamente nuovo alla nascita in quanto può raggiungere, in particolari condizioni, la retina anche in utero. Essa in quanto tale non innesca nessuna reazione psichica poichè viene percepita solo la differenza di luminosità. L’attenzione del bambino piccolissimo, i suoi punti di fissazione riguardano soprattutto i contorni degli oggetti, suggerendo che la creazione della linea ha un radicamento nella fisiologia dell’occhio e della corteccia cerebrale.
Tutte queste considerazioni, che potrebbero essere oggetto di una trattazione ben più estesa, conducono ad un risultato importante che rivaluta il procedimento induttivo al quale non puo’ essere assegnata la parte di Cenerrentola, tirandolo in ballo ( è il caso di dirlo) solo quando fa comodo e trascurando sistematicamente di analizzare i dati che, anche se solo apparentemente, non collimano con una teoria che alcuni vorrebbero precostituita.
Tale modo di procedere non ha niente a che vedere con la ricerca ma addirittura è estremamente deleterio in quanto latente c’è il pensiero che la teoria sia in qualche modo sbagliata anche se in realtà, nella sostanza, non lo è: essa pertanto andrebbe difesa in modo ideologico. A livello subliminare, non cosciente si percepice nettamente quello che la scuola di Palo Alto chiamava “double bind” doppio mesaggio.
Si afferma nei contenuti manifesti un qualcosa mentre, latentemente, si suggerisce il suo esatto contrario.
copyright domenico fargnoli
motobirillo67
Inviato il: 22 Mar 2010, 01:24 PM
Mi riferisco alla questione della curabilità della malattia mentale e non essendo un esperto posso solo aggiungere qualche considerazione.
In alcuni casi è anche difficile riconoscere nei propri comportamenti una malattia mentale ed in questo il passaggio all’atto diventa rivelatorio. Solo da quel momento poi può partire un percorso di analisi per cercare l’elemento incoscio che ha generato l’atto che altrimenti rischia di rimanere una traccia che come tale può venire ricoperta da strati successivi di esperienze che la cancellano.
Alogon
Inviato il: 22 Mar 2010, 06:03 PM
caro Birillo mi hai anticipato: il mio nuovo intervento voleva essere proprio sulla memoria implicita od operazionale che si rivela, secondo alcuni, solo attraverso l’azione, e che potrebbe essere presente alla nascita. Data la complessità del tema mi sono preso un pò di tempo…
…inoltre sono riuscito, anche se con molto ritardo a ripulire il blog dalla spazzatura lasciata dai cyberstalkers!!!
Questo spazio è per loro da ora in avanti dato che ho acquisito le procedure giuste, “off limits”.
copyright domenico fargnoli
Alogon
Inviato il: 24 Mar 2010, 09:58 AM
Esiste una memoria fetale? Se la risposta è positiva essa non può che avere una caratteristica biologica e non psichica.
Mentre la memoria psichica è la capacità di rievocare situazioni passate (eventi, stati d’animo, pensieri non necessariamente legati a circostanze concrete) la memoria “biologica” non presuppone necessariamente la capacità di categorizzazione temporale.
Il sistema immunitario per es. è caratterizzato da una sofisticata schedatura biologica che conserva le tracce di tutti gli incontri avvenuti con microorganismi potenzialmente patogeni. Gli anticorpi sono il punto di arrivo degli impatti occasionali con i microscopici killers.
Nessuno di noi sarà mai in grado, in base alle informazioni contenute nel proprio corpo di ricostruire il momento esatto in cui ha incrociato il bacillo di Kock o di farsi un’immagine della situazione antecedente a tale incontro.
Anche la memoria implicita od operazionale studiata dal premio Nobel Eric Kandel obbedisce al principio di non poter rievocare stati antecedenti alla modificazione mnesica . Una volta imparato a nuotare non possiamo ripristinare la condizione di quando non sapevamo farlo: se cadiamo in acqua comunque non affogheremo a patto di non inibire volontariamente gli schemi motori acquisiti.
Nell’orgamismo fetale a termine ci sono le tracce di tutti gli eventi biologici intercorsi in utero. Essi non sono ordinati secondo delle sequenze temporali ma sono riassunti nella condizione finale dell’organismo.
La tracce mnesiche biologiche sono modificazioni delle proprietà attuali del nostro corpo attive indipendentemente dalla volontà o consapevolezza.
Che esista una memoria fetale, un sistema di registrazione degli eventi, è provato in modo incontrovertibile da una serie di lavori scientifici che dimostrano come l’esposizione sistematica del feto ad uno stress continuativo, cioè ad un eccesso di stimoli per es. nocicettivi, determina una alterazione grossolana del normale svuluppo neurologico.
Alla nascita inizia il conteggio del nostro cronometro interiore: viene creata la memoria della situazione precedente?
“Creazione della memoria” non può essere altro che sinonimo di creazione dell’immagine, risultante dalla fusione fra la traccia mnesica e la fantasia di sparizione. Immagine quindi come inizio di una memoria psichica il cui contenuto è lo stato e l’attività globale ed attuale dell’organismo. Quest’ultimo è un’insieme di tracce mnesiche quali risultano dall’esito finale del processo embrionale e fetale di sviluppo. Si tratta di “memorie” presenti nella forma e nelle funzioni vitali di cui è capace il neonato. Siamo noi osservatori esterni a conferire a tale forma un significato di memoria perchè sappiamo che essa è il risutato ultimo di una serie di modificazioni che si svolgono secondo una successione precisa e progressiva.
Nell’immagine della nascita vengono riattualizzati gli stimoli sensoriali per esempio tattili della situazione intrauterina come è stato affermato in mille occasioni?
Ciò è difficile da pensare. La stimolazione sensoriale insorge come registrazione di differenze di potenziali energetici, che si manifestano secondo sequenze temporali.
Se io tocco il braccio ad una persona trasmetto “un quantum” di energia cinetica: quest’ultima percepisce il prima, il durante ed il dopo il contatto.
In assenza di tale categorizzazione temporale la sensazione tattile è un puro processo fisiologico a cui non può corrispondere nessun contenuto: la traccia mnesica, come afferma Gerard Edelmann (“Sulla materia della mente”) non può formarsi se non si tiene conto della successione temporale degli eventi.
Inoltre come afferma Gazzaniga nel suo ultimo libro “Human” il tatto ha una connotazione spaziale ma una singola sensazione non è sufficiente per identificare un oggetto: questo deve essere toccato in più di un punto cosa che comporta l’aggiunta di una dimensione temporale.
“Sentire” il liquido amniotico è reso ancor più difficile dal carattere omeostatico della relazione che il feto stabilisce con esso.
La sensibilità tattile orientata solo verso il liquido amniotico e non verso per es il contatto con le pareti uterine, non registrerebbe significative differenze di potenziale energetico data la temperatura costante.
Inoltre perché verrebbe riattualizzata alla nascita solo la sensorialità tattile e non le altre forme di sensorialità la presenza delle quali è testimoniata da una quantità innumerevole di dati scientifici?
A ciò bisogna aggiungere il fatto che negli ultimi tre mesi di gravidanza le connessioni cerebrali sono attive solo nel senso del trofismo e dell’accrescimento e che in tali circostanze non è possibile alcuna categorizzazione sensoriale nè tantomeno percettiva anche se le aree corticali sensitive sono stimolate come dimostra la presenza di potenziali evocati auditivi o visivi registrabili in utero attraverso la magnetoelettroencefalografia. Si tratta di risposte localizzate e non globali, come quelle che caratterizzano la memoria “psichica” non compatibili con nessuna funzione di riconoscimento dell’oggetto nonostante tentativi di numerosissimi autori di sostenere che il feto ha un’attività mentale di discriminazione.
copyright domenico fargnoli
fiore
Inviato il: 25 Mar 2010, 02:50 PM
Come può trovare spiegazione ,alla luce della ricerca combinata psichiatria e neuroscienze,il fatto che alcuni si ammalano a livello psichico più o meno gravemente ed altri sviluppano una malattia,diciamo, biologica (pensiamo ai tumori,ad esempio).E su quale piano stanno i problemi di conversione? Nell’ultimo numero di left,Fagioli parlando di “proiezione” afferma che questa parola parla del canale alimentare che ingerisce e vomita…espelle da sè il non digerito.Rappresentazione biologica di problemi psichici..perchè alcuni li rappresentano…e altri pur malati psichicamente riescono a vivere apparentemente bene (magari fanno ammalare gli altri),mentre chi ,per esempio,ha sitomi di conversione ,spesso può avere una vita mutilata?
fiore
Inviato il: 25 Mar 2010, 04:13 PM
Augurandomi di non dire “nonsense”: il pensiero si ammala dove ,in un certo qual modo,anche inconsapevolmente,l’uomo riconosce su di sè l’umanità,fatta di irrazionale.sentimenti,emozioni,passioni,arte ecc. mentre il corpo lo fa dove ,per motivi culturali, ideologici,religiosi non riconosce la nascita,ma si considera “animale”?
Alogon
Inviato il: 25 Mar 2010, 05:59 PM
cara fiore le tue sono domande di carattere troppo generale alle quali potrei rispondere solo in modo generico. Per me non esistono malattie ma malati e davanti a me non ho persone con esperienze, pensieri ed affetti ma solo pagine bianche che mano a mano riempio.
Trovo comunque i tuoi interrogativi in parte attinenti alla mia ricerca sulla nascita e la situazione intrauterina in quanto ciò di cui dovremo parlare è proprio la “vitalità” termine assai sfuggente e con una lunga storia che riferisce, genericamente, al legame fra mente e corpo.
Forse avrai risposte indirette dai chiarimenti che ho intenzione di introdurre prossimamente.
copyright domenico fargnoli
Alogon
Inviato il: 27 Mar 2010, 10:32 AM
Effettuiamo un “gedankenexperiment”: costruiamo la scena di un parto.Dobbiamo metterci una partoriente, (se no che parto sarebbe’?) attorniata da altre donne o, più comunemente da personale specializzato , ginecologi, pediatri infermieri ostetriche ecc. Appena uscito dal ventre materno il bambino è assolutamente inerme, incapace di reggersi in piedi, di sostenere la testa molto voluminosa rispetto al corpo, di mettere a fuoco gli oggetti ad una distanza maggiore di trenta centimetri, schoccato dal brusco cambio di temperatura, dalla luce intensa, dai rumori, provato dal duro stress del travaglio. Che cosa può accadere in un frangente del genere?
Se non soccorso il neonato potrebbe essere a rischio di morte.
Si comprende perché allora tutte le persone della scena si affannino immediatamente a prendere il bambino. Il neonatologo controlla che sia morfologicamente sano e che non abbia problemi respiratori, cardiaci o quant’altro. Le infermiere provvedono a proteggerlo dal freddo avvolgendolo in indumenti atti all’uopo.
Cosa ci dice questa scena? Alla nascita il bambino entra in rapporto immediatamente ed inevitabilmente con il mondo umano, molto prima di essere attaccato al seno. E questo rapporto è dominato dalle sensazioni tattili. Il neonato viene preso afferrato, manipolato, rigirato, opportunamente riscaldato. Le sensazioni tattili alla nascita sono diverse da quelle in utero: l’impatto reciproco o lo sfregamento di corpi solidi è localizzato in zone precise e non viene attutito od ovattato dal presenza ammortizzante di un lquido.
In questo senso si può dire che le sensazioni tattili sono una novità assoluta, per qualità ed intensità, per il bambino: attraverso l’integrazione di esse con altre modalità sensoriali come la vista l’udito, la cinestesi, egli realizza l’esistenza di altri esseri umani che gli garantiscono calore, omeostasi ed affetto. A partire dalla percezione e realizzazione di una presenza umana il neonato è capace di immaginare, di intuire e di sperare che esista un seno e qualora esso venga presentato di attaccarsi ad esso.
Mentre la tartaruga di mare una volta rotto il guscio deve affrontare in assoluta solitudine la spiaggia per arrivare all’oceano, il neonato ha l’imprescindibile necessità di entrare in contatto con un ambiente umano che supplisca alla sua immaturità.
L’immaturità umana viene denominata “Ultraneotenia”volendo con ciò alludere alla stranezza dello sviluppo ontogenetico della nostra specie.
L’uomo viene considerato un “mammifer embrionico”: nel primo anno di vita la velocità dello sviluppo paragonata a quella delle altre specie è nettamente superiore mantendendo ritmi di accrescimento simili quelli fetali anche se la nascita dell’uomo è anticipata. Per far nascere esseri umani in grado di parlare e camminare la gravidanza dovrebbe durare non nove ma ventritre mesi.
L’anticipazione della nascita è dovuta alle dimensioni della testa del feto a termine che deve poter passare nel canale del parto e non può quindi accrescersi oltre i paramentri anatomici del bacino della madre. L’”homo sapiens” è un primate che da una parte giunge a piena maturità molto lentamente e dall’altra invece è protagonista di una anticipazione che lo espone molto precocemente al mondo.
Come scrive Marco Mazzeo << Questo doppio movimento temporale , una accelerazione nel ritardo costituisce la matrice genetica di una sovraesposizione sensoriale unica nel suo genere e nella quale il tatto gioca un ruolo centrale (…)>>
Per il momento interrompo qui questo semplice “Gedankenexperiment” senza prendere in esame le implicazioni molto importanti dei risultati che esso ci ha suggerito.
copyright domenico fargnoli
Alogon
Inviato il: 29 Mar 2010, 03:39 PM
<<Ognuno dei cambiamenti imposti ad un organismo nel corso della vita è stato accolto dalle pulsioni organiche conservatrici e preservato per essere successivamente ripetuto; queste pulsioni suscitano così necessariamente la falsa impressione di essere forze inclini al mutamento ed al progresso mentre cercano semplicemente di raggiungere una meta antica seguendo vie ora vecchie ora nuove.>> (Freud S. Al di là del principio del piacere 1920)
La meta di tutto ciò che è vivo è la morte pochè nella realtà biologica sarebbe attiva una tendenza a tornare ad uno stato indifferenziato. La pulsione viene definita come una spinta insita nell’organismo a ripristinare la condizione precedente .Parallelamente la vita psichica sarebbe dominata dal principio del piacere, teso ad eliminare la tensione provocata dagli stimoli perturbatori.
Nelle parole di Freud riecheggiano le concezioni di George Ernst Stahl un illustre medico del 600. Per quest’ultimo, (l’inventore del “flogisto”) la natura è nemica della vita. I corpi in cui essa si sostanzia sono inclini a fermentazione e corruzione. Anche il corpo umano sarebbe destinato ad una pronta putrefazione. Ciò nonostante, la vita permea la natura ritardando ogni processo degenerativo. Essa va dunque considerata un “paradosso”, un’apparente rovesciamento dell’ordine naturale delle cose, il quale, se fosse lasciato a se stesso , condannerebbe gli elementi ad un incessante disaggregazione.
Freud rifacendosi al vitalismo di Stahl, cerca nella biologia la conferma del carattere regressivo della vita psichica come tendenza a ripristinare lo stato precedente.
Molti autori hanno cercato di avvicinare la pulsione di morte al secondo principio della termodinamica secondo il quale tutta la realtà nella quale noi viviamo tende verso il caos, il disordine e la disaggregazione.
Nel 1865 Clausius dà una definizione cosmologica dei due principi della temodinamica:
1-l’energia del mondo è costante
2-l’entropia del mondo tende verso un massimo.
Detto in altri termini tutta la realtà secondo questi due principi tenderebbe al caos assoluto che coincide con la massima quiete.
Nella seconda metà del nocecento lo scienziato Ilya Prigogine, premio Nobel per la chimica, ha dimostrato che la dissipazione dell’energia può dare origine a nuovi stati della materia: “le strutture dissipative”. Nello studio della biologia per es. noi ci imbattiamo in una tendenza all’organizzazione che caraterizza sistemi in equilibrio instabile che tendono verso la complessità . L’interazione coerente dei costituenti, la periodica fluttuazione in fasi cruciali del loro divenire fa scaturire proprietà nuove ottenute a scapito di un grande dispendio energetico. Non mi inoltro nell’analisi di Prygogine contenuta per es nel suo libro “La nuova alleanza. Metamorfosi della scienza”. Dico solo che lo scienziato russo propone una concezione in netto contrasto con quella freudiana dell’istinto di morte: egli rielabora tutte le precedenti teorie vitalistiche, compresa quella bergsoniana, per approdare ad un’inedita lettura dei fenomeni biologici e sociali. Per es anche lo sviluppo dell’embrione, il suo processo di differenziazione può essere compreso facendo riferimento al concetto di struttura dissipativa. Alla nascita quest’ultima andrebbe incontro ad una drastica rottura dell’equilibrio, ad una instabilità cruciale che consentirebbe l’emergere di proprietà nuove come quelle che caratterizzano la vita psichica. Sarebbe vano però cercare in Prygogine una definizione od una ricerca sulla specificità dell’umano: egli affronta la complessità dei moti convettivi o dei termitai come se fossero la stessa cosa delle grandi aggregazioni sociali metropolitane.
Ciò che a noi interessa è sottolineare che la teoria della nascita può essere vista come un rifiuto radicale dell’idea che I procesi mentali siano dominati dalla tendenza regressiva, dalla reversibilità temporale della coazione a ripetere. Essa è una critica al freudismo ed implicitamente anche ai suoi presupposti biologici fatta utilizzando in parte la medesima terminolgia.
La fantasia di sparizione alla nascita che emerge dalla realtà biologica non è l’istinto di morte freudiano in quanto non si traduce in un “ritorno allo stato precedente” ma dà luogo a capacità nuove di rapporto con il mondo. Il feto “decide di nascere” per andarsi a cercare gli stimoli del mondo esterno indispensabili per un’ulteriore crescita e maturazione. Forse, in base a tali considerazioni, potremo allontanaci dall’idea di nascita come trauma od evento catastrofico che pure fa parte della tradizione psicoanalitica: lo stress cui il bambino è sottoposto per venire alla luce attiva una trasformazione e non una regressione.
E’ un punto quest’ultimo che va tenuto fermo.
copyright domenico fargnoli
Alogon
Inviato il: 30 Mar 2010, 09:37 AM
Al solito faccio un passo indietro.
Trovo affascinante l’idea che nel sogno sia contenuta la matrice di un linguaggio universale.
Recentemente però ho riletto un famoso libro di Eric R Dodds “ I Greci e l’irrazionale”
Scriveva l’autore :
<< Ricerche recenti sui sogni dei primitivi del nostro tempo lasciano intravedere che accanto ai consueti sogni angosciosi e di adempimento dei desideri comuni a tutti gli uomini vi sono altri sogni modellati, perlomeno quanto al contenuto manifesto su schemi di civiltà locale>>
Presso molte società primitive si trovano tipi di struttura onirica che dipendono da schemi di credenze trasmessi per il tramite della società i quali non ricorrono più quando dette credenze scompaiono.
Mi pongo solo alcune domande.
Se, per un esperimento mentale un greco moderno incontrasse un oniromante (un greco antico) e gli raccontasse un sogno in cui compare un aereoplano il secondo sarebbe in grado di interpretarlo?
La seconda domanda molto più difficile potrebbe essere formulata così: la “grammatica universale” che Chomsky riteneva una dotazione innata di tutti gli esseri umani deriva dal linguaggio onirico?
Detto in modo più semplice ci si può chiedere in cosa consista l’universalità: in qualcosa di innato?
Altrimenti in che cosa?
Al di là del fatto che si sappia o meno rispondere a queste domande è importante che noi entriamo nell’atteggiamento mentale di formularle senza arrestarci di fronte alla seduttività di alcune affermazioni.
Quand’anche dicessimo che l’universalità del linguaggio onirico, invece di essere innata, deriva dall’universalità della nascita umana non avremmo chiarito il problema ma solo formulato in altro modo. Dato che un mongolo racconta i suoi sogni in mongolo ed un italiano in italiano cosa hanno in comune i sogni dei due? E’ verosimile che elementi comuni ci siano anche se Dodds afferma che non esiste un simbolismo universale : rimane di sapere come analizzarli dato che nessuno può mettere un sogno sotto un microscopio.
Bisognerebbe cogliere ciò che c’è di invariante nella variabilità dei racconti dei sogni: più che i sogni in se stessi indagheremmo però sul linguaggio che li riferisce. Quindi la questione sarebbe capire se ci siano tratti comuni in tutti i linguaggi umani ( la grammatica universale di Chomsky) e nel caso ci siano come essi siano riconducibili all’esperienza onirica ed al linguaggio preverbale
E’ significativo che un grandissimo linguista come Jacobson collaborasse con neurologi e psichiatri per conoscere a fondo le caratteristiche del cervello umano. Pare sia dovuta a lui la distinzione fra le funzioni dell’emisfero destro e sinistro.
La neurofisiologia del cervello e del sogno come quella delineata da Tononi, pur con tutti i suoi limiti, può fornire conoscenze fondamentali, che integrate con la fenomenollogia psichiatrica, possono essere una chiave di accesso per penetrare nell’enigma della universalità del linguaggio onirico.
E’ indiscutibile che i sogni derivino dalle tracce mnesiche di esperienze sensoriali: il carattere invariante dei sogni potrebbe essere messo allora in relazione alle caratteristiche universali della percezione umana da cui essi traggono origine.
Il termine “percezione” va strappato però alla sua ambiguità semantica.
La percezione è un’atto psichico che presuppone un’immagine di sè unitaria all’interno della quale tutte le componenti sensoriali trovano un’integrazione.
La percezione umana ha dei tratti che la distinguono da quella di tutti gli altri animali per la sua flessibilità e mutevolezza. In essa caratteristiche innate ed acquisite sono in rapporto dialettico intrecciandosi in una incessante trasformazione.
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Alogon
Inviato il: 3 Apr 2010, 10:25 AM
Phyllis Greenacre, psicoanalista americana nel 1945 scrisse un articolo dal titolo “L’economia biologica della nascita”. Il saggio è interessante per la rassegna storica che contiene delle concezioni della vita fetale. Preyer W già nel 1885 nota che nella situazione intrauterina i movimenti, sia attivi che passivi precedono la sensibilità, come funzione del tessuto nervoso diferenziato.
Scriveva Preyer << Sono d’accordo con Griesinger e C Wernike [ eminenti personaggi ottocenteschi della psichiatria e neurologia] quando quest’ultimo spiega che i primi movimenti del nostro corpo, i mutamenti di tensione della muscolatura , creano delle sensazioni, delle tracce mnemoniche che restano nella corteccai cerebrale . Tali tracce di sensazioni motorie o idee di movimento persistono a fianco di immagini mnemoniche di sensazioni>>
In nota Greenavre specifica che Preyer intende per “idea” un imprinting organico che in seguito può diventare il precursore di una rappresentazione ideativa.
Niente di nuovo quindi sotto il sole se già nell’ottocento ci si poneva il problema della memoria fetale e in un certo senso venivano anticipati i concetti di memoria implicita, cioè legata a risposte motorie del premio nobel Eric Kandel.
Greenacre constata che tutti gli autori che lei cita tendano praticamente ad ignorare che la nascita produce un grande cambiamento nel senso di dare impulso ad uno sviluppo sensoriale. Tuttavia uno studioso come Langworty nel 1933 aveva fatto un’osservazione importante: l’aumento di deposito di mielina nelle fibre nervose sarebbe potuto essere una conseguenza dell’aumento di stimolazione degli organi sensoriali. Prima della mielinizzazione sarebbe stata verisimile la presenza di un’attività cerebrale organizzata del feto e di conseguenza tracce di esperienza fetale depositate non solo a livello talamico ma corticale. Parallelamnte ad una attività corticale potrebbe esserci una rudimentale coscienza prenatale?
Anche se quest’ultima fosse presente andrebbe persa durante il travaglio poiché la nascita potrebbe essere un’esperienza autonarcotizzante o anestetizzante per la compressione fortissima esercitata sulla testa.
“Ci si trova comunque di fronte al problema se durante la nascita l’imponente stimolazione sensoriale sul bambino sia tale da lasciare qualche traccia centrale sia a livello corticale che talamico o spinale>> (Greeenacre)
Studi recenti condotti con raffinate tecniche sperimentali confermano la presenza nei tessuti nervosi fetali di sostanze con effetto narcotizzante ed anestetizzante che però chiaramente rendono impossibile l’ipotesi di una coscienza fetale.
A parte qualche aspetto secondario le osservazioni biologiche dell’autrice americana sono incredibilmente moderne: esse vanno completamente perdute quando si cerca di conciliarle con l’ipotesi freudiana del narcissimo neonatale cioè di un isolamento totale del bambino rispetto al mondo esterno.
Il riferimento a Freud scinde la mente dal corpo: ciò è evidente non solo rispetto alla nascita ma anche come neurofisiologi attuali Hobson e mc Carley) hanno dimostrato rispetto alla teoria del sogno.
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Alogon
Inviato il: 4 Apr 2010, 10:18 AM
Michael Balint nel suo libro del 1968 “ The basic fault” si rifà al saggio di Greenacre del 1945 e critica il tentativo di retrodatare il concetto di narcisismo dal neonato al feto.
Secondo Balint quella del narcisismo primario è una concezione intrinsecamente contraddittoria che non attiene peraltro ai dati clinici.
Secondo lui bisogna quindi sostituire la teoria del narcissimo primario con quella di un rapporto primario con l’ambiente.
Per descrivere il rapporto del feto con la situazione intrauterina lo psicoanalista di origine ungherese afferma
<<(…) formuliamo l’ipotesi [scrive] che l’investimento dell’ambiente da parte del feto debba essere molto intenso, molto più intenso di quello del neonato o di un adulto>>
L’ambiente intrauterino però sarebbe indifferenziato, senza confini definiti che delimitino un oggetto. Quindi la carica sessuale verso che cosa si dirige?
Utilizzando il termine investimento o carica libidica originaria si continua a far riferimento alla metapsicologia freudiana secondo la quale la libido è l’energia della pulsione o dell’ istinto sessuale che dir si voglia.
Volendo eliminare delle contraddizioni si rimane comunque all’interno di una terminologia che è frutto di quelle contraddizioni e le riproduce.
Che senso ha utlizzare un termine così ambiguo o fumoso come quello di libido o parlare di un “istinto sessuale” del feto?
Negli stessi anni intorno al 1968, una psicoanalista di nome E.Bick che si è occupata di autismo infantile,scrisse un saggio (Bick, E. (1968). The Experience of the Skin in Early Object-Relations. Int. J. Psycho-Anal., 49:484-486) sul significato della pelle come zona erogena , superficie di contenimento e di delimitazione corporea. La pelle è il confine fra noi ed il resto del mondo.
Se pensassimo quindi ad un rapporto del feto con il liquido amniotico potremmo arrivare ad un ’”investimento libidico” di un oggetto distinto da sé dalla superficie cutanea e non semplicemente alla relazione con un ambiente indifferenziato.
Potremmo utilizzare allora l’idea di un “Se intrauterino” e delineare la possibilità di un vero e proprio rapporto oggettuale caratterizzato dalla recettività cutanea.
E’ chiaro che il feto ha un rapporto intensissimo con l’ambiente intrauterino di cui egli fa parte integrante però il dare preminente importanza al contatto cutaneo potrebbe derivare da considerazioni di ordine metapsicologico e non dalla osservazione sperimentale delle caratteristiche della sensibilità fetale da noi già descritte. La carica libidica può dirigersi verso un oggetto solo se esiste un soggetto ben definito da cui parta l’investimento: nella situazione intrauterina l’unica possibilità di separazione fra il feto e l’ambiente è determinata dalla pelle.
La necessità di distinguere un soggetto da un oggetto per giustificare la presenza di una carica libidica diretta verso quest’ultimo porta a teorizzare la” percezione” tattile del liquido amniotico.
Naturalmente rimarrebbe da chiarire come solo un ‘insieme di sensazioni tattili quando la corteccia è in uno stato di inibizione funzionale posso essere sufficienti per una attività discriminativa e per lo stabilirsi di tracce mnesiche specifiche che presuppongono non solo la categorizzazione temporale ma anche un’attività globale del cervello e non la semplice stimolazione di aree sensoriali localizzate.
In conclusione e molto sinteticamente: bisogna abbandonare ogni riferimento al vitalismo biologico freudiano dominato come abbiamo già visto dall’idea di regressione e di coazione a ripetere, e, parallelamente di “Libido” intesa come energia della pulsione o istinto sessuale.
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Alogon
Inviato il: 6 Apr 2010, 10:54 AM
Nell’” Introduzione al narcisismo” Freud affermava che << (…) la teoria della libido non poggia che in misura minima su basi psicologiche ed ha nvece nella biologia il suo supporto essenziale>>
Egli riteneva che in tutti i processi biologici fossero presenti pulsioni di vita e di morte cosicchè tutta la materia vivente sarebbe stata percorsa da finalismi che si riassumevano nel celebre motto : “ il fine della vita è la morte “ che possiamo far risalire come abbiamo visto a Stahl lo scopritore del “flogisto”.
Freud all’inizio ha cercato, com’è risaputo, di costruire una psicologia scientifica ma poi se n’è distaccato per creare una metapsicologia cioè una concezione della mente del tutto avulsa dai suoi presupposti neurofisiologici.
Come dire che è caduto in una concezione dualistica nella quale mente e corpo, come si vede bene a proposito del “narcisismo” neonatale o fetale , si contrappongono l’uno all’altro.
Molti scienziati ed eminenti filosofi della mente ritengono oggi che bisogna lavorare per evitare questa frattura che era stata sancita agli inizi del secolo scorso dal famoso psichiatra e filosofo Karl Jaspers.
Egli aveva introdotto la celebre distinzione fra la “spiegazione” che attiene ai fenomeni ed alle scienze naturali e “comprensione” che sarebbe il metodo attraverso cui lo psichiatra penetra, tramite l’immedesimazione, nei processi psicopatologici.
Bisogna ricordare che proprio Jaspers fece una diagnosi di schizofrenia a Van Gogh considerando la sua ultima produzione artistica come effetto di un progressivo processo di deterioramento.
Non è un errore da poco considerando che esso è il risultato di una enorme sforzo intellettuale.
La questione posta da Jaspers oggi ritorna quando ci si interroga se la conoscenza dei processi cerebrali ci può dire qualcosa sui processi mentali.
Alcuni ritengono di no. Nagel per es dice che noi sappiamo tutto sul sonar dei pipistrelli. Però alle domanda che effetto fa essere un pipistrello nessuno saprebbe rispondere o potrebbe rispondere in modi molto diversi. Forse i sordi che si orientano in base alla stereofonia potrebbero avvicinarsi a ciò che prova un pipistrello ammesso e non concesso che un uomo ed un animale possano essere messi a confronto. La non traducibilità del linguaggio neurofisiologico e psicologico spiegherebbe, o meglio ci aiuterebbe a comprendere perché gli stessi dati scientifici sono oggi alla base di ricostruzioni quanto mai divergenti del vissuto della nascita umana.
Ho letto un articolo di un neonatologo che utilizzava la letteratura esistente per dimostrare che il feto prova dolore, impara le canzoni ed ha emozioni.
Devo dire che mi sono un po’ insospettito quando ho visto che l’intervento del collega terminava con una citazione del catechismo e del Vangelo.
Se analizziamo bene il procedimento mentale seguito da questo neonatologo vediamo che egli ha selezionato i dati della letteratura, che io conosco bene, per confermare un’idea che aveva già in testa. Egli non fa nessuna ricerca e non segue nessun metodo poiché il suo scopo è solo quello di avallare pregiudizi.
Su un punto certo neurofisologia psicologia e psichiatria si incontrano: senza processi cerebrali non sono possibili processi mentali a meno che uno non creda alle anime dei morti. O “de li mortacci “ come dicono a Roma.
Quindi l’idea della non traducibilità del linguaggio delle neuroscienze con quello della psichiatria almeno su un aspetto non trova conferma e non può essere perciò una norma di carattere generale. In questo caso l’eccezione disconferma la regola.
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Alogon
Inviato il: 7 Apr 2010, 09:39 AM
Rifacendomi all’intervento precedente : cosa si prova ad essere un neonato?
Per Freud ed il neonatologo cattolico niente: il feto passa nel canale del parto e non succede nulla come quando una moglie frigida fa l’amore con il marito.
Secondo la prima (!) teoria della nascita invece il bambino viene alla luce ed annullando la realtà materiale inanimata crea l’immagine del mare.
Quest’ultima sarebbe un ponte, un trade union fra la situazione attuale e quella precedente fetale. Sarebbe la fantasia ricordo o memoria come si dice oggi a costituitre l’unità dell’Io. E’ una concezione che, mutatis mutandis, ricorda quella di Locke secondo cui il Self o Io che dir si voglia è la continuità dei ricordi e nel caso nostro delle memoria o delle tracce mnesiche.
L’immagine del mare potrebbe essere considerata l’espressione di una folk psychology. La folk psychology o psicologia del senso comune interpreta i dati del senso interno alla luce di una concezione dell’uomo che è frutto di un particolare schema /tradizione storico-culturale. Liberandoci di quella che potrebbe un’immagine per certi aspetti fuorviante si potrebbe giungere alla seconda concezione (1999): il bambino alla nascita crea la linea in concomitanza dell’insorgere della pulsione, della fantasia di sparizione.
La linea come il punto, non ha figura: evitiamo di credere che il neonato faccia l’immagine di un quadro. Considerando che il senso od il significato della linea è la separazione possiamo ipotizzare che alla nascita ci sia una rappresentazione ( ma non una raffigurazione) di Sè come un’entità separata. La separazione non è un passivo essere espulso ma l’atto –fantasia di sparizione tramite il quale ci si separa dall’ambiente e si crea un mondo interno. Gli animali nascono ma non si separano dall’ambiente, anzi entrano in una immediata simbiosi con esso….
Veniamo ora alla terza concezione la capacità di immaginare (2006). La capacità di immaginare non è altro in fondo che una capacità di pensare.
Il vissuto della nascita potrebbe essere espresso così:
Esisto (come entità corporea separata) e quindi penso. Ovviamente immagine pensiero inconsapevole
Si tratterebbe di un rovesciamento della celebre Cogito cartesiano: penso quindi sono.
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Alogon
Inviato il: 8 Apr 2010, 10:00 AM
La teoria della nascita ha dimostrato di essere perfettibile e di poter evolvere nell’unica direzione possibile quella della precisazione del significato della “vitalità” cioè del legame dello psichico con la realtà biologica. Tale evoluzione è avvenuta nel contesto di una ricerca collettiva: la moltitudine può essere intelligente ed il “vulgus” non necessariamente è “pecus”. Il sottoscritto in fondo non è altro che uno dei tanti appartenenti alla folta schiera dell’Analisi collettiva.
La mia attenzione si è sempre concentrata sulla ricerca clinica.
Dopo anni, per non dire decenni sono riuscito ad interpretare il sogno fatto dalla mia paziente ne “Gli angeli ribelli”: La donna abortiva al 6° o 7° mese. Avvolgeva il feto in un sacchetto di plastica nero e lo gettava in un cassonetto.
La terapia si interrompeva su questo sogno e su di un sostanziale miglioramento ma non di una guarigione.
A suo tempo interpretai il sogno come un attacco alla vitalità ed alla “percezione “ tattile che identificavo con la situazione intrauterina. Il sacchetto nero sarebbe stato l’annullamento della superficie cutanea di contatto.
Nello stesso anno dell’uscita de “Gli angeli ribelli” nel 1995 fu pubblicato un articolo, su “Il sogno della farfalle” sugli stati comportamentali del feto e sulla nascita.
Nel saggio si toccavano vari punti:
si poteva datare, ci si chiedeva, l’inizio della “carica libidica originaria”?
Nell’articolo si accennava all’esistenza alla 28° settimana del riflesso pupillare alla luce che ovviamente presupponeva la formazione della retina.
Inoltre ci si interrogava sugli stati comportamentali del feto che venivano messi in relazione con lo sviluppo cerebrale e ci domandava come essi potessero influire sull’eventuale formazione delle tracce mnesiche.
Inoltre last but non least si accennava al fatto che alcuni bambini nascevano dormendo: ciò significava che il passaggio nel canale del parto non veniva avvertito a livello corticale.
L’approfondimento di tutti questi temi ha portato agli sviluppi teorici attuali ed alle conoscenze relative alla neurofisiologia degli stati fetali quali sono stati esposti negli interventi miei in questo forum.
Per me è stata una lunga elaborazione del controtransfert nei confronti della realtà e del sogno di quella paziente: forse le immagini oniriche al di là della negazione e della pazzia di gettare il feto nel cassonetto suggerivano che era necessario andare a fondo nella teoria.
Il sacchetto di plastica nero poteva essere un qualcosa, la vitalità nel suo legame con la sensibilità che la teoria stessa ancora non ci permetteva di definire esattamente . Oggi siamo in grado di vedere quanto prima non vedevamo e la donna, di cui parlavo nel libro, è riuscita a fare una separazione psichica dal sottoscritto senza annullamento realizzando una sua autonoma dimensione affettiva.
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Alogon
Inviato il: 10 Apr 2010, 10:03 AM
La medicina ha dato un grande contributo all’evoluzione del pensiero umano. Con Ippocrate nell’antica Grecia ha precorso l’instaurarsi di un metodo di indagine razionale che fu personificato da Edipo. Edipo era contemporaneamente il medico che cerca le cause della malattia (la peste a Tebe) e la causa della malattia medesima per la colpa dell’incesto.
La razionalità greca raggiunse i massimi livelli con Socrate, Platone ed Aristotele.
Alla fine del 600 i medici a partire da Stahl reagirono al meccanicismo cartesiano che considerava il corpo un puro meccanismo ad orologeria: essi cercarono di individuare la forza vitale (lebenkraft) operante nella materia vivente.
Attraverso lo studio dell’irritabilità, della sensibilità e del movimento degli organismi viventi essi per la prima volta in 18 secoli alla fine del 700 riuscirono ad individuare le malattie mentali, o “vitali “che non dipendevano né da fattori organici né religiosi e che si caratterizzavano per essere puramente funzionali.
Nacque così la psichiatria.
Contemporaneamente nel periodo della rivoluzione francese si scoprì che la mente poteva influenzare la sensibilità ed il corpo: iniziò la pratica del mesmerismo, del sonnabulismo artificiale e successivamente nel XIXsec dell’ipnosi. Si raccolsero una quantità enorme di osservazioni relative alla fenomenologia dei processi psichici inconsci.
Dall’ipnosi nacque la psicoanalisi e la psichiatria dinamica moderna.
Queste fondamentali ed autonome acquisizioni del pensiero medico ci fu chi come Jaspers a partire dalla sua Psicopatologia generale cercò di annullarle ripristinando il primato della filosofia.
Jaspers al pari di Freud teorizzò un metodo di indagine che scindeva la mente dal corpo annullando tutte le ricerche che storicamente avevano cercato il legame fra i due.
Oggi nella filosofia della mente prevale lo studio sulla coscienza e si cerca di stabilire quale rapporto intercorra fra stati mentali e stati cerebrali come se l’inconscio non esistesse o potesse essere considerato cartesianamente un puro meccanismo neurofisiologico.
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Alogon
Inviato il: 12 Apr 2010, 10:06 AM
Le varie teorie sulla nascita, che storicamente si sono succedute altro non sono che elaborazioni delle reazioni indotte dalla realtà fisica e psichica del neonato sugli adulti. Il rapporto neonato adulto sussiste fin dall’inizio ed è una fonte di informazioni fondamentale.
La reazione freudiana o cattolica alla nascita secondo la quale essa non è un evento significativo fa leva su di un vissuto soggettivo come anche quella opposta che considera la nascita un evento fondante. Ciò che noi sappiamo oggi sul piano scientifico sul feto e sul neonato conferma o meno però la legittimità e la compatibilità con la medicina delle conoscenze ottenenute attraverso l’insight.
La teoria del narcisismo neonatale non è stata confermata per es neanche a livello della semplice osservazione diretta per non dire della clinica psichiatrica.
Gli schizofrenici sono capaci di transfert e non regrediscono allo stadio narcisistico come pensava Freud
C’è da chiedersi perché concezioni così clamorosamente erronee abbiamo potuto sopravvivere a lungo ed essere difese magari in buona fede.
E’ inevitabile pensare che le ideologia abbia giocato un ruolo fondamentale: basta ricordare che nel medio evo fu elaborata una visione del mondo di un universo a forma di baldacchino quando già i greci avevano concepito molto prima teorie eliocentriche.
Tutto ciò che noi sappiamo di oggettivo e di soggettico può concorrere a farci rispondere alla domanda : “cosa si prova ad essere un neonato?”.
Certo è che le condizioni storico sociali nella seconda metà del 900 hanno cambiato l’approccio alla nascita.
Si è sviluppata l’embriologia ad impronta evoluzionistica che ci ha fatto comprendere il processo di formazione del sistema nervoso e della corteccia: si è aperta così la possibilità di ricostruire lo sviluppo della sensibilità a partire dalla situazione intrauterina.
Attraverso lo studio della sensibilità, della percezione, dell’immagine noi possiamo definire lo specifico della vitalità umana, e cogliere la differenza fra il nostro essere al mondo rispetto alle altre specie viventi.
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Alogon
Inviato il: 13 Apr 2010, 09:13 AM
Ricevo da Lucia Evangelisti e pubblico
<<Da Internet una ricerca psichiatrica ripercorre le tappe con cui la realtà materiale del feto si struttura fino a permettere, alla nascita, il pensiero umano cosciente ed inconscio.
L’esperienza quotidiana che il pensiero e l’affettività sono collegati non trova nella scienza una sufficiente collocazione,proprio perché la complessità umana viene studiata,in partenza, con una scissione fra corpo e mente.
In Internet ognuno può dire i suoi pensieri, le sue conclusioni, e questo, se inizialmente porta un po’ di brain storming,permette attraverso lo stesso mezzo,meno effimero del cartaceo e spesso interattivo,di far conoscere, a più persone, ricerche e risultati, tolti dalla torre d’avorio in cui li confinano le pubblicazioni specialistiche.
Questo quando esiste qualcuno in grado di dar vita ad un forum strutturato , che funziona,che dà importanti indicazioni su una linea di ricerca che interessa il quotidiano di tutti noi, cioè il rapporto interumano. Che, semplificando molto, è comprensibile solo se si capisce almeno la nascita umana.
L’argomento del forum di Senzaragione (www.senzaragione.it) è la Psichiatria, ma trattata in modo nuovissimo. L’assunto iniziale, col quale non si fa fatica a convenire, è che qualunque disturbo psichico è causato da un disturbo del pensiero.
Curare quindi significa, in primis, stanare questo – o questi – pensieri deviati di ciascuno, che spesso sono sepolti sotto un pensiero cosciente inappuntabile. Ecco perchè una delle direzioni in cui nel sito si muove oggi la ricerca dello Psichiatra è di esaminare vari processi con cui, a detta di psicologi e filosofi, il nostro pensiero procede ad ampliare i contenuti acquisiti. Induzione,deduzione,abduzione vengono definite e analizzate per efficacia. Ma insieme, sottostante a queste argomentazioni, c’è la descrizione di come,prima della nascita e alla nascita,si costruisce l’apparato neuronale,preposto a sensazione e percezione.
Ridefinire la percezione, collegarla alle componenti fisiologiche necessarie perché ci sia la sufficiente trasmissione di segnale, permette di ipotizzare o escludere, con una base scientifica comprensibile, raccolta in letteratura, quello che il feto è in grado di recepire nelle varie fasi del suo sviluppo.
Importante la metodica seguita,che sottrae le possibilità del feto dall’agone ideologico –religioso, in cui viene da sempre confinato, di cosa senta, veda,oda via via che si sviluppa nel ventre materno.
Un lavoro, come si può capire,di raccolta di studi fatti sull’argomento,di confronto e creazione di legami fra processi psichici e sviluppo delle varie parti del cervello umano. Senza ricorrere ad accostamenti arbitrari, di cui si abusa nella ricerca, con ratti, gatti, scimmie o quant’altro. Visto che, a saper ben leggere, la letteratura scientifica in campo neonatologico è ricca di sperimentazione su feto e neonato.
Non so come l’autore della ricerca curi le domande o le proposte di coloro che entrano nel forum. A giudicare dal numero elevato di presenze, non accompagnato da altrettanti commenti, viene da ipotizzare che siamo di fronte ad un tipo di elaborazione mai fatta prima,per cui i lettori,mi ispiro alle mie reazioni, seguono con interesse gli sviluppi,pur non essendo per ora in grado di intervenire. Con una ricerca così aperta all’esterno e fatta in tempo reale, giorno per giorno, la possibilità di interagire rimane, anche se non appare immediata. Ci si accorge che la nascita umana è un argomento studiato ma ancora da comprendere, con l’apporto di discipline diverse. Comprensione d’altro canto necessaria per colmare la scissione corpo-mente. Per la sua complessità è giustamente collocata in Internet, un crocevia di diverse angolazioni di pensiero che si intersecano in tempo reale.
Ed è proprio con l’augurio di intersezioni fruttuose che affido questo scritto ad Internet per ….far conoscere Internet .>>
A Lucia Evangelisti dico che non essendo freudiano rifiuto la “free floating discussion” la discussione liberamente fluttuante dei forum che è l’equivalente delle libere associazioni freudiane. Le libere associazioni spesso e volentieri diventano libere dissociazioni e qualunque intervento maldestro potrebbe alterare un filo di pensiero coerente.
E’ altresì vero che interventi apparentemente casuali rivelano un’idea che vale la pena sviluppare ed accogliere.
Segnalo che il sito che ci aveva copiato il nome senzaragione. org-portale antipsichiatrico è deceduto:
sicuramente frutto del gran numero di accessi, nonostante i problemi tecnici che abbiamo avuto per quasi un mese, al nostro link che li ha oscurati sul piano dell’immagine. Ho notato anche che alcuni entrano e cercano di appropriarsi delle mie argomentazioni riportandole su blogs dove impera la dissociazione libera.
Ringrazio queste persone che dimostrano che i neuroni specchio esistono davvero anche nell’uomo e non sono un’invenzione di Rizzolati: è più o meno un riconoscimento fatto da dilettant e pseudofilosofi che in vita loro forse hanno visto un neonato in fotografia, pubblicità indiretta e gratuita.
Faccio un passo indietro.
Scrive Henry Ellenberger ne “ La scoperta dell’inconscio”(1970)
<<Le fonti della teoria della libido sono molteplici(..) I primi modelli di un concetto unificato di pulsione seesuale erano stati tracciati dai filosofi, a cominciare da Platone. Sia Platone che Freud spiegarono la bisessualità originaria degli esseri umani e la sublimazione della pulsione sessuale. Patrice Georgiades rileva che Freud considerò la libido di natura maschile, mentre Platone apprezzava l’amore omosessuale più di quello eterosessuale e considerava la sublimazione di un amore omosessuale come l’origine di tutti i sentimenti più elevati>>
Ma anche <<(…) la psicoanalisi di Freud costituisce una concezione pansessualistica così a maggior ragione si potrebbe dire delle dottrine di Schopenhauer>>
Sia Freud che il filosofo tedesco identificavano la pulsione generale di vita con la pulsione sessuale. Non entro in ulteriori dettagli: dico che forse non ho tutti i torti a considerare con sospetto il termine “libido” e quello derivato di “carica libidica originaria”.
copyright domenico fargnoli
Alogon
Inviato il: 14 Apr 2010, 12:40 PM
La “libido” freudiana è un concetto analogo a quello di “forza vitale” ipotizzato dai medici della fine del 700 come Barthez o Bichat. Si tratta di un principio universale dotato di autoevidenza, un’essenza metafisica che pretende di spiegare tutto fuorchè se stesso.
Prescindendo dalla critica junghiana (nella quale non mi interessa entrare) esiste un’altra definizione di “libido” utilizzabile senza incorrere nell’errore di attribuire a tutta la materia biologica delle proprietà finalistiche e quindi psichiche?
Quando Freud affermava che il fine della vita è la morte si rifaceva a Stahl ma anche a Bartez ed a Bichat, a Brown che considerava la vita come qualcosa di “strappato” alla morte.
La vita come difesa o mera resistenza nei confronti della morte è una concezione pessimistica.
Nel pessimismo biologico dei vitalisti settecenteschi c’è un tentativo di recupero nostalgico del pan-vitalismo rinascimentale espresso da autori quali Paracelso, Giordano Bruno,Stahl. Un ritorno allo stato precedente . In Bichat a stare a quanto afferma nelle “Recherces physiologiques” (I.VI§2) c’è anche un aperto atteggiamento controrivoluzionario per l’orrore suscitato dai fatti del 1793
“Al di là del principio del piacere” (1920) e “Psicologia delle masse ed analisi dell’Io” (1921) di Freud sono state scritti dopo la rivoluzione di ottobre del 1917: essi sono una chiara espressione dell’adesione alle tesi fasciste di Le Bon (Psicologia della folla 1895 ) ed al cesarismo bonapartista di Sergio Sergi (La folla delinquente 1893).
Affermava quest’ultimo: “Senatores probi viri, senatus mala bestia”
Nella folla, nella vita collettiva attivandosi fattori irrazionali si realizza secondo Le Bon e Freud una regressione alla caratteristiche ataviche dell’essere umano: si ritorna allo stato precedente e si potenzia al massimo l’istinto di morte, l’impulso omicida e distruttivo.
La massa dice Freud è tenuta insieme da qualche forza: questa forza è l’Eros Platonico la “libido”
Il capo diventa l’ideale dell’Io, cioè l’espressione della libido narcisistica di ciascuno
copyright domenico fargnoli
a.g.bandini
Inviato il: 14 Apr 2010, 09:34 PM
Recentemente mi sono procurato il libro di Reich “Psicologia di massa del fascismo” e ho cominciato a sfogliarlo. Pur non avendolo ancora studiato a fondo mi pare di capire che Reich intenda ricondurre l’affermazione del fascismo a dinamiche profonde “connaturate” nella “struttura caratteriale media dell’essere umano”. Come a dire che il fascismo è l’espressione politica degli impulsi “bestiali” naturalmente presenti nell’uomo. Altrove, semplificando al massimo, si dice che questi impulsi verrebbero fuori a causa delle repressione autoritaria della società capitalistica. Ora a me questo pare un punto contraddittorio: da una parte Reich dice che questi impulsi di massa sarebbero “naturali”, dall’altra sembra attribuirli a particolari contesti di organizzazione sociale (di gruppo?). Quello che mi interessa capire è se Reich, pur avendo apertamente criticato la svolta freudiana di “Al di là del principio del piacere” e il concetto di istinto di morte, rimanesse in fondo ancorato a una visione dell’inconscio costituzionalmente “perverso”. Più in generale si potrebbe sostenere che gli autori che hanno cercato nel tempo di contrastare il filone “freddo” della psicoanalisi abbiano alla fine fallito per un più o meno malcelato freudismo di fondo?
Alogon
Inviato il: 15 Apr 2010, 08:36 AM
Il tema dell’impossibilità del rapporto fra freudismo e marxismo è stato sviscerato oramai da decenni. Non ci ritorno perchè è facile trovare materiale in proposito.
Su di un punto il riferimento a Reich è attinente a quanto sono venuto dicendo. Reich credeva di aver scoperto l’energia sessuale universale presente nell’universo sotto forma di “orgone”. Aveva costruito cabine telefoniche per catturarla. Presentò tale progetto ad Einstein che ne scrisse con preoccupazione e perplessità a Freud. L’orgone Reichiano, questo è il punto interessante al quale non avevo mai pensato, è solo la deformazione e l’amplificazione megalomanica della “libido” freudiana. Peraltro Reich qualche intuizione l’aveva avuta come quando mise in luce, alla fine degli anni 20, la contraddittorietà del concetto freudiano di istinto di morte ora sadismo primario ora masochismo primario.
Purtroppo non basta avere qualche idea: bisogna essere in grado di sviluppare un discorso coerente. Reich questa resistenza e coerenza non l’aveva e fini in un manicomio criminale dove morì convinto di essere spiato e vittima di qualche complotto. Non so se vale la pena di leggere i suoi libri a meno che non si abbiano interessi storici precisi.
Al solito faccio un passo indietro. Da tempo mi cimento con un arduo libro “Sensazione e percezione, concetto” di Paolo Spinicci.
Scrive l’autore
<<Diciamo di provare una sensazione di fastidio se siamo scomodi e di sensazione parleremmo anche per indicare l’eco emotiva che una scena suscita in noi-la visione del mare per es. Al contrario di fronte al mare nessuno direbbe di averne una sensazione: il mare appunto lo vediamo, ed il vedere non ha per oggetti sensazioni ma cose>>
La percezione riguarda gli oggetti, la sensazione gli stati della soggettività perlomeno rimanendo a livello del linguaggio comune.
“Sensazione” poi è molto vicino a “senso”: il “senso” non ha un carattere descrittivo, non si riferisce ad oggetti specifici come invece fa il significato.
Le questioni terminologiche sono essenziali: prima di usare un termine o sostituirlo con un altro bisogna dichiarare perché si compie questa operazione. Perchè sostituire percezione con sensazione?
A livello del linguaggio comune non si potrebbe dire che si realizza l’esistenza di un oggetto attraverso la sensazione perchè quest’ultima si riferisce prevalentemente a stati soggettivi.
Storicamente “sensazione” è stato usato dai sensisti settecenteschi e da Locke il quale considerava la mente una tabula rasa ed affermava rifacendosi ad un famoso assioma peripatetico “Nihil est in intellectu quod non sit prius in sensu”. “Eccipe-aggiunse Leibniz- intellectus ipse.” Non c’è niente nell’intelletto che non sia derivato dalle sensazioni se non l’intelletto stesso.
“Sensazione” potrebbe essere sinonimo di stimolo fisiologico: però le sensazioni fisiologiche hanno un carattere atomistico. La sensazione pura ed isolata da altre sensazioni e non integrata in un percetto non dà informazioni specifiche su di un oggetto.
copyright domenico fargnoli
Alogon
Inviato il: 19 Apr 2010, 07:28 PM
Segnalo la prossima uscita dell’articolo di Francesco Fargnoli <<Una ricerca sulla sinestesia>> sul “Il sogno della farfalla” e la lezione all’Università di Chieti di Maria Gabriella Gatti il 23 di questo mese. La dott Gatti parlerà sul tema:
L’origine della vitalità e del pensiero: verso una nuova lettura della biologia
copyright domenico fargnoli
Alogon
Inviato il: 25 Apr 2010, 11:22 AM
Nel quadro della rivoluzione scientifica copernicana e galileiana Cartesio compie un passo decisivo verso la laicizzazione del concetto di anima proponendo una concezione dualistica già presente in altra forma in Platone e nella tradizione cristiana , che oppone res cogitans e res extensa, mente e corpo. La res cogitans viene concepita dal filosofo francese come coscienza, intelletto individuale anticipando l’accezione moderna del termine mente.
Nell’ambito della filosofia naturale , ancora non esisteva la parola bioologia coniato nei primi dell’ottocento da Lamark, si determina una reazione alla concezione meccanicistica del corpo di Cartesio a partire da Stahl che rifiuta gli “spiriti animali” cartesiani.
I medici cominciano a cercare, nella materia vivente una forza vitale analoga alla forza di attrazione newtoniana. Alcuni sono più inclini alla speculazione filosofica altri alla sperimentazione fisiologica.
La forza vitale viene indagata a partire dalla sensibilità ed dalla irritabilità dei tessuti. Inoltre si teorizza il principio vitale come reazione prima e difesa poi dalla minaccia di morte. Le concezioni vitalisitche sono improntate ad un pessimismo biologico: è la morte, che non solo determina ma alla fine vince sempre la vita. Si scopre con Mesmer che la forza vitale è suscettibile di essere potenziata dal rapporto umano: si inaugura così la prima fase di quella che lo storico Ellenberger denomina “psichiatria dinamica”.
Con il romanticismo e nel corso della filosofia dell’Ottocento il principio vitale viene fatto derivare da una forza inconscia, puro istinto, pura volontà di vivere ne Il mondo come volontà e rappresentazione di Schopenauer
. La volontà di vivere si trasforma con Nietschze in la volontà di potenza. Quest’ultima è originariamente una forza biologica. Scrive il filosofo:
<< La volontà di potenza può manifestarsi solo quando incontra resistenze: quindi cerca ciò che le resiste- ed è questa la tendenza primordiale del protoplasma, quando proietta pseudopodi e tasta intorno a sè. L’appropriarsi ed incorporare è soprattutto una volontà di impadronirsi, un formare , un imporre delle forme e un trasformare, finchè lo sconfitto cade completamente in potere dell’attaccante e lo accresce>>
L’attività primordiale biologica per Nietzche è determinata dalla tendenza alla disgrezione piuttosto che all’autoconservazione.
Da tutta l’analisi fin qui svolta emerge chiaramente come dietro le varie concezioni filosofiche c’è sempre un particolare modo di leggere I processi biologici.
Il vitalismo, attraverso le trasformazioni che subisce nell’Ottocento si affaccia nell’ ideologia della guerra del primo Novecento, nell’esistenzialismo di Jaspers ed Heidegger e si ritrova nel pessimismo biologico freudiano. La morte, in quanto impulso a tornare allo stato precedente sovrasta le pulsioni di conservazione cioè libidiche presenti universalmente, anche negli organismi monocellulari.
Nel concetto di pulsione libidica risuonano echi della forza vitale emersa nell’ambito della filosofia naturale medica della seconda metà del 700
copyright domenico fargnoli
Alogon
Inviato il: 5 May 2010, 09:51 AM
Riprendo la mia ricerca.
E’ stato stimato che il cervello umano ha circa 100 miliardi di neuroni che moltiplicato per mille contatti possibili di ciascun neurone fa 100.000 milardi di connessioni.
Consideranto che i neurostati o stati cerebrali si modificano in continuazione nell’ordine di diverse volte al secondo i numeri che si raggiungono sono strabilianti.
Dal punto di vita pratico abbiamo a che fare con variabili i cui valori si avvicinano all’infinito.
Detto questo chiediamoci : che cos’è l’irrazionale?
Attualmente non esiste una risposta esaustiva. Sappiamo o meglio ipotizziamo che l’irrazionale emerga alla nascita e si strutturi nel primo anno di vita , che si manifesti nel sogno e nella creatività dei grandi artisti. Se ci si pensa bene non è molto.
Secondo Aristotile e molti razionalisti l’irrazionale è la mancanza di razionalità: L’alogon appunto.
La mancanza di razionalità è stata pensata via via come male , peccato originale, disordine morale, follia, pazzia.
Se torniamo ai numeri sopra riportati vediamo che la razionalità, cioè la capacità dell’uomo di misurare e definire in base a procedure sperimentali un oggetto, è assolutamente impotente di fronte al cervello umano che per dirla con la poetessa Emily Dickinson è più grande del cielo e più profondo del mare.
Le neuroscienze hanno fatto grandi passi avanti e ne faranno ancora: siamo ben lontani però dal poter individuare l’architettura neurofunzionale di un singolo stato mentale in cui intervengono un numero impressionanti di variabili. Infatti ai centomila miliardi di contatti che si possono teoricamente stabilire va aggiunto che le reti neuronali sono insiemi dotati di proprietà uniche che possono interagire con altri insiemi dando vita a fenomeni di una complessità inimmaginabile.
Penso che l’irrazionale, più che una mancanza sia questa sovrabbondante complessità che è come lo sfondo su cui si manifesta la razionalità e la coscienza. Queste ultime sono imbarcazioni ancora incerte e fragili con cui ci accingiamo a solcare come nel film Solaris, l’oceano intelligente della nostra attività mentale.
copyright domenico fargnoli
Alogon
Inviato il: 15 May 2010, 09:51 AM
Quello dei riusltati della psicoterapia è un annoso problema: difficile se non impossibile stabilire dei criteri “oggettivi” statitistici” in quanto sottoposti ad una serie di variabili, dipendententi dalle ipotesi di partenza che orientano già a monte od in un senso o nell’altro la lettura dei dati.
Quindi si dovrebbe supporre che dovremmo , in quest’ambito rimanere nel campo delle valutazioni personali, delle credenze se non delle mere speranze ed illusioni.
Cercherò di proporrre un approccio diverso al problema.
Prendiamo la questiome sogno bello o brutto, sogno di diagnosi,sogno di guarigione, sogno di negazione, di annullamento, sonno senza sogni: chi più ne ha più ne metta.
Se il sogno è linguaggio noi possiamo individuare le caratteristiche del linguaggio stesso e tramite esse risalire al contenuto ed alla forma e valutare le eventuali modificazioni intervenute.
La psicoterapia modifica la realtà psichica umana e tramite di essa il linguaggio ad ogni livello. Onirico , verbale scritto.
Perchè per es. occuparsi così tanto di teoria?
Perché le teorie sono testi scritti suscettibili di analisi logica, di riscontri pressochè infiniti: una incongruenza anche minima può essere segnalata criticata superata.
E’ discutibile se l’analisi linguistica sia una scienza esatta ma sicuramente essa deve obbedire a dei criteri metodologici. Se io inserisco un termine o lo modifico devo chiarire perché lo faccio, e lo stesso vale per la definizione dei concetti.
Non c’è autore , persona o paziente che possa sottrarsi a tale tipo di indagine.
E’ chiaro che i gruppi di terapia sviluppano un loro linguaggio, creano una loro ideale “iconografia” a cui si rapportano, per arricchirla, modificarla ed eventualemnte negarla.
Noi possiamo comprendere il cambiamento e la trasformazione degli indivifui nel gruppo attraverso ciò che in esso viene detto e attraverso come viene detto.
copyright domenico fargnoli
alessandranovelli *omonimia*
Inviato il: 17 May 2010, 02:15 PM
Ciao Domenico,
sembrava decisamente interessante la possibilità che avevi offerto ad ognuno di esprimere la propria esperienza su mutamenti e movimenti nel senso della guarigione nel corso del processo terapeutico. E lo era, secondo me, per la carica trasformativa che potenzialmente questa cosa portava sia sul piano soggettivo che, ovviamente, su quello più vasto della teoria.
Penso che sul piano individuale tradurre in parole un’esperienza del genere metta in atto almeno due, importanti, movimenti interni. Quello della messa in chiaro di contenuti propri e della loro autenticità (e questo vuol dire ricerca) e quello del linguaggio, che non è solo ricerca di corrispondenza fra ciò che si vuol dire e le parole per dirlo ma vera e propria formazione di un pensiero. Questo a me sembra un aspetto davvero rilevante. E mi sembra anche (ma posso dirlo solo intuitivamente) che il rapporto linguaggio/pensiero sia sempre così: dinamico, biunivoco, capillare. Un rapporto creativo, non nel senso del bene o del male, ma in quello dell’apertura costante ad un orizzonte di possibilità. Per cui il solo mettere in immagini e parole un’esperienza, la tensione che c’è in questo, offre nuove possibilità di pensiero, e se confini questo rapporto ad un testo scritto (nell’interazione diretta con un altro è infinitamente più complesso e dinamico e inafferrabile all’istante…) allora hai anche la possibilità di “osservare” gli esiti che questo rapporto, per una specifica volta, ha avuto in te…
Riguardo lo sviluppo della teoria sui risultati in psicoterapia a me sembra un’ottima indicazione quella di individuare nel’analisi delle specificità e delle trasformazioni del linguaggio “proprio” di un gruppo un forte indicatore per la valutazione degli effetti spicoterapeutici. Così come (se è vero che la ricerca sulla cura non può prescindere dalla ricerca su sè stessi e viceversa) è sana la condivisione dell’attenzione alla dimensione linguistica, alla “correttezza” terminologica e concettuale di cui tu parlavi. E rispetto a quella possibilità che avevi dato (e secondo i criteri che avevi indicato) di esprimere la propria esperienza del processo terapeutico, penso sinceramente che sia una cosa importante anche per la teoria. Può darsi che non funzioni ma secondo me vale comunque la pena provare. Perciò ti chiedo: è ancora valido l’invito?
Ti ringrazio
Alessandra
Alogon
Inviato il: 17 May 2010, 07:05 PM
Certamente. Perchè no?
copyright domenico fargnoli
alessandranovelli
Inviato il: 23 May 2010, 01:41 PM
Ciao Domenico,
per cominciare penso che un modo molto semplice, ma non per questo meno significativo, per valutare i risultati del proprio percorso psicoterapeutico è chiedersi se esiste una differenza nel proprio stato tra il momento iniziale e quello attuale. Io ricordo benissimo come stavo prima di cominciare la cura. E mi sento abbastanza in me per sapere come sto adesso. Sono passati poco più di due anni dall’inizio e non ho bisogno di particolari riflessioni per rendermi conto su un piano immediatamente emotivo che tra allora e adesso c’è una differenza sostanziale. Questa non è una consapevolezza che fluttua in base al mio umore e non è nemmeno sui generis, ha invece diversi e solidi puntelli di cui uno per il momento, e mi piace dirlo, è la semplice evidenza. Mi basta confrontare i livelli di angoscia di cui ero capace un tempo, e l’assiduità con cui mi ci calavo dentro, con la capacità reattiva che invece ho adesso – anche di fronte a situazioni fortemente problematiche o aggressive – per cui accade che ho risposte emotive completamente diverse. E non dico che sono tutte rose e fiori ma almeno non finisco più a tappeto come prima. Oppure basta che guardi un paio dei rapporti centrali nella mia vita. Le persone di allora sono le stesse di adesso ma la mia relazione ad esse è assolutamente cambiata: prima mi sentivo costantemente in ostaggio del loro riconoscimento affettivo, adesso posso anche pensare di vivere senza (le persone intendo). Un’altra differenza macroscopica è che non sono più malinconica, e non è una cosa da poco. Prima vivevo costantemente con il sentimento di quel che sarebbe potuto essere e non è stato e non potrà essere mai più (tutta la vita mi sono sentita in un luogo diverso dalla vita). Adesso ho spesso il senso di esserci pienamente esattamente lì dove sono (e a volte anche in momenti del tutto inaspettati come ad esempio nel bel mezzo di una tormenta relazionale), mi sembra che la vita debordi senso in ogni suo anfratto e questo mi appassiona, non ho più il senso del tempo che sta per finire ma invece quello della possibilità: poter esistere, adesso, e nelle forme che verranno (chiaro che non sto dicendo che ogni mattino mi sveglio e faccio questi pensieri, mi riferisco piuttosto a una condizione profonda, a un sentimento delle cose che sta sotto e prima dei pensieri…) Insomma, potrei fare luce ancora su alcuni altri aspetti che testimoniano i risultati della cura ma non lo faccio se no diventa troppo lunga… e vorrei invece parlare di un altro di quei puntelli e andare su un piano diverso, più alla radice, in cui ho avvertito il cambiamento.
Forse ognuno a livello inconscio ha uno o più “leitmotiv” (si possono chiamare “tematiche psichiche”?) intorno a cui si organizza l’intera sua vita psichica, affettiva, comportamentale. Qualcosa come dei contenuti centrali che vengono continuamente rivisitati (inconsciamente) con tempi e modalità diverse, soggetti ad una infinita gamma di variazioni, ma che in sostanza restano sempre gli stessi. Se è così, e per ciò che riguarda me penso sia così, allora è stato proprio uno di questi “contenuti chiave” a divenire oggetto di forte cambiamento. Non entro nel dettaglio di quale sia ma a me è abbastanza chiaro così come riconosco pienamente la potenza che ha avuto nel determinare la mia vita. Ora, non voglio dire che in assoluto non agisca più ma, ciò di cui sto facendo di fatto esperienza, è che non è più l’elemento centrale nel definire la qualità dei miei legami affettivi, anzi, ci sono momenti in cui mi sento oggetto di una sorta rivoluzione copernicana, nel senso che la centralità di quel contenuto (e dei suoi “correlati”) è saltata e se avverto uno spaesamento è perchè un nuovo “centro” è ancora in definizione… è difficile comunicare pienamente lo stravolgimento e l’importanza in termini vitali di un cambiamento così profondo, è difficile farlo verbalmente e in maniera concisa e però un’ultima cosa a riguardo vorrei dirla. Nella mia percezione dall’interno è come se fosse venuto meno un’”assioma”, come se fosse davvero così che funziona, che ci sono realtà interne molto forti che un giorno (anche molto lontano) della propria storia personale prendono piede ma poi, trascorso quel tempo, la radice della loro potenza diventa totalmente ideale (al di là dei “rinforzi” concreti forniti da un certo tipo di relazioni) e risiede nel carattere totalizzante di quell’ idea…. questo intendo quando dico che nel mio specifico percorso psicoterapeutico il risultato è stato sostanziale: non è cosa da poco mandare all’aria questi “dogmi” interni…
E’ impossibile esaurire in un solo intervento la ricchezza di aspetti (per es. i sogni) attraverso cui valutare i risultati della propria esperienza psicoterapeutica, però almeno un’altra riflessione vorrei farla. E’ qualcosa che riguarda la modalità interna del cambiamento. Forse ognuno ha un proprio “modo” (inconscio) di attraversare il processo terapeutico, intendo qualcosa come un’”andatura”, quindi qualcosa che non riguarda tanto la qualità del cambiamento quanto la forma e il ritmo dell’andare (oppure no) verso la guarigione. Non so se questa cosa sia vera per tutti ma per ciò che riguarda me penso di sì. E il saperla mi aiuta perchè mi permette uno sguardo più limpido anche al fine della valutazione dei risultati della psicoterapia. Ciò di cui mi sono accorta è che ho un modo di procedere a “onde” (giusto per dare un’immagine). Questo vuol dire che se guardo l’intero processo c’è un movimento progressivo in avanti (guarigione) ma se vado sui specifici momenti, non solo ci sono gli “alti” e i”bassi” (dell’umore) ma ogni volta che incontro un “ostacolo” (problematica interna) ho un movimento di “riflusso” (peggioramento). E’ sempre così, almeno fin’ora. Essere riuscita a mettere a fuoco questa cosa è stato importante perchè mi ha permesso di non confondermi più, come invece accadeva prima, nei momenti di “bassa”. La confusione consisteva nel fatto che attribuivo al malessere del momento un carattere molto più vasto, greve e grave, sfioravo pericolosamente l’idea di non farcela, di fatto portavo nuovo vigore ai “dogmi nefasti” di cui dicevo prima…
caro Domenico, così ho cercato di fare un po’ di chiarezza su alcuni aspetti della mia esperienza al fine di contribuire alla ricerca di una modalità “oggettiva” per la valutazione dei risultati in psicoterapia… non penso di aver “esaltato” gli aspetti positivi ma, anzi, un’inevitabile perdita di ricchezza di sfumature e significati è già in conto quando si cerca di riportare in poche parole un’esperienza così complessa come quella di una psicoterapia per cui…
Alogon
Inviato il: 27 May 2010, 09:09 AM
E’ chiaro che la capacità di raccontare la propria storia, di esprimere i propri stati affettivi è un parametro importante per il progresso della psicoterapia. La valutazione di quest’ultimo, per quanto oggettivabile nel linguaggio, rimane legato al fattore soggettivo della risposta dello psichiatra.
La ricerca di come sia definibile “la soggettività” dello psichiatra è quanto mai difficile. Nelle cosiddette “scienze umane”, delle quali la psichiatria aspira a far parte, soggetto ed oggetto interagiscono continuamente: una volta si sarebbe detto dialetticamente.
Anche il medico deve poter accedere ad un uso pieno sia dal punto di vista formale che dei contenuti dello strumento linguistico in un confronto e scambio continuo con l’altro.
Quello che nella psicoanalisi veniva denominato controtransfert, che io oggi definirei la reazione “terapeutica” alla malattia, ha come punto di arrivo, attraverso una serie di tappe intermedie, la capacità di elaborare un pensiero proprio coerente ed articolato.
Se questo pensiero esiste deve essere in grado di esprimersi: non credo nell’”ineffabilità” del silenzio come fattore terapeutico. Nè ritengo che sia sufficiente essere una “brava persona” per curare la malattia mentale in assenza di una capacità di definire e di chiarire adeguatamente lil proprio modo di procedere.
Purtroppo è su questo terreno che oggi noi riscontriamo palesi difficoltà.
La psicoterapia non può avvalersi di un corpo dottrinario immobilizzato in formule, da ripetere come litanie inchinandosi di fronte al muro del pianto: lo psichiatra deve comprendere quello che dice ed è responsabile della terminologia che adotta. Le parole possono essere musica ma anche pietre scagliate contro individui indifesi.
Da una parola, da poche parole può dipendere la vita di una persona: non è ammessa la stupidità, l’ignoranza o la trascuratezza, che è sempre colpevole, rispetto al valore della ricerca altrui.
copyright domenico fargnoli
Alogon
Inviato il: 2 Jun 2010, 08:54 AM
Si possono contrapporre i due termini “regressione” e “ricreazione”?
Ricreare significa creare nuovamente:qualcosa che era stato precedentemente creato viene creato nuovamente.
A me viene in mente che alla nascita si possa parlare di “creazione” ma non di “ricreazione”.
Prima della nascita non viene creato alcunchè.
Dal dizionario etimologico si apprende che ricreare vuol dire ristorare, vivificare infondendo quasi una seconda esistenza.
Ricreazione è anche dare conforto alle pene ed alle fatiche sofferte.
Regressione ha invece un significato o di ritorno indietro però nel senso del peggioramento.
Ricreare significherebbe ripristinare ciò che è stato perduto, in termini di vitalità ed energia mentre regredire nel caso della nascita sarebbe “reinfetazione”
Questo è un esempio di come l’uso delle parole, senza adeguata chiarificazione, possa generare problemi.
copyright domenico fargnoli
nyx *omonimia*
Inviato il: 2 Jun 2010, 07:50 PM
Non so bene come iniziare, di certo quest’ultimo intervento mi ha colpita molto, usare un termine o l’altro in una teoria che definisce le linee di una ricerca personale e più ancora le linee di riferimento della cura è di notevole importanza soprattutto se si tratta di termini che possono indirizzare il nostro percorso in direzioni radicalmente opposte. Se penso alla mia storia, al punto in cui mi trovo adesso sapere in che direzione andare è fondamentale. E’ successo infatti che con la psicoterapia la mia vita è completamente cambiata ed è molto difficile provare a dire come, senza fare riferimento ai fatti materiali. Nel mio caso però, io credo che la trasformazione più grande sia proprio legata ai fatti materiali, all’acquisizione di un identità sociale, che se per tante persone è un processo naturale per me di certo non lo è stato. Fatico molto, se non in maniera banalmente narcisistica ad accettarlo ed è motivo di grossa crisi. Per me la tentazione della regressione è forte e pacificante benchè mi rendo conto tremendamente patologica perché so che mi farebbe tornare al punto in cui non avevo niente da perdere. L’idea invece della ricreazione per quanto mi getti nell’angoscia dell’impotenza mi dà una forte spinta in avanti mi fa pensare che le cose nuove possono smettere di essere estranee e spaventose e diventare mie fino in fondo. Di certo so che prima di ricreare devo capire profondamente cosa mi è successo e soprattutto perché la trasformazione una volta avvenuta mi faccia così tanta paura.
fiore
Inviato il: 6 Jun 2010, 10:21 PM
In generale,un’identità sociale nuova è solo frutto di una ricreazione personale o anche di una trasformazione ,una maturazione esterna ,del sociale,che ha un approccio diverso verso ciò che sta dietro una teoria,una cura,per cui viene meno un atteggiamento violento e,talvolta,un vero e proprio annullamento ? Affrontare una cura e tenere fermi i presupposti che stanno alla base di essa è complesso per resistenze interne ed esterne e spesso è necessario stringere i denti..ma in altri momenti c’è la sensazione che il vento sia cambiato.
Alogon
Inviato il: 8 Jun 2010, 11:02 AM
E’ chiaro che fattori individuali e sociali interagiscono in modo imprevedibile nel processo di costruzione dell’identità personale. La nostra attenzione è rivolta però ai fattori individuali: anche in contesti storico-ambientali estremamente difficili (regimi totalitari, oscurantismo culturale) ci sono state persone che sono riuscite a mantenere e sviluppare la propria capacità di pensare e di immaginare: scienziati, artisti ecc..
Per quello che mi riguarda non ho bisogno del consenso esplicito di alcuno per proseguire la mia ricerca anche di fronte a continue manipolazioni, annullamenti e tentativi di ridurmi al silenzio.
Direi che questa risposta esterna inaspettata perchè agita da persone che parlano tutto il giorno di libertà e di creatività non altera il mio assetto interno anche se certo mi costringe ad una continua resistenza.
Però ritengo che non esistano situazioni ideali e che di fronte ad idee originali il conflitto sia inevitabile. E’ importante non credere all’onnipotenza della negazione altrui anche se glii effetti di quest’ultima non vanno mai sottovalutati.
copyright domenico fargnoli
alessandranovelli *omonimia*
Inviato il: 8 Jun 2010, 11:20 PM
E’ così importante e complessa questa questione del linguaggio. In fondo anche nei rapporti “face to face”, dove è stato ampiamente dimostrato che l’effettiva comunicazione si compie su livelli totalmente diversi da quello verbale, le parole possono pesare come macigni. In una relazione, in un gruppo, o anche nel contesto umano allargato e dai contorni meno definiti di una ricerca, certe parole, dette o scritte in certi momenti, possono improvvisamente far deviare, nel senso del peggioramento o della guarigione, il percorso interno di un individuo. O di un intero gruppo. Dico queste cose senza una specifica competenza ma solo sulla base di una elaborazione frutto di osservazione, percezione intuitiva, esperienza personale. Potrei citare una parola e il tempo in cui mi fu detta (non ho buona memoria ma quella volta lì me la ricordo bene) che in me fece una differenza sostanziale. Era una parola di quelle che hanno dentro tutto un mondo (e ce ne sono tante) e non mi era neanche nuova. Ma ascoltata in quel momento, in quello specifico momento del mio tempo interno, risultò del tutto nuova (ricreatrice?). Non voglio fare sviolinate ma credo che un buon terapeuta sappia fare anche questo: entrare in accordo col tempo altrui e offrirgli la chiave di volta al momento giusto. Ora, quello che mi viene in mente, è che la portata vitale o meno di una parola è, sì, una faccenda dinamica che dipende da diverse dimensioni (tempo, relazione, contesto) e però, tra queste, la connessione con un senso condiviso (se non addirittura un significato) ha un posto centrale. Come dire: se in una relazione non mi preoccupo che i concetti che stiamo usando sono perlomeno simili questa cosa, nella relazione, ha un significato preciso. Perciò, secondo il mio sentimento, più del fatto che alla fine ci si intenda o meno conta l’effettiva esistenza di una spinta interna a farlo. E questo secondo me fa una differenza a tutti i livelli di relazione.
Alogon
Inviato il: 11 Jun 2010, 11:00 AM
Sono d’accordo: la parola giusta al momento giusto.
Per es prendiamo il termine vitalità (sottinteso umana). E’ un concetto medico introdotto da Ballantyne nel 1902 e si riferisce alla capacità del feto di sopravvivere autonomamente fuori dall’utero. Niente a che vedere direttamente con la carica libidica originaria. La parola italiana vitalità è la traduzione dall’inglese” viability” di largo impiego oggi nella medicina neonatale. “Vitality” in inglese è sinonimo di “viability”. Vitality in inglese è “the power of giving continuance of life” ciò che garantisce la continuità della vita. Lagercrantz lega lal vitalità allo sviluppo del cervello: il feto anencefalico non sarebbe “viable”.
<<.The premature infant differs from the immature foe tus in the possession of viability, that is to say, he is capable of an independent existence outside the mother’s uterus, an existence, it must be added, which is not limited to a few hours, but is potentially possible for months and years.>(Ballantyne JW. The problem of the premature infant. BMJ 1902; 1: 1196–200.)
La vitalità ha quindi avuto storicamente una precisa definizione.
Qualunque uso attuale del termine deve tenere conto dei significati antecedenti in medicina , se vuole rispettare un minimo criterio di scientificità.
copyright domenico fargnoli
Alogon
Inviato il: 17 Jun 2010, 11:45 AM
Nel 1628 Harvey scoprì la cicrolazione sanguigna che era dovuta come tutti sanno oggi alla contrattilità del miocardio. Cartesio in polemica con harvey sostenne in base a complesse deduzioni filosofiche che la circolazione era dovuta alla fermentazione del sangue nel cuore. Quella di Harvey era una constatazione molto semplice mentre l’ipotesi di Cartesio si inseriva in una complessa filosofia. Harvey aveva ragione Cartesio aveva torto nonostante le sue deduzioni razionali.
Rispetto al problema della nascita noi non posiamo fare a meno della neurofisiologia mentre i discorsi filosofici possono essere del tutto inutili se non fuorvianti. La realtà biologica è quello che è e noi non ce la possiamo inventare. La fantasia, l’immaginazione ci può servire per leggere e comprendere i dati della ricerca ma non può sostituire il metodo scientifico e sperimentale. Per Aristotele l’attività mentale risiedeva nel cuore mentre per Platone la fantasia era localizzata nel fegato. Platone Aristotele Cartesio adeguavano, con atteggiamento onnipotente la realtà alle loro idee e non le loro idee alla realtà.
Dalla storia possiamo imparare per non ripetere gli errori di sempre.
copyright domenico fargnoli
alessandranovelli *omonimia*
La discussione su quale sia il modello conoscitivo (scientifico o filosofico) più adeguato a far luce su certe realtà psichiche (anzi “fisio-psichiche”) mi sembra abbia una importanza enorme sul piano terapeutico. Una persona che stia facendo una ricerca su sè stessa dovrà pur sapere se le idee che usa la portano a una qualche verità su di sè o invece servono a mettere in piedi l’ennesima menzogna.
Penso che ogni persona che fa ricerca, su di sè o per gli altri, ha questo tipo di responsabilità.
La riflessione su quale tra queste due strade sia quella di fatto efficace per questo tipo di conoscenza mi fa venire, così di getto, due tipi di considerazioni. Una d’ordine sentimentale, l’altra di natura logica. La prima riguarda la posizione interna di chi fa ricerca: se l’obbiettivo (sentimentale) è davvero quello di arrivare a una conoscenza ulteriore, a un inclusione di elementi che trascendono e dilatano i confni del proprio orizzonte interno e non a concetti che invece lo riconfermano, narcisisticamente, in forme più sosfisticate ma sostanzialmente uguali, allora – così mi sembra – la capacità vitale del ricercatore è quella di riuscire a fare due passi indietro, invece che uno avanti. E’ una legge fisica: quanto più retrocedi tanto più l’orizzonte si allarga – e le probabilità che entrino in gioco elementi inaspettati, a volte totalmente rivoluzionari, aumentano. Questo mi sembra possa dirsi vero a prescindere se la strada seguita sia quella scientifica o quella filosofica.
La seconda considerazione è invece, in senso più stretto, un interrogativo sulla validità del tipo di prassi seguito in una ricerca. Mi sembra un’evidenza logica che la complessità che sta dietro una ricerca scientifica (quindi la necessità interattiva, la sistematicità del confronto, l’enorme difficoltà di una ricerca di validità su basi condivise ) sia di per sè garanzia di forte tensione e approssimazione al reale (se la cosa non sfocia in ideologia), mentre i pensieri di un uomo, per quanto creativi o articolati in un sistema geniale, sono di un solo uomo. Credo fosse Nietzsche che diceva, nell’ “Utilità e danno della storia per la vita”, che ogni uomo è costretto all’interno del suo orizzonte, e per quanto si dia da fare per spingerne i confini più in qui o più in là alla fine, quello che ne risulta, è solo il “suo “ orizzonte. E sicuramente Nietzsche era uno di larghe vedute.
Alogon
Inviato il: 22 Jun 2010, 07:55 AM
Penso che il genio debba fare il suo lavoro di genio. Se un contenuto è valido lo è a prescindere se sia un prodotto collettivo od individuale. Se un antibiotico funziona il fatto di chi o di come lo abbia scoperto è assolutamente secondario. Direi che bisogna tenere a mente questo principio per evitare che il possesso di una qualsivoglia conoscenza diventi un sistema di potere. Il “sapere” si trasformerebbe da “mezzo” a fine.
Detto questo io riconosco che Picasso è un genio anche se qualche critico,autorevole ma malevolo, ha insinuato che la sua “genialità” specialmente negli ultimi anni, sia stata costruita a tavolino.
Ma questa è una debolezza umana, comprensibile anche se non condivisibile. Non mi straccio le vesti. Solo che mantengo la mia autonomia di giudizio e non sono incline a d idealizzazioni o timori reverenziali verso nessuno.
copyright domenico fargnoli
Emma
Inviato il: 26 Jun 2010, 02:19 PM
Scusate se mi discosto dal discorso un attimo stamattina su facebook il il gruppo “informazione libera” riporta un ansa di oggi sul feto e tutto il discorso legato alla 24esima settimana, come scoperta però fatta in uk.
ecco il link:
http://www.facebook.com/notes/informazione…na/405800494153
Alogon
Inviato il: 13 Jul 2010, 10:18 AM
Ho letto alcuni gialli e visto dvd della serie Millennium di Stieg larson. Interressanti perchè fanno riferimento ad una poetica della verosimiglianza: situazionii e personaggi improbabili vengono proposti in un contesto, come quello che Aristotele riteneva necessario per l’azione tragica, che li fa apparire “ veri”. C’è come figura centrale lo stereotipo dello psichiatra pazzo e criminale, addirittura pedofilo che perseguita una sua paziente adolescente con diagnosi invalidanti. Vendute trenta milioni di copie.
Una riflessione, che non sviluppo per la sua ovviet, sul significato del successo editoriale che in questo caso prescinde totalmente dai contenuti.
Letto anche un libro in francese di tale Margolin sugli eccidi dei giapponesi dal 1937 al 1945 ai danni di 500 milioni di persone nel sud est asiatico. Storie vere ma che per la loro efferetazza e barbarie appaiono inverosimili, compresi epidodi non sporadici di cannibalismo a parte le indicibili sofferenze e torture.
La realtà supera la fantasia o meglio la fantasticheria.
copyright domenico fargnoli
fiore
Inviato il: 13 Jul 2010, 02:58 PM
..bentornato Alogon!! Rispetto al tuo messaggio precedente,al viaggio che hai affrontato, non penso che tu ti stupisca che ci sia o ci sia stata una tale realtà. Certo,so bene quale potrebbe essere il tuo grido (“ L’urlo di Munch” ?),perchè sia come persona che come medico ho imparato le tue qualità umane…”in questo mondo dove non sembra abitino più gli uomini”. Per quanto mi riguarda, ho avuto conoscenza, di molte efferatezze compiute più o meno recentemente (pensiamo solo cosa è stato fatto alla povera Ipazia!),per il mio interesse a girovagare fra qualche libro,qualche documentario storico..E purtoppo,mio malgrado,non mi sorprendo del numero così grande di lettori dell’autore che hai citato. Dire: “Roba da matti !” come è solito esclamare ,sarebbe solo banale! E non ho parole,perchè dovrebbero essere tante,per esprimere la mia indignazione ,il mio dolore,la mia repulsione..per tutto ciò che di orribile l’uomo è stato in grado di fare,ma già da tempo so bene che c’è la bellezza e c’è l’inferno,citando il titolo dell’ultimo libro di Saviano..ma sento che un giorno potrebbe arrivare una rivista rossa con scritto sopra “Rinascimento”.
fiore
Inviato il: 17 Jul 2010, 03:39 PM
Riporto una frase dell’ultimo libro di Saviano,quella che lui chiama la lezione di Beowulf,l’eroe epico che strappa le braccia dell’Orco che appestava la Danimarca:
“ Il nemico più scaltro non è colui che ti porta via tutto,ma colui che lentamente ti abitua a non avere più nulla.”
fiore
Inviato il: 18 Jul 2010, 01:35 PM
Penso che mantenere uno straccio di sanità mentale in questi tempi non è facile. Non faccio i soliti discorsi retorici e un pò scontati che appariranno senz’altro anche un pò noiosi. Conoscere la teoria e seguire i movimenti di coloro che parlano in nome della realtà umana,aiuta ,ma spesso in solitudine ,perchè la cultura è ancora molto violenta (M.Fagioli e E Pappagallo intervengono per dare chiarimenti sulla violenza nel rapporto uomo-donna ,ad esempio, in un momento dove ,in quindici giorni,sono state uccise nove donne).Però,sarcasticamente ,a questo punto,aggiungo, che siamo tutti pacifisti,urliamo per la guerra in Afganistan,per le spese militari,ma poi ancora voltiamo la faccia per non vedere.Un pò come fa colui che va in Africa per sentirsi bravo impegnandosi in opere umane,e chiude gli occhi ad esempio,su un vicino che è in difficoltà,su quegli ospizi in Italia dove gli anziani vengono brutalizzati e massicciamente sedati,per non parlare poi di tante altre scottanti realtà che sguazzano e hanno sguazzato nell’indifferenza di tutti). Sto leggendo “Lombardi e il fenicottero” e questo mi aiuta.Conterma che politicamente e culturalmente fa più male la razionalità e la materialità di chi si è storicamente sentito sempre dalla parte dei buoni,di quella di chi si fa vedere, poi, per quello che è . Il freddo Togliatti ,i genocidi in nome del comunismo ..eppure agli alunni viene ancora solo riproposta per biasimarla ,giustamente, la violenza nazista e fascista..e,nel vivere comune,si cercano i capri espiatori per non cambiare e rifuggire forme di lealtà,onestà,impegno e responsabilità..almeno chi lo dovrebbe fare. C’è un luogo dove la decantata antica ribellione si è trasformata nel più dissociato catto-comunismo e,aggiungerei neo- liberale, che ha dei risvolti di pensiero e psichiatrici estremamente violenti. Non aggiungo di più….La giornalista russa Anna Politoskaja ,(non so se si scrive così,),che purtroppo è stata uccisa ,diceva che per farsi “sentire” dalla gente non ci vogliono i sentimenti tiepidi. A questo punto mi interrogo se i tempi sono maturi, e mi vengono alla mente le parole che lo psichiatra nel film “Vincere” di Bellocchio dice ad Ida Dalser,che in certi momenti,quando ancora presente nella maggioranza delle persone una certa cultura(anche se le parole che riporto non sono proprio fedeli), conviene l’attesa…ma,quando e come (con coraggio?) è necessario dare avvio alla trasformazione?
P.S. Mi scuso con Alogon,questo è il forum per la ricerca psichiatrica..forse ,irrazionalmente, ci potrebbe essere qualche collegamento? Riporto che l’ultimo numero dell’Agenda Coscioni ha come tema principale “Neuroscienze:libertà che ha cervello”..l’introduzione sembra interessante ,anche se il contenuto dell’articolo sinceramente non l’ho ancor letto.
Alogon
Inviato il: 20 Jul 2010, 09:17 AM
Rispetto agli eccidi dei giapponesi nella seconda guerra mondiale bisogna considerare che essi non sono il risultato dell’emergere di un fattore antropologico sopito, come la tendenza ad uccidere od il cannibalismo ma la conseguenza di uno specifico modo di addestramento basato sulla violenza, la degradazione continua della truppa, l’istigazione all’odio ed alla crudeltà come parte di un programma razionale di distruzione della personalità e dell’individualità.
Il discorso è estensibile alle folle le quali si credeva, a partire dalla fine del 900, favorissero l’espressione della violenza e della brutalità soprattutto da parte della scuola positivistica italiana di Lombroso, Sighele e Ferri. La violenza della folla è solo un epifenomeno dell’ingiustizia sociale, dei processi di prevaricazione che minano la stabilità dell’individuo e pervertono il significato della socialità.
Ciò che appare come “naturale” è il prodotto di una specifica ingegneria sociale, di azioni umane che diventano una volta interiorizzate precise costellazioni affettive e motivazionali.
copyright domenico fargnoli
fiore
Inviato il: 21 Jul 2010, 11:19 PM
Quanti anni sono passati da quando la “madonnina” di Civitavecchia ha pianto?
Quanti ne passarono da Fatima e Medjugorie?
Alogon
Inviato il: 22 Jul 2010, 02:57 PM
non vedo bene il nesso con i discorsi precedenti ma sicuramente tu riesci ad individuarlo…
copyright domenico fargnoli
fiore
Inviato il: 22 Jul 2010, 03:36 PM
Mi è tornato alla mefnte quanto venne fuori in un’elaborazione diversi anni fa.Preferisco per il resto mantenermi sul generico.
fiore
Inviato il: 10 Aug 2010, 10:17 PM
Venerdì,13 agosto,su RAI 3,alle 21.15 alla GRANDE STORIA, nuovamente “ I segreti di Mussolini” ,la vicenda di Mussolini e Ida Dalser, sulla quale Bellocchio ha creato il film “VINCERE”.
fiore
Inviato il: 13 Aug 2010, 12:11 AM
Giovedì, 12 agosto ,alla “Storia siamo noi”, è il turno di Maryli Monroe. Due serate,due donne,Ida dalser,Marylin Monroe.Un caso?
Il mio pensiero va su chi c’è dietro la propria porta,quando si è deciso di voler guarire.
fiore
Inviato il: 14 Aug 2010, 08:59 PM
La vicenda sconvolgente di Ida Dalser e di suo figlio Benito,morti entrambi in manicomio (Benito in un paio di mesi ebbe una trentina di insulinoterapie e andò nove volte in coma). Il dramma peggiore di questo crimine operato da Mussolini con l’aiuto di molti compiacenti gerarchi fascisti è che non è stato mai punito,grazie all’amnistia che fu varata da Togliatti e controfirmata da De Gasperi il 22 giugno 1946 ,con la quale ebbero la libertà migliaia di fascisti,compresi i peggiori criminali,archiviando molti processi pur sollevando risentimenti e proteste nella base comunista. Quello che è peggiore,a mio avviso è che c’è stata una legittimazione di atti di violenza che vanno a colpire le emozioni,i sentimenti l’identità dell’altro.I crimini di spinta alla pazzia(o far solo credere pazzi per togliere di mezzo persone scomode) compiuti da persone significative. Probabilmente se questo fosse stato riconosciuto sarebbe stata resa giustizia a tante persone note come la sorella dei Kennedy,probabilmente anche Marilyn Monroe,e tante altre i cui nomi rimangono sconosciuti,perchè rientrano nel vivere comune,nelle dinamiche malate di famiglie comuni,di rapporti di lavoro ecc. Un processo avrebbe probabilmente posto una luce nuova sul discorso della malattia mentale e la visione positivista di essa quanto meno si sarebbe incrinata…danno sopra danno..”grazie “ancora Togliatti (certo la tua sensibilità non ti ha impedito di far diventare tuo figlio Aldo schizofrenico dopo averlo mandato a curare otto anni in Russia per un disagio mentale!) e si tolgano di mezzo coloro che continuano a rinvigorire la sua immagine in nome in una rivitalizzazione della sinistra!
fiore
Inviato il: 24 Aug 2010, 03:24 PM
In queto momento storico,dove i comportamenti sociali appaiono alquanto disumanizzati ( con il termine umanità intendo il modo più garbato -anche se la mia definizione è un pò semplicistica- di intergire fra gli esseri umani ) dove è il confine fra sane risposte di difesa e atteggiamenti paranoidi ? Forse nel fatto che quando si tolgono i paletti ad alcune relazioni si ripresentano delusioni spesso dolorose ed allora si capisce che le proprie difese erano sane?
Alogon
Inviato il: 27 Aug 2010, 08:27 PM
Credo sia impossibile dare una risposta esauriente a domande di carattere così generale. La seconda parte del quesito riguarda invece un caso particolare di cui non si conoscono esattamente i termini.
Per avere delle risposte, in linea di principio, bisogna formulare le domande in modo preciso evitando sovrapposizioni, impastamenti, discorsi troppo generali che poi diventano generici.
copyright domenico fargnoli
fiore
Inviato il: 4 Sep 2010, 01:52 PM
..a distanza di anni dal pianto di madonnine ci sono state guerre civili…
Forse la psichiatria farebbe bene ad ascoltare la gente comune….altrimenti cade negli stessi errori della politica d’opposizione….
Ultimo Left..uno sguardo sul tempo..articolo sull’ultimo film di Bellocchio “Sorelle Mia”…Bellocchio torna in famiglia e parla dei rapporti di sorellanza e fratellanza che definisce trappole pazzesche. “ La sorellanza alcune volte ti impedisce di aprirti alla vita,di aprire la porta e di andare nel mondo”. Queso è un mondo classista ,poco solidale e non coeso e c’è molta complicità esterna se le trappole non vengono smantellate,Difficoltà di ordine materiale-perchè non dirlo di questi tempi?D’altra parte non abbiamo una società “diversamente ricca”,come voleva Riccardo Lombardi- e difficoltà di carattere umano,nella sua cultura,nei suoi valori.
Anche gli psichiatri devono avere uno sguardo nuovo sul mondo e una prassi nuova.
Alogon
Inviato il: 4 Sep 2010, 06:15 PM
Su alcune frasi singolarmente posso essere d’accordo. Ma è il discorso nel suo insieme che mi lascia perplesso perchè piani diversi( esortazioni, analisi, politica psichiatria) si mescolano insieme) D’altronde esortare uno psichiatra ad ascoltare la gente “comune” (quale sarebbe poi se vogliamo andare per il sottile?) è come esortare un marinaio a considerare attentamente il mare su cui naviga. Penso di sapere da solo quello che devo fare dato che rispondo personalmente delle mie azioni. Naturalmente prendo in considerazioni chi mi vuol dare dei consigli ma poi decido sempre in base ad una mia valutazione personale.
Rispetto a Bellocchio: che c’entra con la psichiatria? Mi risulta che sia un regista. Egli esprime valutazioni personali più o meno condivisibili. Sulla sorellanza io per es potrei pensarla al contrario di lui ma è un mio punto di vista e non pretendo di imporlo a nessuno.
Quanto al “nuovo” esso facilmente diventa una retorica come hanno mostrato le avanguardie artistiche del novecento.
Quindi proporrei analisi più circostanziate senza pretendere di dire l’ultima parola sul mondo. Perchè questo è stato il male della sinistra: presupporre di sapere e soprattutto di giudicare quando non se ne avevano gli strumenti.
copyright domenico fargnoli
fiore
Inviato il: 4 Sep 2010, 09:52 PM
Quando parlo di psichiatri necc.on mi riferisco a te che segui un tuo percorso medioo personale. Valuta che posso rappresentare il modello che si crea quando si legge e si vede il nome di Fagioli assocato a Bellocchio,a Bertinotti, a Pannella, e si cerca di riflettere,di fare valutaazioni e di lottare per sentirsi vicini a qualcosa di valido,che a momenti non condividi,che può deluderti,rifiutando il pensiero di fallimento personale.Sono a volte il frutto della confusione che viene creata con tanti accostamenti?
Alogon
Inviato il: 5 Sep 2010, 06:18 PM
Premesso che rispondo solo di me stesso e non di altri e non mi sento in dovere di fare alcuna difesa di ufficio, il problema che tu poni è molto complesso ed anche legittimo. Però al solito:volgiamo fare una critica? Benissimo, comunque bisogna saperla fare, distinguendo da situazione e situazione e nel caso si mettano insieme più circostanze esplicitare il nesso che lega quest’ultime. Si può fallire nel cercare di dare delle risposte ma anche nel formulare delle domande. E non vorrei che i due aspetti fossero legati insieme. Bisogna fare critiche che si è in grado di sostenere altrimenti sono controproducenti in quanto rafforzano la posizione dell’altro.
copyright domenico fargnoli
fiore
Inviato il: 15 Sep 2010, 09:21 PM
Intervista a Masimo Fagioli su Segnalazioni ,l’ultima riportata alla data di oggi…sempre interessante. Che ne pensate delle parole .del suo pensiero “gli immigrati salvano e liberano le donne”?
abc
Inviato il: 21 Sep 2010, 05:46 PM
La morte di sandra mondaini a cinque mesi da quella di vianello ha fatto dire a tutti che rappresenta un grande amore definito “inossidabile”. Mi chiedo se non sia, piuttosto, identificazione e annullamento di identità. E’ un tema importante, a mio avviso, perchè spesso si tende a confondere un sentimento con qualcosa di “patologico”. Forse sbaglio ma è un quesito che mi interessava sollevare…
fiore
Inviato il: 21 Sep 2010, 10:11 PM
..aggiungerei..nella situazione attuale,quali donne liberano?
Alogon
Inviato il: 23 Sep 2010, 03:52 PM
Quali donne liberano gli immigrati onestamente non lo so. Posto così, in modo secco come fa fiore solitamente il problema assomiglia ad una domanda retorica. Quanto alla coppia Vianello Mondaini forse vale la pena non parlarne troppo male perchè da poco passati a “miglior vita”, come si suol dire. Dicci però ABC perchè ti interessa tanto questa situazione. Lavori per caso per mediaset? Sei un’anziana signora reduce di una lunga relazione? Oppure sei solo un provocatore -provocatrice?
copyright domenico fargnoli
abc
Inviato il: 23 Sep 2010, 04:58 PM
Avevo tratto spunto da un fatto di attualità per porre una domanda e non era certo mia intenzione, almeno razionalmente, provocare…non lavoro per mediaset nè sono in là con l’età…
fiore
Inviato il: 24 Sep 2010, 09:04 PM
Domenica 26 settembre su RAI 3, ore 21 ,a “PRESA DIRETTA” di Iacona, “Senza donne”….il tema si riallaccia in qualche modo ad un articolo di Left di diversi mesi fa. C’è un sistema,una cultura ,una politica che vuole che le donne tornino a stare in casa..non si costruiscono asili,tagli all’assistenza dgli anziani,disgregazione familiare e sociale,mancanza di lavoro..indirettamente viene di conseguenza che le donne siano escluse. Con un aumento della povertà e l’assenza del contributo femminile in questa società. In molti casi la carente disponibilità economica non permette di essere supportate dagli immigrati. Mi rendo conto che in qualche modo sono riuscita ad esprimere quello che volevo aggiungere con il quesito dei miei due ultimi messaggi. E il guaio è che non c’è nessun movimento femminile che sembra essersi accorto di questo orientamento..per tempo,dico,come l’assenza che c’è stata ,per esempio, nel settore Scuola…ed ora è una
Alogon
Inviato il: 25 Sep 2010, 09:40 AM
Il primo lavoro scientifico che ho fatto come psichiatra è stato, decenni fa, centrato sul rapporto fra malattia mentale ed immigrazione quando io ero un immigrato italiano all’estero.
Conosco da una vita questo tema: a parità di condizioni economiche gli immigrati soffrono di disturbi mentali più della popolazione autoctona.Immigrati e donne come soggetti socialmente più deboli e quindi come interlocutori obbligati in vista di un cambiamento delle strutture della società.
L’obiettivo di una politica che ponga al centro gli emarginati e le donne e più in generale i discriminati , stando così la situazione attuale è utopico ma non per questo meno importante.
Il rischio è che “donne ed immigrati uniti nella lotta” sia solo uno slogan che poi non si radica nel comportamento concreto delle persone impegnate nella dura battaglia fra disperati per la sopravvivenza. In Calabria mi diceva in questi giorni una persona che ci vive, non esiste nessuna forma di solidarietà fra gli appartenenti alle fasce più deboli ed il sistema di potere ha creato una frammentazione che è funzionale alla malavita. Chi quindi è in gradi di catalizzare un processo di organizzazione politica degli immigrati e delle donne? Noi psichiatri colti ed inclini, se vogliamo fare un’autocritica, ad una cultura estetizzante, circondati spesso da belle donne che parlano tutto il giorno della nascita ma che magari non hanno mai visto un neonato in vita loro?
Chi sarà di aiuto alle donne, Pannella, Vendola, o Bersani che non mi sembra “un fulmine di guerra” e che esprime la stessa “sessualità” di un alto impiegato del catasto?
copyright domenico fargnoli
fiore
Inviato il: 25 Sep 2010, 01:10 PM
Alogon…semplicemente..un bacio!!
abc
Inviato il: 27 Sep 2010, 09:58 AM
A mio avviso l’indebolimento della scuola pubblica è la chiave del problema. Da anni si sta cercando di togliere strumenti a chi potrebbe infondere una mentalità fondata sulla parità tra uomo e donna, tra italiani e stranieri etc…Nella scuola pubblica ci sono molti immigrati e classi miste femmine-maschi. C’0è un “materiale umano” ancora da forgiare ed è una grande responsabilità quella che gli insegnanti si assumono. Quello che dispiace vedere è che la Chiesa ha un grande potere e che il Governo cerca di spingere verso le scuole parificate o private gestite da cattolici…è un lavoro di indebolimento che va avanti da molto, molto tempo anche con la connivenza della sinistra…intanto gli insegnanti di religione, meno precari di tutti, insegnano che la famiglia tradizionale è il modello da seguire, che se non vi sono ruoli distinti com’era prima (donne a casa) la società va peggiorando etc…etc…Per quanto riguarda gli immigrati c’è una grande ipocrisia. Di fatto lo Stato, in completa disapplicazione dell’art. 2 e 3 della Costituzione (e di molti altri principi) toglie loro i mezzi per essere messi sullo stesso piano degli altri.
Tanto per cominciare paga con tre anni di ritardo i difensori d’ufficio e per questa ed altre ragioni le carceri sono piene di stranieri. Non sono più delinquenti di altri, ma solo più ignoranti e con minori possibilità materiali. Spesso restano detenuti perchè non hanno fissa dimora e non potrebbero usufruire degli arresti domiciliari o di misure alternative.
Alogon
Inviato il: 28 Sep 2010, 08:23 AM
condivido pienamente. Importante sarebbe poter utilizzare la psicoterapia, e non un semplice supporto psicologico, con gruppi anche di immigrati e non lasciarli in mano all’assistenza psichiatrica che nel migliore dei casi utilizza la farmacologia. Se qualcuno è in grado di attivare un’iniziativa del genere io sarei disponibile a fornire la mia prestazione professionale.
Questo forum potrebbe servire anche a questo.
copyright domenico fargnoli
abc
Inviato il: 28 Sep 2010, 05:47 PM
I detenuti vengono “sedati” e l’unico obiettivo è quello di evitare che siano violenti o che si autoledano. Il supporto psicologico consiste in una chiacchieratina, se va bene settimanale, per mettere a posto le coscienze degli operatori che solo in minima parte sono specializzati (e al massimo sono psicologi) ma spesso sono educatori/educatrici senza arte nè parte (anche se molti di loro si impegnano). A ciò si aggiunga che anche in carcere il cappellano cattolico ha libero accesso come e quando vuole, mentre i ministri di altre religioni hanno forti limitazioni. Anche in questo gli stranieri si sentono discriminati ed accusano il peso di una “prevalenza cattolica” nel nostro Paese che li fa sentire ancora più soli…
C’è poi il mondo degli oo.pp.gg. A mio, e non solo mio, parere, è’ meglio una pena detentiva che essere ritenuti incapaci e spediti a Montelupo Fiorentino per essere annientati da farmaci molto pesanti che hanno il solo fine di rendere innocui e non di curare. Figuriamoci dove va a finire il fine rieducativo della pena…..
E’ un tema veramente articolato.
La psichiatria ha un’importanza fondamentale nella società ed ha un ruolo chiave anche nell’amministrazione della Giustizia. Mi viene in mente, a titolo di esempio, il caso di Izzo che venne scarcerato ed uccise di nuovo. Venne scarcerato perchè uno psichiatra, forse non troppo esperto o competente, lo ritenne non pericoloso.
Naturalmente i mass media attribuirono la responsabilità al magistrato che aveva firmato il provvedimento, basandosi però su una consulenza tecnica…
E’ vero che il magistrato è peritus peritorum, ma non ha competenze psichiatriche. Così molte persone, non sapendo come veramente funzioni la Giustizia, hanno screditato ulteriormente la Magistratura secondo un disegno che prevede di alimentare una progressiva sfiducia verso le istituzioni.
I Tribunali di Sorveglianza decidono sempre sulla base delle relazioni degli assistenti sociali, degli psichiatri, degli psicologi del g.o.t. (gruppo di osservazione sul trattamento). La libertà delle persone dipende dai pareri di questi consulenti. Il Giudice deve potersi fidare e lo Stato dovrebbe investire denaro nella professionalità di questi operatori.
La psicoterapia sarebbe veramente un’ottima soluzione per tutti, ma come praticarla in un contesto generale in cui il farmaco ha sempre il sopravvento perchè i problemi spesso è meglio eliminarli momentaneamente piuttosto che risolverli?
Alogon
Inviato il: 29 Sep 2010, 08:58 AM
E’ chiaro che gli interessi delle case farmaceutiche giocano un ruolo fondamentale: la psicoterapia sotto questo profilo sarà sempre svantaggiata. E’ importante una politica, in generale che non miri esclusivamente al profitto ed all’utile immediato: il contrario del neoliberismo.
Concretamente credo che forse la nostra associazione potrebbe muoversi nell’organizzare qualche iniziativa.
copyright domenico fargnoli
Alogon
Inviato il: 2 Oct 2010, 03:29 PM
….La cronaca di questi giorni e le case farmaceutiche…
copyright domenico fargnoli
Alogon
Inviato il: 6 Oct 2010, 10:37 AM
Nell’articolo della rivista “Nature” della fine settembre 2010 <<Conical intersection dynamics of the primary photoisomerization event in vision>> di
Dario Polli, Piero Altoè, Oliver Weingart, Katelyn M. Spillane, Cristian Manzoni, Daniele Brida, Gaia Tomasello, Giorgio Orlandi, Philipp Kukura, Richard A. Mathies, Marco Garavelli & Giulio Cerullo viene riportato come si è riusciti a stabilire che il tempo di isomerizzazione del fotopigmento presente anche nella retina umana, da parte di un fotone è dell’ordine di un milionesimo di miliardesimo di secondo.
l’esperimento eseguito mi pare sulla rodopsina di un batterio è molto interessante.
Sicuramente però sorprendono i commenti pubblicati in un noto blog secondo i quali si tratterebbe di “fenomeno quantistico non certo biochimico”
Il commento è strano perchè nello stesso articolo si legge che ciò che viene studiato è un evento “fotochimico” che riguarda una molecola. Il processo di isomerizzazione cioè la modificazione della configurazione spaziale viene detto innesca funzioni biologiche ( triggers biological function come è scritto ed ho letto da qualche parte nell’articolo).
L’atro commento di tale Alessandro Belloni è ancora più singolare. Scrive tale eminente ricercatore <<Questa notizia, mi ha portato a rileggere l’articolo di Marco Pettini”Una rosa a Fleming”. Teorie scientifiche della natura e della realtà umana. – Il sogno della farfalla- 1, 2009 , dove nell’ultimo paragrafo viene legata la comunicazione neuronale (ma c’è molto di più, e affascinantissimo!), soprattutto per il pensiero non cosciente, alla variazione del campo magnetico ed elettromagnetico delle molecole che formano il citoscheletro dei neuroni, cioè interazione di tipo fisico prima che biochimico (quest’ultimo più lento perchè comporta modificazione e spostamento di materia, i neurotrasmettitori). La “fisica della mente” lì illustrata mi sembra affermi in sè, e quindi già confermi, l’immediatezza dell’insorgenza della pulsione e della capacità di immaginare in risposta allo stimolo luminoso, scoperte da Massimo Fagioli. Il tempo già infinitesimo misurato oggi porta ulteriore conferma sperimentale, e a quel che ho capito è riferito alla modificazione biochimica innescata dal quanto di luce, il quale però ha necessariamente già prodotto una variazione magnetica; è possibile pensare che la risposta di tipo “fisico” avvenga in un tempo ancora minore…? Le mie conoscenze di fisica e chimica mi consentono solo la domanda!
Alessandro Belloni
Da ciò si evincerebbe che la “pulsione” nasce dalla rodopsina pigmento presente in moltissime specie viventi.
Tralascio la discussione della teoria dei citoscheletri neuronali che è di Hameroff e Penrose ed è stata formulata per spiegare il fenomeno della coscienza e non del non cosciente. Naturalmente non esiste nessuna prova sperimentale a sostegno dell’ipotesi di una superconduttività di tale strutture subcellulari nel cervello.
copyright domenico fargnoli
Alogon
Inviato il: 8 Oct 2010, 09:14 AM
A proposito dei processi quantici nella retina ho trovato il riferimento a questo lavoro
<<Photon echo experiments at Starlab
Pierre St. Hilaire, Dick Bierman & Stuart Hameroff
The authors claim that quantum consciousness models are testable, which is the acid test of a scientific theory as opposed to conventional or classical theories, which are claimed not to be testable.
Physicists Pierre St.Hilaire and Dick Bierman devised a test for evidence of quantum coherence in the retina, the most conveniently accessible part of the brain. Their scheme was to send two separate laser pulses to the part of the retina being studied. This is expected to cause rhodopsin molecules in the rod and cone cells to become quantum coherent. If the coherent state persists for longer than the time between the two laser pulses, then some atoms in the system precess back towards their original state, and they emit a photon in the process of doing this. This is known as a ‘photon echo’. This could be detected, and if detected it would be indicative of quantum coherence in the retina. Structures in the retina such as rhodopsin could in principle be shown to sustain macroscopic quantum coherence. No existing experiments of this kind were known to the authors, but research into the isomerisation of rhodopsin suggests the presence of quantum coherence.>>
Non esistono esperienze allo stato attuale, dice il lavoro che confermino l’esistenza di una “coerenza quantica” a livello della retina.
Ciò significa che bisogna tenere conto per comprendere come funziona la visione, dei processi biochimici e delle reazioni lente legate ai neurotrasmettitori come l’acido gamma amino butirrico.
I ricercatori di Bologna, nell’articolo citato in un post precedente misurando il tempo di isomerizzazione, cioè di reazione alla luce della rodopsina, un pigmento retinico, non hanno avanzato in nessun modo ipotesi sulla “
coerenza quantica” cioè sull’insorgenza istantanea e la propagazione del “pensiero”.
Isomerizzazione e “coerenza quantica” sono due processi diversi di cui deve essere allo stato attuale dimostrata la possibile correlazione.
Anche quest’altro articolo è interessante
“Microtubules in the Cerebral Cortex: Role in Memory & Consciousness
Nancy Woolf
Behavioural Neuroscience, Dept. of Psychology, UCLA
In: Tuszynski, J. ED. The Emerging Physics of Consciousness Springer ISBN-13 978-3-540-23890-4
The author starts by querying whether the standard model of synaptic connections in the cerebral cortex adequately accounts for cognition, especially if this is multi-modal. A novel approach to brain mechanics is described. Neurotransmitters are indicated to act on microtubules polymerisation and transport, as well as membrane receptors. It is argued that this action on microtubules is involved in the physical basis of memory and consciousness.
It is also suggested that learning alters microtubules lying beneath the synapse, and that these form the basis of long-term memory storage. The storage microtubules determine the synapse strength by directing actin filaments and transport of synaptic proteins. The paper argues that storage in microtubules is more plausible than in the synapse itself.
Neurons are filled with microtubules, actin filaments and neurofilaments, all of which are components of the cytoskeleton. The microtubules comprise alpha and beta tubulin dimers and have plus and minus ends. The plus ends of microtubules undergo polymerisation/depolymerisation cycles to a much greater extent than the minus ends. The tubulin that comprises the microtubules accounts for up to a quarter of the soluble protein in the brain.
Microtubule asociated proteins (MAPs) are found in high concentration in neurons. MAP2 is particularly abundant in dendrites. Areas possessing many pyramidal cells associated with higher cognition, are ofen rich in MAP2 , suggesting a connection between this protein and cells involved in higher cognition. MAP2 expression is also altered by the recent experience of learning, which suggests a more general involvement in information processing.
The connection between microtubules and synapses is indirect. The region of the dendrites where microtubules are concentrated is called the sub-synaptic zone. The microtubules are connected with the dendrite spines by actin filaments. The proteins MAP2 and MAP1B provide the link between actin and microtubules ( 1 Dehmelt & Halpain). Protein kinases regulate the binding process. It has been suggested elsewhere that there is no connection between microtubules and dendrite spines, but the author here appears to describe a full mechanism. MAP2 has been identified as a signal transduction molecule and it also anchors other signal transduction molecules. Signal transduction by MAP 2 stems from synaptic inputs. MAP2 is also indentified as a gelation factor, a process that rigidifies microtubules, and in the Penrose/Hameroff model this process is suggested to screen microtubule quantum activity from decoherence. Ampa and kainate receptors for glutamate can influence microtubules. Ionic currents from receptors penetrate the sub-synaptic area of the microtubules. AMPA receptors can also affect microtubules via the actin filaments. Proteins link the synaptic density with the actin filaments, and the actins in turn link to microtubules ( 2. Qualman, Ladrech). Glutamate also binds to the NMDA receptors. Activation of the NMDA receptor results in an influx of calcium ions. These have the capability to penetrate deep ito the neuron, so it is likley that they come into contact with microtubules.
Recent studies have shown that the shape of dendrite spines is altered by learning and experience ( 3. Yuste & Bonhoeffer ). Synapse and dendrite spine densities are also altered by learning ( 4. Leuner ). On the basis of various studies, the author thinks that neither dendrite spines nor actin near spines is sufficiently stable to act as permanent memory store. This leads onto the hypothesis that the permanent memory store is in the sub-synaptic zone of the dendrites. High concentrations of ATPase in the subsynaptic zone suggests a high metabolic rate, which would be a requirement for the laying down of memories. Microtubules are also more stable than actin spines, partly due to their connection with associated proteins. Binding proteins also help to stabilise the plus end of the microtubules. The initial segments of neurites are exceptionally stable, and the means available for stabilising microtubules makes them good candidates to act as memory stores. Polymerisation/depolymerisation cycles are used to update the microtubule network. Plus ends of microtubules near the sub-synaptic zone are affected by glutamate synaptic activation and with the additional presence of a neuromodulator, there would be widespread effects along the dendrite shaft.
Woolf quotes initial experimental evidence that changes in dendrite spines may depend on microtubules. The alkaloid, vinpocetine, increases spine changes because of its effects on microtubules ( 5. Lendvai ). It is suggested that microtubules could initiate or maintain potentiation of synaptic acivity. The dependence of long term potentiation (LTP) on the transport of AMPA receptors along the microtubules is suggested as evidence for this. Studies demonstrate the importance of MAP2. Mice bred with a knockout of MAP2 show a reduction in microtubule density and dendritic length.
Microtubule transport is seen as important for learning. Experimental results are claimed to be consistent with the hypothesis that brain reorganisation following learning leads to increased receptors in the post synaptic density, and at the same time decreases further transport to the synapse. There is usually an inverse relationship between microtubule transport activity and stability, and the reduction in transport here suggests increased microtubule stability. Experiments with learning involving MAP2 and kinesin suggest that microtubules are central to learning and memory.
The author asks how it is that stored memory is able to influence neural processing. Microtubules could perform this function by means of changes in the size and position of synapses, the transport rates of protein and RNA, or regulation of ion channels ( 6. Whatley ). Microtubules self-initiate activity such as plymerisation/depolymerisation, so they are good candidates for self-iniating memory effects. The author also looks for something that can initiate the direction of attention, and suggests that the polymerisation/depolymerisation of microtubules could allow them to search for and activate particular sub-synaptic areas, including those connected to attention and consciousness.
The articles proposes that long-term memory storage is concentrated in the sub-synaptic zones beneath the dendritic spines. This differs from the mainstream view of memory storage that pinpoints changes in the actual synapse, the post-synaptic membrane, dendrite spines and receptor density. Changes in dendrite structure that occur with learning indicate probable long-term changes in the underlying microtubules.
The brain is not that heavily interconnected and a part of the ‘binding problem’ is that brain areas that are unified in perception are not necessarily communicating. Thus the left and right visual field may not be in communication, but are still unified. The author suggests that the sub-synaptic areas in dendrites are connected by microtubules and that quantum entanglement in the microtubules deals with the binding problem. The paper points out that the tubulin structure of the microtubules allows dimer/dimer interactions to be felt for a long way along the microtubule.
The author rejects the idea that coherence cannot persist in brain tissues pointing to calculations that suggest this is possible ( 8. Hagan). MAP2 interactions would suggest that if entanglement does exist in microtubules, it could exist between different microtubules in the same neuron. The third stage would involve entanglements between microtubules in different neurons. This is suggested to be possible via the action of gap junctions. Changes in MAP2 that are uniform within cortical modules could suggest entanglement ( 9. Woolf & Hameroff ). Other studies ( 10. Ghosh et al and Veral ) calculate that a very small amount of entanglement can produce significant effects in the macroscopic world. The entire history of a synapse could be stored in the microtubules in the sub-synaptic zone. It is also suggested that dreams are produced by quantum coherence amongst the sub-synaptic zones of microtubules ( 9. Woolf & Hameroff ). More widely accepted theories based on random neural firing are criticised for not explaining how the brain produces the partly coherent stories experienced in dreams.
References:-
1) Dehmelt, L. & Halpain, S. (2004) Journal of Neurobiology, 58 (1) pp. 18-33
2) Ladrech, S. et al (2003) Hear Res, 186 (1-2) pp. 85-90 Qualmann, B. et al (2004) Journal of Neuroscience, 24 (10) pp. 2481-95
3) Yuste, R. & Bonhoeffer, T. (2001) Annual Review Neuroscience, 24, pp. 1071-89
4) Leuner, B. et al (2003) Journal of Neuroscience, 23 (2), pp. 659-65
5) Lendvai, B. et al (2003) Brain Research Bulletin, 59 (4) pp.257-60
6) Whatley, V. & Harris, R. (1996) International Review of Neurobiology, 39 pp. 113-43
7) Kaech, S. et al (1999) Proceedings of the National Academy of Sciences USA, 96 (18) pp. 10433-7
8) Hagan, S., Hameroff, S., Tuszynski, J. (2002) Physical Review E Stat Nonlin Soft Matter Physics, 65 ( 6 Pt 1 )
9) Woolf, Nancy & Hameroff, S. (2001) Trends in Cognitive Science, 5 (11) pp. 472-8
10) Gosh, S. et al (2003) Nature, 425 (6953) pp. 48-51 Veral, V (2003) Nature, 425 (6953) pp. 28-29
Dehmelt, L. et al (2003) Journal of Neuroscience, 23 (29) pp. 9479-90
Halpain, S. et al (1998) Journal of Neuroscience, 18 (23) pp. 9835-44
Halpain, S. (2000) Trends in Neuroscience, 23 (4), pp.141-6
Hameroff, S (1998) Philosophical Transactions of the Royal Society of London A. 356, pp. 1869-1896
Hamerof, S. & Penrose, R. (1996b) Journal of Consciousness Studies (3) pp. 36-53
Harada, A. et al (2002) Journal of Cell Biology, 158 (3) pp. 36-53
Khuchua et al (2003) Neuroscience, 119 (1) pp. 101-11
Ozer, R. & Halpain, S. (2000) Mol Biol Cell, 11 (10) pp. 3573-87
Tegmark, M. (2000) Physics Review E., 61 pp. 4194-4206
Tuszynski, J. et al (1997) Journal of Structural Biology 118 (2) pp.94-106
Woolf, Nancy et al (1994) Neuroreport, 5 (9) pp. 1045-8
Woolf, Nancy et al (1999) Brain Research, 821 (1), pp 241-9
Woolf, Nancy (1998) Progressive Neurobiology, 55 (1) pp. 59-77
Woolf, Nancy (1993) Journal of Chemical Neuroanatomny, 6 (6) pp. 375-90
Woolf, Nancy (1996) Neuroscience, 74 (3), pp. 625-51>>
In questo articolo si parla dell’eventuale ruolo dei microtubuli presenti nel citoscheletro neuronale, nei processi della memoria e si avanza l’ipotesi, ripeto l’ipotesi che i vari microtubuli si interconnettano fra loro nello stesso neurone ed in aree diverse del cervello attraverso un processo di “coerenza quantica”. Come dire che possono entrare in una reciproca risonanza.
L’altra idea, a prima vista molto seduttiva, è che i sogni sarebbero anch’essi il prodotto della “coerenza quantica” a livello delle zone subsinaptiche dei microtubuli.
La discussione di tutte queste teorie ed ipotesi è importante per capire come si possa trasmettere il “pensiero” nella sostanza cerebrale e se la sua propagazione possa essere o meno considerata istantanea.
copyright domenico fargnoli
Alogon
Inviato il: 8 Oct 2010, 10:24 AM
Anche questo articolo è interessante
A quantum approach to visual consciousness.
Woolf NJ, Hameroff SR.
Dept of Psychology and Laboratory of Chemical Neuroanatomy, University of California, 90095-1563, Los Angeles, CA, USA
Abstract
A theoretical approach relying on quantum computation in microtubules within neurons can potentially resolve the enigmatic features of visual consciousness, but raises other questions. For example, how can delicate quantum states, which in the technological realm demand extreme cold and isolation to avoid environmental ‘decoherence’, manage to survive in the warm, wet brain? And if such states could survive within neuronal cell interiors, how could quantum states grow to encompass the whole brain? We present a physiological model for visual consciousness that can accommodate brain-wide quantum computation according to the Penrose-Hameroff ‘Orch OR’ model. In this view, visual consciousness occurs as a series of several-hundred-millisecond epochs, each comprising ‘crescendo sequences’ of quantum computations occurring at approximately 40 Hz.>>
Si afferma in questo scritto che la “coscienza visiva” si manifesta come alternanza di fase di alcune centinaia di milgliaia di millisecondi. Il cervello è considerato come un computer quantico. Rimando a dopo la discussione sulla legittimità di tale ipotesi
Come si può notare la “coerenza quantica” è un processo che implica degli intervalli temporali benchè minimi come del resto lo sono i tempi di reazione della rodopsina al fotone.
Come inoltre si nota ciò che si cerca di interpretare alla luce di quanti è il fenomeno della coscienza inteso come “coerenza”.
Il non coscienrte quindi sarebbe “incoerente”?
E se non è incoerente cos’è che differenzierebbe la coerenza non cosciente da quella cosciente?
Come si vede rimangono aperti interrogativi di enorme rilevanza per chi si occupa della mente non cosciente.
Ovvio che bisogna procedere con grande cautela evitando trionfalismi immotivati.
Ecco uno scritto sull’importanza della coscienza
The Essential role of consciousness in mathematical cognition
Robert Hadley, Simon Fraser University
Journal of Consciousness Studies, 17, No. 1-2, 2010, pp. 27-46
Hadley puts forward alternative possibilities to Penrose’s argument from the Godel theorem, in order to reach a Penrose-type conclusion about brains and computers. He argues that a system that lacked consciousness would be incapable of certain concepts and certain proofs. Hadley refers to Kant’s argument that the perception of an object requires the unity of consciousness. In modern terms, the difficulty of seeing how the unity of consciousness is achieved by the brain is referred to as the binding problem, and is not the same as, but is closely intertwined with the question of consciousness. The concept of objects is claimed to require certain assumptions about space and time, and also the categorisation of the objects themselves. Conscious experience may also be needed to understand the relationship of one object to another. In terms of mathematics, the natural numbers are an even set, which is conceived of as existing simultaneously. It is possible for human students of mathematics to think of an unbounded set of objects existing simultaneously, but this concept produces a circularity for computers.
There is also the question of understanding geometrically-based proofs, where to understand the proof, it is necessary to conceive a geometric design, as a whole or unit. This involves an argument concerning the situation where human perception is able to immediately see that an arrangement of dots comprises a hexagon, which is seen as a unit, whole or gestalt, although all that exists is a few printed dots, and there is no continuous hexagon printed on the paper. A computer analysis of the dots could generate the angles of relationship between them, but not by itself generate the idea of a geometrical objects such as a hexagon as a single cohesive whole. There needs to be a realisation that the dots at the corners of the hexagon (the only thing actually printed on the paper) belong together, and although something might be programmed in for particular dots, there is no way to generate this for arrangements of dots in general, from present forms of computation. It requires human conceptions about the parts of cohesive wholes belonging together to achieve this. Complex diagrams need to be perceived as integrated gestalt patterns. Therefore the author argues that it is not necessary to accept Penrose’s argument from the Godel theorem, in order to agree with his main conclusion that brains and existing forms of computer are different, and consciousness not possessed by computers is required for some human brain activities.
Qual’è la differenza fra mente umana ed il computer? secondo Penrose la mente umana è cosciente il computer non è cosciente e quindi incapace di creare autonomamente “ una forma “ od un’immagine mentale
L’attività psichica umana è pertanto coscienza mentre il computer e ed il cervello nelle sue attività computazionali non è coscienza e quindi non è capace di creatività. Come si può applicare la teoria di Penrose Hameroff al non cosciente senza travisarne profondamente il senso e senza fornire a tutti un messaggio ambiguo e fuorviante?
Come si può avallare tale impostazione senza verificarne la legittimità anzi ammantandola del crisma della genialità?
copyright domenico fargnoli
Alogon
Inviato il: 8 Oct 2010, 01:42 PM
Per chi volesse approfondire la teoria di Penrose hameroff propongo uno stralcio da questo articolo
The ‘hard problem’ and the quantum physicists. Part 2: Modern times
C.U.M. Smith, a,
Roger Penrose, Stuart Hameroff, microtubules and Orch-OR
<<In 1989 Roger Penrose published his well-known book The Emperor’s New Mind and in 1994 followed this up with Shadows of the Mind. In both of these books he sought to show that the human mind was incommensurable with classical Newtonian physics and machine intelligence. In 1991 Stuart Hameroff, an anaesthiologist working at the University of Arizona, read The Emperor’s New Mind and realised that Penrose’s ideas complemented his own long-term work on microtubules. Hameroff and Penrose decided to cooperate in developing a quantum theory of consciousness. They christened this theory Orchestrated Objective Reduction (Orch-OR).
What does this mean? First let us be clear about ‘objective reduction (OR)’. It will be remembered that the classical quantum theory of the 1920s implied that nature at the quantum-level was indeterminate: it consisted of a superposition of states (wave-functions) until an observation caused the collapse or reduction into one or other of these states. This has always been a problem: it seems to suggest that the natural world could not ‘be’ without an observer. Penrose, however, suggests an alternative: ‘objective reduction’. In this theory each of the superposed wave-functions has its own space-time geometry and when these geometries diverge to a critical point (related to quantum gravity) a collapse into one or other of the states must occur. In contrast to ‘subjective’ reduction Penrose named this ‘objective reduction’ or ‘OR’.
How does this relate to consciousness? This is where Hameroff’s work on microtubules comes in ([Hameroff and Watt, 1982] and [Hameroff, 1987]). Where in the brain could objective reduction of superposed quantum states occur? These states would have to remain isolated from observation or environmental ‘entanglement’ long enough for their space-time geometries to diverge to the point of ‘objective reduction’. Without adequate shielding from the warm wet environment of the brain any quantum effects would be quickly be lost in the random motions of this environment. Moreover, to have any affect on the brain, single quantum fluctuations would have to be multiplied hugely by some form of coherence. Such coherent states are, of course, well-known to physicists as Bose–Einstein condensates and manifest themselves in the macroscopic world in the phenomena of superfluidity and superconductivity. But these condensates, where the quantum states of large numbers of particles fuse in ‘lock-step’, are normally only found in extreme conditions at or around absolute zero temperature where outside influences are also reduced to near zero. Where in the brain could such conditions obtain? Hameroff, who had been working on microtubules for some twenty years before reading Penrose, suggested that these organelles could form the looked-for sites. The Penrose–Hameroff theory thus suggests that quantum superpositions within microtubules are orchestrated (harmonised) so that objective reductions occur on a macroscopic (though still electron–microscopic) scale. Hence the title of their conjecture: ‘Orchestrated Objective Reduction’ or Orch-OR.
Assuming, for the moment, that this theory makes physical and biological sense, how does it address the ‘hard problem’? The answer to this question involves Penrose’s conviction that conscious thought cannot be mimicked by a machine, that it is, in other words, ‘non-computable’. The twentieth and early-twenty-first century neuroscience of the brain is fully within the physical paradigm laid down by Isaac Newton and his followers and thus describes a system which, however complicated, is ultimately and in principle capable of instantiation by computer. Penrose believes that human mathematical intuition escapes this possibility. It is thus ultimately impossible to build an analogous computer. This conviction is related to Gödel’s incompleteness theorems and to Turing’s work on computable numbers and the impossibility of a universal computing machine, sometimes known as the ‘halting problem’ (Turing, 1936). The self-collapse of a quantum state is in its essence unpredictable and hence also non-computable. In this it resembles the non-computable nature of consciousness (Penrose, 1994, p. 356). Hence, for Penrose, devices capable of ‘multiplying-up’ this collapse are good candidates for the physical basis for consciousness.
This is very much a mathematical-physicist’s view of consciousness and it is not appropriate to go into the detail of quantum gravity and quantum computing here (see [Penrose, 1994] and [Hameroff and Penrose, 1996]). It is worth noting, however, that there has been much controversy over the physical possibility of the Penrose–Hameroff proposal. The astrophysicist Max Tegmark published a particularly powerful criticism in the Physical Review (Tegmark, 2000; see also Seife, 2000). His mathematical analysis concluded that quantum superpositions spanning many tubulin dimers decohere in 10−13 s, some ten orders of magnitude less than the time scales of classical neurophysiological phenomena such as action potentials. Tegmark’s analysis has not gone without response. Hagan, Hameroff and Tuszynski (2002) have criticised some of Tegmark’s assumptions and Tegmark has responded to this response (Tegmark, 2002).
Leaving the physicists to continue the quantum-physics debate let us examine the neurobiological implications. The theory proposes that the Orch-OR events occur within microtubules. It will be recalled that microtubules are, along with microfilaments and intermediate filaments, part of a neuron’s cytoskeleton. Microtubules are built of a protein known as tubulin, which is itself built of globular subunits. These subunits are of two types, α- and β-tubulin. In microfilaments they associate together to form dimers and these, in turn, join end to end to form ‘protofilaments’. Thirteen of these microfilaments line up in parallel and circle to form a hollow tube, about 24 nm in diameter and some 200 µm in length.
Each tubulin dimer can exist in two conformations and it is believed that transition from one form to the other is controlled by a centrally placed electron which can shift from one position to another (see Hameroff and Watt, 1982). Clearly, we are now at the level where quantum physics applies and the Hameroff–Penrose theory suggests it is a magnification from this level through the complexities of brain structure that links consciousness to behaviour.
It is proposed that quantum coherence builds up along the microtubules until a critical point is reached and OR occurs. How is this coherence shielded from the warm, wet intracellular environment? Hameroff suggests several possibilities. These include structured layers of water molecules both within and outside the microtubule (Hameroff and Penfield, 1996). Another possibility is provided by sol–gel transformations of the surrounding cytoplasm. A gel encasement of the microtubules would, according to to Hameroff (1998), provide ‘an ideal quantum isolation mechanism’.
In their 1996 paper Hameroff and Penrose put some figures to Orch-OR in microtubules. Their calculations suggest that some 109 tubulin subunits in Bose–Einstein coherence would take about 500 ms to reach objective reduction (OR). After the self-collapse the process would start all over again, building up over a further 500 ms. Alternatively, to achieve OR in 25 ms, and thus account for the coherent 40 Hz oscillations which, as we noted in Section 2 above, are thought by some to be a correlate of consciousness, some 2 × 1010 tubulins would need to be involved (Hagan, Hameroff and Tuszinsky, 2002). According to the Penrose–Hameroff theory a moment of ‘consciousness’ would occur at every collapse of the wave-function, that is at each OR.
How many microtubules would be involved in these cases of Orch-OR? This is easy to calculate from the number of subunits required. If there are about 107 tubulins per neuron (Yu and Baas 1994) then a Bose–Einstein condensate spreading through about 100 neurons would reach OR in 500 ms. To reach OR in 25 ms the condensate would have to spread through some 20,000 cells. In both cases these are very much minimal estimates. It is unlikely that all the microtubules in all the cells would be involved at any one time. If only 10% of the tubulin is involved, the systems in question might consist of in the first case of 1000 and in the second of 200,000 cells.
How might the condensate spread from neuron to neuron? The 30–50 nm gaps of classical chemical synapses would seem far too large for quantum spread. Hameroff, however, points to electrical synapses (and gap junctions) where the intercellular gaps are far smaller, 3–5 nm, allowing the possibility of quantum tunnelling effects (Hameroff, 1998). Indeed some have seen systems of neurons connected by electrical synapses as acting as ‘one large neuron’. It should also be noted (a point Hameroff does not emphasise) that neurons and their surrounding glia are usually connected by gap junctions.
These figures do seem to coincide with some conventional neurophysiology. We noted earlier that Benjamin Libet’s work can be interpreted as showing that about 500 ms is required to recruit sufficient cells to provide the ‘neural adequacy’ necessary to support consciousness, and a 25 ms decoherence time is, as noted above, consistent with the 40 Hz oscillation which has been proposed to signify the binding together of neural systems to provide unitary consciousness.
But most importantly, the question remains: why consciousness? Whatever may be thought of the Penrose–Hameroff conjecture, and to many neurobiologists it looks more like a mathematical-physicist’s dream than anything that could happen in the warm, wet, wriggling, biochemically active elements of the cytoskeleton, why should the OR be associated with a conscious moment? Apart from Penrose’s equation of non-computability with consciousness, there seems no very obvious answer. We seem to be in the vicinity of the age-old fallacy of post hoc ergo propter hoc.
Let us finally turn to the neurobiological plausibility of the conjecture. First, it is important to be clear that microtubules are not confined to neurons but constitute part of the cytoskeleton of all eukaryotic cells, from amoebae to, for instance, human liver cells. Indeed, Hameroff is quite prepared to accept that moments of ‘consciousness’ could have appeared in the earliest metazoan forms, from the Cambrian ‘explosion’ onwards. Second, microtubules have evolved to have many important functions in cells and in nerve cells in particular. They are far from the static structural elements which their designation as parts of a cytoskeleton and early illustrations might suggest (see Bethe, 1898, Fig. 9). They are deeply involved in axoplasmic transport with kinesin- and dynein-activated vesicles moving in both anterograde and retrograde directions. Last, and far from least, microtubules are in a continuous state of synthesis at one end, the (+) end, and degradation at the other end, the (−) end. Video-enhanced (AVEC-DIC) microscopy of axoplasm shows microtubules to be the focus of a hive of activity (Weiss, 1986). Mitochondria are jerkily moving on neurotubular ‘rails’ in both directions along the axon; multivesicular and multilamellar bodies are moving along microtubules toward the perikaryon; dense shoals of transport vesicles are moving at different velocities in the opposite direction, towards the synaptic bouton ([Nogales, 2001] and [Smith, 2002]). To the molecular neurobiologist microtubules seem very different from the structures in which Penrose and Hameroff envisage Bose–Einstein condensates growing toward OR.
Although the recent review (Hagan, Hameroff and Tuszynki, 2002) mentioned above suggests the case is still open, the microtubular instantiation of the Hameroff–Penrose Orch-OR conjecture seems unlikely from both a quantum physics and a molecular neurobiology perspective (see, also, the critique of Koch and Hepp, 2006). Nevertheless, the general idea may yet find validity in some future neuroscience. As Penrose remarks, from his Platonic perspective, it may be that ‘the currently fashionable picture of the brain and mind is a mere shadow of the deeper level of cytoskeletal action—and it is at this deeper level where we must seek the physical basis of mind’ (Penrose, 1994, p. 376).>>
Mi scuso per l’inglese ( qualcuno vuole tradurlo?) e mi ripropongo di commentarlo in seguito.
copyright domenico fargnoli
Alogon
Inviato il: 9 Oct 2010, 12:32 PM
Il discorso sembra molto difficile ma in realtà non lo è:
Che cosa costituisce il substrato anatomofunzionale del “pensiero”?
L’attività coordinata e coerente dei neuroni.
Ramon Cajal nei primi decenni del sec scorso ha scoperto che la materia cerebrale è composta da unità discrete i neuroni collegati fra loro da attraverso l’attività elettrica modulata da particolari sostanze dette neurotrasmettitori.
E’ l’attività sincrona delle centinaia di miliardi di neuroni , che si possono interconnettere in un un numero pressochè infinito di modi a rendere possibile l’attività mentale.
Hameroff e Penrose hanno ipotizzato che esistano degli stati di coerenza e di interconnessioni che riguardano particolari strutture subcellular i microtubuli contenenti proteine liposolubili ,le stesse che legandosi alle sostanze anestetiche determinano la perdita della coscienza. Le proteine, in condizioni fisiologiche potrebbero per un fenomeno quantistico, entrare reciprocamente in risonanza con una periodicità determinata dalle fluttuazioni del substrato in cui si trovano e far insorgere così lo stato di coscienza. Sappiamo infatti che esse possono avere un ruolo importante nei processi di memorizzazione.
Come si vede tale ipotesi teorica è nata per spiegare la coscienza: può essere utilizzata per spiegare l’attività non cosciente? Per Penrose il non cosciente è uno stato di de-coerenza di perdita cioè di alcune caratteristiche della sincronizzazione funzionale delle strutture subcellulari dei neuroni. Lasciamo comunque aperta questa questione
A noi interessa il fatto che anche la percezione visiva a livello della retina potrebbe implicare dei fenomeni di coerenza quantica delle proteine come la rodopsina. Esistono delle ricerche e sono state formulate ipotesi a questo proposito ma non abbiamo prove sperimentali allo stato attuale delle cose.
Quindi: il fenomeno quantico a livello della retina non può essere considerato l’impatto della luce e del fotone con la proteina fotosensibile come la rodopsina ( esperimento dei fisici di Bologna) ma l’eventuale coerenza quantica che potrebbe legare tutte le rosopsine presenti nella retina.
Non si può escludere in linea di principio che dei fenomeni quanticci esistano nella retina e più in generale nel cervello però non possiamo non tenere conto dei processi biochimici forse più lenti ma non per questo meno importanti.
Una teoria del funzionamento del cervello deve spiegare come i fenomeni quantici si interconnettono con i fenomeni biochimici, dato che nessuno dei due può escludere l’altro.
Chi ha commentato la sperimentazione dei fisici di Bologna tutto questo non l’ha detto semplicmente perché non lo sa o non l’ha capito: ha socvrapposto così livelli diversi di analisi generando non poca confusione
copyright domenico fargnoli
Alogon
Inviato il: 11 Oct 2010, 09:51 AM
Tutta questa analisi conduce a risultanti sorprendenti. Abbiamo visto come il tempo di reazione della rodpsina al fotone è dell’ordine di un milionesimo di miliardesimo di secondo.,cioè vicino allo zero.
Se il tempo di risposta fosse uguale a zero di fronte a quale situazione ci troveremmo? E’ chiaro che non potremmo parlare di una reazione della sostanza biologica perché verrebbe a mancare il concetto di stimolo. Il rapporto stimolo reazione infatti prevede la sequenza azione reazione, prima l’azione e poi, anche in base ad intervalli piccolissimi, la reazione. Nel caso di una sincronicità cioè di contemporaneità fra stimolo e risposta verrebbe meno il concetto di causa ed effetto e ci troveremmo di fronte ad un parallelismo ed ad un dualismo psicofisico. E’ l’immagine delle rette parallele che non si incontrano mai. Dagli esperimento di Libet ( vedi Gazzaniga “Lamente inventata”) sappiamo che il cervello umano potrebbe essere in grado di retrodatare il proprio tempo di risposta sovrapponendolo esattamente a quello dello stimolo. Illusione od allucinazione di sincronicità? La mente umana potrebbe simulare una contemporaneità che non può esistere nello spazio tempo della realtà fisica.
Questa potrebbe essere la dinamica dell’”annullamento che cancellerebbe di fatto la realtà fisica dello stimolo sovrapponendogli un evento puramente mentale.Mi fermo qui.
copyright domenico fargnoli
Alogon
Inviato il: 12 Oct 2010, 10:23 AM
Propongo un ulteriore serie di considerazioni.
Vorrei partire dall’ipotesi che realtà biologica e realtà fisica siano grandezze fra loro incommensurabili. Ciò vuol dire che non potremmo mai trovare una serie di numeri interi, cioè razionali che possano esprimere il loro rapporto. La ricerca del tempo esatto di reazione della retina, ammesso che sia possibile inividuarlo senza approssimazione, potrebbe essere un esercizio inutile.
Come ha mostrato Ilia Prigogine le strutture biologiche vanno incontro a modificazioni irreversibili che ne modificano nel tempo le proprietà e quindi anche la capacità di reazione. La reattività del feto è ben diversa da quella del neonato e quest’ultima è diversa da quella dell’adulto e dell’anziano.
Inoltre le reazioni biologiche che sostengono l’attività cerebrale, la interconnessione fra neuroni, dato il loro numero e quello delle sinapsi, sono di un ordine pressochè infinito. Ed ogni neurone si comporta in modo diverso da un altro.
Per cui partendo da una serie di stimoli noti sarà pressochè impossibile determinare l’esatta reazione ad essi anche presupponendo una precisa corrispondenza , (ammesso ma non concesso) fra psiche e complessa architettura anatomo funsionale delle reti neurali.
La modificazione dell’orientamento spaziale della rodopsina ( il passaggio da cis a trans) da parte di un fotone è solo il punto di partenza di una serie infinita di stimoli risposta che rende il rapporto fra realtà fisica e realtà psichica “ irrazionale” vale a dire non calcolabile . L’irrazionale è stato considerato una successione infinita ed inattingibile di numeri.
Mi fermo di nuovo.
copyright domenico fargnoli
Alogon
Inviato il: 13 Oct 2010, 09:01 AM
Sul nuovo numero della rivista “il sogno della farfalla” (L’asino d’oro editore) in uscita nelle librerie il 21 ottobre un articolo di M.G. Gatti e Domenico Fargnoli . << Più grande del cielo, più profondo del mare -Dagli spiriti animali alla vitalità umana>
Abstract
L’”Emergentismo” è un paradigma scientifico che non risolve i problemi del dualismo cartesiano fra mente e corpo: è necessaria una nuova definizione di “vitalità”.Cartesio ha compiuto un passo decisivo verso la laicizzazione del concetto di anima proponendo una visione dualistica già presente in altra forma in Platone e nella tradizione cristiana Nell’ambito della filosofia naturale del Settecento si determinò una reazione alla Meccanicismo cartesiano. I medici cominciano a cercare, nella materia vivente una “forza vitale” analoga alla forza di attrazione newtoniana. Il Vitalismo settecentesco fu improntato ad un pessimismo biologico. Il Vitalismo, attraverso le trasformazioni che subisce nell’Ottocento si affaccia nelle ideologie dei primi decenni del Novecento e nel pessimismo biologico freudiano.
La seconda metà del Novecento è stata caratterizzata da nuove conoscenze nel campo dell’embriologia umana.
Gli studi embriologici fatti in base all’individuazione di fattori epigenetici ed evoluzionistici consente una comprensione nuova del processo della nascita.
La teoria di Massimo Fagioli ha dato un contributo essenziale allo studio della vitalità umana a partire dalla situazione intrauterina. E’ possibile una nuova lettura dei fenomeni biologici: la fisica del non equilibrio e delle strutture dissipative dei sistemi termodinamicamente aperti ci consente di comprendere i processi morfogenetici embrionali e più in generale di autoorganizzazione della materia organica.
copyright domenico fargnoli
fiore
Inviato il: 15 Oct 2010, 08:38 PM
Oggi è arrivata la rivista con l’articolo.
Alogon
Inviato il: 17 Oct 2010, 05:35 PM
Grazie al lavoro di Lorenzo Frusteri abbiamo la traduzione dell’interessante articolo sugli stati quantici e coscienza
The ‘hard problem’ and the quantum physicists. Part 2: Modern times
C.U.M. Smith, a,
Roger Penrose, Stuart Hameroff, microtubules and Orch-OR
nel 1989 Roger Penrose pubblicò il suo famoso libro “la nuova mente dell’imperatore”, e nel 1994 proseguì con “ombre della mente”. In entrambi questi libri cercava di dimostrare che la mente umana era incommensurabile con la classica fisica newtoniana e con l’intelligenza artificiale. Nel 1991 Stuart Hameroff, un anestesista che lavorava presso l’Università dell’Arizona, lesse “la nuova mente dell’imperatore” e si rese conto che le idee di Penrose completavano la sua personale, lunghissima ricerca sui microtubuli. Hameroff e Penrose decisero di collaborare per sviluppare una teoria quantica sulla coscienza. Battezzarono questa teoria “Orchestrated Objective Reduction (Orch-OR). Che cosa significa? Prima vediamo di chiarire la “riduzione oggettiva” (OR). Si ricorderà che la classica teoria dei quanti degli anni venti implicava che la natura, a livello Quantico, fosse indeterminata: consisteva in una sovrapposizione di stati (funzioni-onda), finché un’osservazione (esterna) non causasse il collasso, o la riduzione, in uno od altri di questi stati. Questo ha sempre rappresentato un problema: sembra suggerire che il mondo della natura non possa esistere senza un osservatore. Penrose, tuttavia, suggerisce un’alternativa: la riduzione oggettiva. In questa teoria ciascuna delle funzioni-onda sovrapposte, ha la sua propria geometria spazio-tempo, e quando questa geometria diverge fino ad un punto critico (connesso alla gravità quantica), si deve verificare un collasso in uno od altri stati. In contrasto con una “riduzione soggettiva”, Penrose chiamò questa “riduzione oggettiva”.
Che legame c’è con la coscienza? Qui entra in gioco il lavoro di Hameroff sui microtubuli. ([Hameroff and Watt, 1982] and [Hameroff, 1987]). Dove, nel cervello, potrebbe verificarsi una riduzione oggettiva di stati quantici sovrapposti? Questi stati dovrebbero rimanere isolati dall’osservazione e dai legami ambientali, abbastanza a lungo per far sì che le loro geometrie spazio-tempo divergano fino al punto della riduzione oggettiva. Senza una adeguata protezione dall’ambiente caldo ed umido del cervello, ogni effetto quantico si perderebbe rapidamente nei movimenti casuali di questo ambiente. Inoltre, per avere effetto sul cervello, singole fluttuazioni quantiche dovrebbero essere moltiplicate enormemente da qualche forma di coerenza. Tali stati di coerenza, naturalmente, sono ben noti ai fisici come Condensati di Bose-Einstein, e si manifestano nel grande mondo con i fenomeni delle superfluidità e superconduttività. Ma questi condensati, in cui lo stato Quantico di grandi quantità di particelle si fonde in “lock step”, si trovano normalmente solo in condizioni estreme od a temperature vicine allo zero assoluto, dove anche le influenze esterne sono quasi ridotte allo zero. Dove, nel cervello, si potrebbero ottenere tali condizioni? Hameroff, che aveva lavorato sui microtubuli per almeno vent’anni prima di leggere Penrose, suggerì che questi potessero costituire il luogo tanto ricercato. La teoria Penrose-Hameroff pertanto suggerisce che le sovrapposizioni quantiche nei microtubuli sono orchestrate (armonizzate) in modo tale che possono avvenire riduzioni oggettive su scala macroscopica (ma pur sempre da microscopio elettronico). Da qui il nome della teoria “Orchestrated Objective Reduction”.
Ammettendo, per il momento, che questa teoria abbia un senso fisico e biologico, come risolve il “grave problema”? la risposta a questa domanda riguarda la convinzione di Penrose che il pensiero cosciente non può essere imitato da una macchina, che cioè, in altre parole, è “incalcolabile”. Le neuroscienze del cervello del ventesimo e ventunesimo secolo, rientrano appieno entro i paradigmi prospettati da Newton e dai suoi successori, e perciò descrivono un sistema che, sebbene complesso, è in definitiva ed in linea di principio suscettibile di essere calcolato. Penrose crede che l’intuizione matematica umana sfugga a questa possibilità. È pertanto impossibile costruire un computer analogo. Questa convinzione è connessa ai teoremi dell’incompletezza di Gödel ed al lavoro di Turin sui numeri calcolabili e sull’impossibilità di una macchina di calcolo universale, conosciuta anche come “il problema” (Turing, 1936). L’auto-collasso di uno stato quantico è nella sua essenza imprevedibile e perciò incalcolabile. In questo rispecchia la non calcolabilità della coscienza (Penrose, 1994, p. 356). Per questo, secondo Penrose, strumenti capaci di moltiplicare questo collasso sono buoni candidati per essere le basi fisiche della coscienza.
Questo è naturalmente un approccio fisico-matematico alla coscienza, e non è appropriato qui entrare nei dettagli della gravità quantica e del calcolo quantico. Tuttavia merita notare che c’è stata una grande controversia circa la possibilità fisica della teoria di Penrose-Hameroff. L’astrofisico Max Tegmark ha pubblicato una critica particolarmente forte in Physical Review (Tegmark, 2000; see also Seife, 2000). La sua analisi matematica ha concluso che le sovrapposizioni di quanti abbracciano molti dimeri di tubulina, con ordini di grandezza decine e decine di volte minori rispetto alla scala dei classici fenomeno neurofisiologici come i potenziali d’azione. L’analisi di Tegmark non è rimasta senza risposta. Hagan, Hameroff and Tuszynski (2002) hanno criticato alcune delle assunzioni di Tegmark e Tegmark ha risposto a queste critiche (Tegmark, 2002).
Lasciando i fisici al loro dibattito sulla fisica quantica, esaminiamo le implicazioni neurobiologiche. La teoria propone che gli eventi Orch-OR avvengano all’interno dei microtubuli. Si ricorda che i microtubuli sono parte, insieme ai microfilamenti ed ai filamenti intermedi, del citoscheletro di un neurone. I microtubuli sono costituiti da una proteina chiamata tubulina, che a sua volta è costituita da sub unità globulari. Queste sub unità sono di due tipi, alfa e beta-tubulina. Nei microfilamenti, si associano per formare dimeri, e questi, poi, si uniscono per le estremità a formare “proto filamenti”. 13 di questi microfilamenti si allineano in parallelo ed in circolo per formare un tubo cavo, del diametro di circa 24 nm e della lunghezza di circa 200 µm.
Ciascun dimero di tubulina può esistere in due conformazioni, e si ritiene che la transizione dall’una all’altra, sia controllata da un elettrone posizionato al centro, che può spostarsi da una posizione all’altra (Hameroff and Watt, 1982). Chiaramente, siamo qui al livello in cui entra in gioco la fisica quantica, e la teoria di Penrose-Hameroff suggerisce che sia una magnificazione da questo livello attraverso le complessità della struttura del cervello, ciò che unisce coscienza e comportamento.
Si ipotizza che la coerenza quantica si accumuli lungo i microtubuli fino a raggiungere un punto critico, in cui avviene la OR. In che modo questa coerenza è protetta dall’ambiente caldo ed umido intracellulare? Hameroff suggerisce varie possibilità, che includono strati strutturati di molecole d’acqua sia dentro che fuori del microtubulo(Hameroff and Penfield, 1996). Un’altra possibilità è costituita da trasformazioni sol-gel del citoplasma circostante. Una copertura di gel dei microtubuli dovrebbe, secondo Hameroff, fornire un meccanismo di isolamento quantico ideale. Nel loro articolo del 1996 Hameroff e Penrose tirarono fuori delle cifre sulla Orch-OR nei microtubuli. I loro calcoli suggeriscono che circa 109 subunità di tubulina in coerenza Bose-Einstein, impiegherebbero circa 500 ms per raggiungere la riduzione oggettiva. Dopo l’auto-collasso ricomincerebbe tutto di nuovo, crescendo ancora oltre 500 ms. alternativamente, per ottenere l’OR in 25 ms, e perciò rendere conto della oscillazione coerente di 40 Hz che, secondo alcuni è ritenuta essere correlata alla coscienza, circa 2 x 1010 tubuline dovrebbero essere chiamate in causa (Hagan, Hameroff and Tuszinsky, 2002). Secondo la teoria di Penrose-Hameroff un momento di “coscienza” avverrebbe ad ogni collasso della funzione-onda, cioè ad ogni OR.
Quanti microtubuli sarebbero coinvolti in questi casi di Orch-OR? Lo si calcola facilmente dal numero di sub unità richieste. Se ci sono circa 107 tubuline per neurone (Yu and Baas 1994) allora un condensato Bose-Einstein che si diffondesse attraverso circa 10° neuroni raggiungerebbe la OR in 500 ms. Per raggiungerla in 25 ms il condensato dovrebbe attraversare circa 20.000 cellule. In entrambi i casi queste sono stime approssimative. È improbabile che tutti i microtubuli di tutte le cellule siano coinvolti allo stesso momento. Se solo il 10% di tubuline è coinvolto, il sistema in questione potrebbe consistere di 1.000 cellule nel primo caso e 200.000 nel secondo.
In che modo il condensato può passare di neurone in neurone? Le distanze di 30-50 nm delle classiche sinapsi chimiche sembrerebbero troppo grandi per la diffusione quantica. Hameroff, tuttavia, indica le sinapsi elettriche, in cui le distanze intercellulari sono di molto minori, 3-5 nm, permettendo la possibilità di effetti tunnel quantici (Hameroff, 1998). In effetti, alcuni hanno osservato sistemi di sinapsi elettriche funzionare come “un grande neurone”. Bisogna anche notare (un punto che Hameroff non sottolinea) che i neuroni e le loro glia circostanti sono di solito connessi da giunzioni. Queste cifre sembrano coincidere con la neurofisiologia convenzionale. Abbiamo notato in precedenza che il lavoro di Benjamin Libet può essere interpretato nel senso di dimostrare che circa 500 ms sono necessari per richiamare un numero di cellule sufficiente a procurare la “adeguatezza neuronale” necessaria per supportare la coscienza, ed un tempo di decoerenza di 25 ms è adeguato alla oscillazione di 40 Hz che viene proposta come il legame che unisce insieme i sistemi neuronali per procurare una coscienza unitaria.
Rimane la questione più importante: perché la coscienza? Qualunque cosa si pensi della congettura di Penrose-Hameroff, e per molti neurobiologi essa sembra più il sogno di un fisico-matematico, che una cosa che possa accadere nei caldi, umidi, agitati e biochimicamente attivi elementi del citoscheletro, perché la OR dovrebbe essere associata a momenti di coscienza? A parte l’ equazione di Penrose della non computabilità della coscienza, non sembra esserci nessuna risposta ovvia. Ci sembra di essere in prossimità della fallacia del vecchio “post hoc ergo propter hoc”. Arriviamo finalmente alla plausibilità neurologica della congettura.
Come prima cosa, è importante chiarire che i microtubuli non sono confinati ai neuroni, ma costituiscono parte del citoscheletro di tutte le cellule eucariote, dalla amebe, per esempio, alle cellule del fegato umano. In effetti, Hameroff è pronto ad ammettere che momenti di “coscienza” possano essere comparsi nelle prime forme metazoe, dall’”esplosione” cambriana in poi. Secondo, i microtubuli si sono evoluti fino ad avere numerose importanti funzioni nelle cellule ed in quelle nervose in particolare. Sono molto lontani dall’essere quegli elementi strutturali statici che la loro definizione come parti del citoscheletro, e le prime rappresentazioni suggeriscono ( Bethe, 1898, Fig. 9). Sono profondamente coinvolti nel trasporto assoplasmatico, con vescicole attivate da kinesina e dineina che si muovono sia in senso anterogrado che retrogrado. Infine, ma non certo meno importante, i microtubuli sono in un continuo stato di sintesi ad una estremità, quella positiva, e di degradazione all’altra estremità, quella negativa. La microscopia ad alta definizione (AVEC-DIC) dimostra che i microtubuli sono il centro di uno sciame di attività (Weiss, 1986). I mitocondri si muovono a scatti su “binari” neuro tubulari in entrambe le direzioni lungo l’assone; corpi multi vescicolari e multi lamellari si muovono lungo i microtubuli verso il pericario; densi banchi di vescicole di trasporto si muovono a diverse velocità in direzione opposta, verso il bottone sinaptico ([Nogales, 2001] e [Smith, 2002]). Al neurobiologo molecolare i microtubuli sembrano molto diversi dalla struttura in cui Penrose e Hameroff immaginano che i condensati Bose-Einstein vadano verso la OR. Sebbene le recenti pubblicazioni (Hagan, Hameroff and Tuszynki, 2002), suggeriscano che il caso è ancora aperto, la rappresentazione dei microtubuli della congettura Orch-OR di Penrose-Hameroff sembra improbabile, sia dal punto di vista della fisica quantica che dal punto di vista della neurobiologia molecolare (v. anche la critica di Koch and Hepp, 2006). Ciononostante, l’idea generale potrebbe trovare validità nelle neuroscienze future. Come sottolinea Penrose, dalla sua prospettiva platonica, potrebbe essere che “l’attuale attraente immagine del cervello e della mente non sia altro che una mera ombra del più profondo livello dell’azione citoscheletrica – ed in questo livello più profondo dobbiamo cercare le basi fisiche della mente” (Penrose, 1994, p. 376).
Chi leggerà l’articolo della Gatti e mio noterà che anche noi, per una strada diversa siamo giunti all’idea dell’incalcolabilità del pensiero. Per noi ciò che non è calcolabile, cioè prevedibile è il pensiero inconscio.
Il pensiero cosciente nell’ottica di Penrose viene a coincidere con la razionalità?
Non a caso si usa sempre il binomio cosciente e razionale.
Se sì il pensiero “razionale incalcolabile” sarebbe una contraddizioni in termini in quanto “ratio” vuol dire “.misura”. Pensiero razionale è sinonimo di misurabilità e prevedibilità.
Quanto al fatto che le amebe abbiano una forma di coscienza…lasciamo perdere.
Ciò che va aggiunto è che Penrose propone una visione fortemente modificata della teoria dei quanti che per ciò che ne posso sapere è solo una sua congettura.
Secondo la teoria classica dei quanti di Bohr è l’osservatore che determina l’aspetto con cui vediamo la realtà. Non esistono proprietà oggettive od orchestrazioni oggettive : siamo noi a creare il mondo così come ci appare.
Questo è l’argomento che fu alla base della controversia con Einstein che proponeva che la realtà fisica ha proprietà indipendenti dall’ossevatore.
Ora se noi affermiamo che l’incontro con la retina del fotone, come afferma qualche sprovveduto, è un fenomeno quantico secondo la teoria classica quest’ultimo è legato alla presenza di un ossevatore.
Ci sarebbe qualcuno che osserva ancor prima che ci sia la capacità di vedere !!!
L’interesse di questo tipo di ricerche e discussioni è legato al tipo di aporie, di contraddizioni che possiamo rilevare che hanno la medesima struttura concettuale di quelle che riscontriamo nel lavoro clinico con i pazienti.
copyright domenico fargnoli
Alogon
Inviato il: 22 Oct 2010, 09:40 PM
Come è stato detto oggi alla presentazione di Left 2007 gli scienziati di Bologna hanno dichiarato di aver fatto un esperimento sull’ impatto di un fotone su di una proteina della retina: niente di più e niente di meno. Esattamente come avevamo già constatato.
copyright domenico fargnoli
fiore
Inviato il: 30 Oct 2010, 04:14 PM
In questo momento quello che stanno facendo Alogon e Maria Gabriella Gatti,se ho ben capito la ricerca fra psichiatria e neuroscienze della dimostrazione della “teoria della nascita “di Massimo Fagioli, e Fagioli stesso per una nuova identità della politica per una rinascita collettiva sulla base di un nuovo “amore” fra gli uomini (sto contemporaneamente seguendo il video della presentazione di Left 2007 da Bologna) siano di enorme importanza.Complimenti anche al suo staff di psichiatri che hanno questo modo particolare di parlare che cattura l’attenzione perchè viene da una profondità sana,e perciò buona, che affascina. Per chi lavora nelle istituzioni a vario titolo è molto duro portare avanti un discorso che contrasti i principi di ragione e religione .Spesso ci si comporta come viene consigliato dallo psichiatra ad Ida Dalser” nel film “Vincere”, ovvero non matteggiare in attesa che i tempi cambino,e non come sarebbe il nostro sentire. Per chi non vive sostenuto anche dalla vicinanza concreta di un gruppo come avviene per chi è nell’Analisi Collettiva o nei vari gruppi di cura e ricerca , che si affidano ai nuovi psichiatri,portatori di cura e umanità di valore,è un pò dura. Ritenete una grande fortuna avere queste possibilità nel luogo dove si vive o la massimo a pochi chilometri di distanza. Personalmente spero di avere ancora qualche possibilità senza troppi sensi di colpa..che mi auguro sia frutto di un momento di depressione,di crisi..dei cinquanta anni (è un pensiero nazista in questo caso quello dell’età? )
fiore
Inviato il: 5 Nov 2010, 09:16 PM
Questo che mi accingo a scrivere chiaramrnte non c’entra nulla con il tema di questa discussione. . Come avviene che entrano in SENZARAGIONE BOARD personaggi singolari,con nomi di discussioni altrettanto particolari (per dirla con garbo,senza offendere la “particolarità “di nessuno,ma che ,in ogni modo,irrompono con violenza in un sito,in una discussione in un’interazione con la quale non hanno niente a che vedere? E’ solo un fatto tecnico?
Alogon
Inviato il: 6 Nov 2010, 09:51 PM
spazzatura. Non sempre riesco a cancellarla. In questo momento ci sono 15 discussioni di questo tipo.
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fiore
Inviato il: 7 Nov 2010, 10:31 PM
Che fosse spazzatura era evidente.Il fatto che ce ne siano molti,come dici, è un vero e proprio attacco o ,in parole semplici un problema di “interferenze” di carattere tecnico ?Se ciò è possibile,chiaramente(non ho conoscenza dei problemi di rete).
Alogon
Inviato il: 8 Nov 2010, 10:24 AM
Onestamente non lo so. Non sempre ci sono comunque. Per il resto è il fastidio di cancellarli.
copyright domenico fargnoli
Alogon
Inviato il: 4 Dec 2010, 04:38 PM
La pedofilia ed il sacro
<< La storia dell’infanzia è un incubo dal quale solo recentemente abbiamo cominciato a svegliarsi>> Così si esprimeva lo storico Lloyd de Mause convinto del fatto che più indietro noi andiamo nella storia e più è probabile che ci imbattiamo in bambini uccisi, abbandonati, terrorizzati e sessualmente abusati.
Alcuni studi antropologici, come quello di Marvin Harris sembrerebbero avvalorare la tesi di de Mause . E’ verosimile infatti l’ipotesi che i nostri progenitori della preistoria siano stati “assassini nell’Eden” in quanto oltre gli aborti spontanei, la mortalità infantile, e l’allattamento prolungato l’unico modo per mantenere stazionaria la crescita della popolazione perchè fosse adeguata alle risorse ,era il sacrificio dei neonati . I grandi artisti del paleolitico sarebbero stati infanticidi per necessità di sopravvivenza. Non avevano scelta o la razionalità prendeva il sopravvento sulla dimensione affettiva della donna e del bambino?
Già Darwin aveva associato la comparsa dell’uomo nella scala evolutiva con il figlicidio.
<<I nostri primitivi antenati semi-umani non avrebbero praticato l’infanticidio(…) dato che l’stinto degli animali inferiori a noi non è mai giunto ad una perversione tale da distruggere regolarmente la propria prole>>
Le testimonianze del figlicidio in epoca preistorica non depongono a favore di una originaria natura perversa e violenta dell’essere umano come sembra suggerire Darwin e come successivamente sosterrà Freud.
Infatti la presenza di manufatti artistici ed opere parietali nelle grotte od en plein air come a Chauvet in Francia o a Foz Coa in Portogallo sono prove inconfutabili della presenza di un pensiero irrazionale agli albori della civiltà, non riconducibile alla logica dell’utile immediato e della sopravvivenza. Al contrario tale presenza è indicativa del fatto che la relazione madre bambino, peculiare dell’uomo, doveva avere elementi psichici ed affettivi intensi e prolungati nel tempo
Nei miti greci l’eroe ,a partire dalla sua nascita è minacciato di morte o di abbandono da parte del padre che non accetta l’identità irrazionale del bambino avendo annullato prima la donna : Edipo che pure riesce a sfuggire alla morte diventa come il padre.
Il parricidio sarebbe solo una reazione rispetto ad una tendenza più primitiva del figlicidio che Laio aveva cercato di mettere in atto.
Nel periodo della classicità greca l’abuso sessuale, da parte di insegnanti e pedagoghi nella paideia filosofica era molto frequente e ed interessava, nonostate esistessero talvolta espliciti divieti come in Atene, anche soggetti al di sotto dei 10-11 anni .
Nel monoteismo ebraico il figlicidio è un atto fondante come nel caso dell’ingiunzione di Dio che ordinò ad Abramo di uccidere suo figlio Isacco.
Lo stesso Abramo abbandonò nel deserto il figlio avuto da un’altra donna.
Il sacrificio del figlio corrispondeva all’uccisione della propria realtà interna affettiva per sottometersi ad una dimensione astratta e trascendente.
La parola usata nel nuovo testamento per inferno è geena corruzione dell’espressione Ge-innom.
<<Innom è una valle esistente vicino a Gerusalemme, schernita dai profeti come il posto in cui si uccidevano i bambini. Geremeia (7,2) la chiamò “La valle del massacro”>>
Nell’antichità per gli ebrei la sodomia nei confronti di un fanciullo sopra i 9 anni poteva essere punita con la morte per lapidazione mentre un atto simile rivolto ad uno di età inferiore non veniva neppure considerato un atto sessuale e punto solo con la frusta
Nell’età imperiale romana la prima età della vita era una terra desolata soggetta ad angherie e violenze di ogni genere. Sovente i bambini, denominati “voluptates” venivano castrati nella culla per essere destinati ai bordelli : . Il termine puer significava contemporaneamente bambino e schiavo.
Il cristiani dei primi secoli furono accusati di praticare l’infanticidio rituale: Tertulliano li difese attribuendo queste pratiche ai pagani. Durante l’epidemia che verso la metà del III secolo devastò l’Impero romano a Cartagine venivano sacrificati dei bambini per garantire loro la salvezza e sconfiggere la malattia.
Il dissoluto Eliogabalo, di origine siriana, cercò di introdurre a Roma l’infanticidio sacrificale dei figli dell’aristocrazia romana .
Il cristianesimo, in seguito, riprendendo il dettato evangelico, da una parte ci tramanderà l’idea di un’infanzia come età dell’innocenza e dell’ignoranza totale della sessualità, dall’altra svilupperà parallelamente una visione negativa della fanciullezza come debolezza ed errore nei confronti dei quali i grandi non si mostravano particolarmente sensibili od empatici. Aristotele era stato antesignano di una concezione etico negativa del bambino che si imporrà con S.Agostino e successivamente con la scolastica: il filosofo considerava la prima età incompiuta ed infelice, in quanto incapace di scelte deliberate per un difetto di razionalità.
Bisogna tenere presente che Il sentimento dell’infanzia, come ha sostenuto lo storico Lucien Ariès , cioè la coscienza di particolari caratteristiche infantili che distinguono il bambino dall’adulto si è affermata lentamente nella storia .
Essa, per fare un esempio sembrava non esistesse nella fantasia mitologica dei Greci che avevano creato figure di neonati che non sono infanti perché parlano subito dopo la nascita come adulti .
Nel primo medioevo i bambini piccolissimi non contavano nulla: in caso di morte precoce venivano seppelliti sulla soglia di casa come gli animali domestici.
In questa usanza c’è una reminiscenza di primitivi sacrifici di fondazione che prevedevano la muratura di neonati e bambini nella struttura delle costruzioni secondo quanto leggiamo nella Bibbia .
L’altissimo tasso di mortalità neonatale determinava spesso una sorta di distacco emotivo preventivo da parte dei genitori ed una volta che il bambino fosse cresciuto esso si confondeva, come conferma l’iconografia del primo medioevo, con il mondo adulto .
Un sentimento diverso dell’infanzia si sarebbe imposto progressivamente nella storia, lungo tappe ricostruibili attraverso l’iconografia, dal Rinascimento alla pedagogia di Rousseau ed alla grande rivoluzione demografica del XIX sec che segna il sorgere di una nuova struttura familiare che esalta l’intimità ed il contatto emotivo fra genitori e figli.
Leggendo le cronache dei giornali sembrerebbe che il passato cruento fatto di violenza e di abusi, a cui abbiamo accennato, sia ancora attuale se è vero che in un paese che si ritiene progredito come gli USA la percentuale di pedofili fra i religiosi è dalle 20 alle 200 volte maggiore rispetto alla percentuale di pedofili fra le persone comuni .
Ciò avviene all’interno di un’istituzione che almeno a parole difende per antonomasia la vita e promuove il rispetto dei più deboli. In Italia secondo le percentuali rese note dall’arcivescovo Tomasi e considerando che ci sono circa 35.000 sacerdoti diocesani, potrebbero esserci tra i 500 e i 1750 sacerdoti coinvolti in casi di pedofilia. Bisogna tenere conto del fatto che da noi l’infanzia è troppo poco tutelata, rispetto agli altri Paesi, e le autorità sembrano preferire non affrontare il problema piuttosto che scontentare la Chiesa cattolica: il problema è comunque gravissimo ed è quindi perfettamente legittimo, come fa Federico Tulli, interrogarsi sul perchè di questa correlazione fra istituzione ed ideologia cattolica ed il fenomeno della pedofilia.
Nel suo libro I papi ed il sesso Eric Frattini, intervistato peraltro da Tulli nel suo volume, riporta ben 17 papi pedofili a partire da S.Damaso nel IV sec. d.C fino Giulio III che muore nel 1555 . Più che impegnarsi in processi retrattivi vale la pena indagare quale sia il pensiero che sottostà al crimine della pedofilia La violenza contro i bambini, un tempo normale in alcune culture e società, è oggi considerata un fenomeno psicopatologico e criminale. Esso si manifesta con particolare frequenza all’interno un’ideologia che esalta il controllo razionale del comportamento a scapito dell’affettività. Il teologo Kunz ha sostenuto che un fattore predisponente alla pedofilia è il celibato ecclesiastico. Il celibato si è imposto , dopo infinite peripezie durate un millennio, fino a diventare materia di fede vincolante con il concilio di Trento che si concluse nel 1563.
Il Concilio si svolse per la maggior parte sotto il pontificato di Paolo IV che si distinse per la lotta contro la libertò sessuale e l’omosessualità: i sacerdoti e le suore colpevoli di violare il celibato potevano essere trattati come eretici In realtà i religiosi raramente venivano puniti: durante questo periodo l’Inquisizione che vigilava sulla morale stabilì che se un religioso violentava una donna che fosse svenuta o caduta in stato di incoscienza per qualunque motivo durante la confessione ,tecnicamente, non aveva avuto rapporti con lei, in quanto non sollecitato a farlo e pertanto non era punibile. Lo stesso papa Paolo IV fece firmare ai cosidetti confessori flagellanti che facevano spogliare le donne più giovani per frustarle sulle natiche un documento in cui si dichiarava che tale pratica non provocava in loro nessuna eccitazione sessuale. Tutti firmarono.
A Paolo IV, del cui cadavere il popolo si voleva impossessare per farne scempio, succedette nel 1559 Pio IV che confermò i decreti conciliari con la bolla Benedictus Deus del 1564 che affermava il celibato sacerdotale in quanto ,parole testuali
<< garantiva la leatà del clero, salvaguardando così la ricchezza della chiesa>>
Si direbbe oggi un occhio a Dio ed uno alla banca del Vaticano. Si ribadiva che la verginità ed il celibato erano superiori al matrimonio in quanto condizione ideale per tendere alla perfezione.L’inottemperanza di questa norma era considerata eresia .
Nel periodo della Controriforma viene riproposta con rinnovato vigore, la predicazione di S. Paolo e dei Padri della Chiesa, la filosofia di S.Agostino che avevano demonizzato la figura di Eva e quindi la donna come personificazione della concupiscenza e del pecccato. Parallelamente la devozione a Maria aveva creato un ideale femminile disincarnato ed asessuato. Il culto di Maria arrivò all’assurdo di contemplare la doppia verginità non solo ante cioè prima del parto ma anche post cioè dopo di esso..
Quanto alle giustificazioni teologiche del celibato dei preti è chiaro il riferimento all’Eros platonico.
Il celibato, o la verginità, come ideale di vita, imporrebbe una sorta di sublimazione per cui le energie della sessualità verrebbero deviate dal loro scopo per essere indirizzate a fini di elevazione spirituale. Va chiarito che l’Eros platonico era sempre in lotta contro il sentimento di un vuoto incolmabile. Il rischio sarebbe stato che assecondando la parte desiderante dell’anima e le passioni, come anche con la ricerca dei piaceri sensuali noi ci trasformiamo in bestie condannate ad un rapido deperimento.
Il desiderio ci farebbe sporgere sull’abisso del nulla in un movimento incessante di scarica e riempimento senza fine. L’unico modo per guarire dal desiderio che poi non è in questo caso desiderio, ma solo bramosia cieca è l’eliminazione del desiderio medesimo: la sublimazione, cioè l’astinenza è in realtà una desesualizzazione ed il suo ideale è l’anaffettività. Il celibato dei sacerdoti , con le sue componenti implicite di castità ed astinenza, tende a perseguire l’insensibilità e l’annullamento del corpo attraverso l’eradicazione delle passioni e degli affettii. Non dimentichiamo i santi e le sante che nei secoli attraverso le pratiche di mortificazione hanno spesso perseguito volontariamente l’obiettivo dell’impotenza e della frigidità.
Giovanni Paolo II, nel luglio 1993 ha dichiarato, ritornando sul dettato del concilio di Trento che “il celibato non è essenziale al sacerdozio e non fu promulgato come una legge, da parte di Cristo”, ma bloccò le richieste di dispense e si mostrò duro verso chi lasciava il sacerdozio.
Il vero problema non è attualmente il matrimonio ma le condotte perverse e criminali del clero diffuse su scala planetaria e non più occultabili.
La pedofilia è l’esito estremo di un processo di annullamento della sessualità potenziato da strategie educative : esso tende a creare una desertificazione affettiva . Tutto ciò che è spontaneo ed immediato e quindi potenzialmente esposto al rischio dell’insorgenza del desiderio, viene sottoposto al controllo ed al vaglio preliminare della ragione. Il risultato può essere una sorta di manierismo, di artificiosità, di distanza più o meno grande dagli altri spesso compensata dalla formazione reattiva dell’apparente bontà, carità e altruismo e dalle finalità sociali ed umanitarie.
L’immagine pubblica spesso contraddice la sfera privata: più la prima si accresce più la seconda è suscettibile di depauperarsi. Il pedofilo è un grave malato mentale, nonostante ciò che afferma nel DMS-IV la psichiatria americana.
Il bambino rappresenta quella immediatezza, spontaneità, vitalità che il pedofilo ha irrimediabilmente perduto per vicende personali.
Giustamente è scritto nel libro di Tulli che l’abuso sessuale su di un minore è un “omicidio psichico”: non ha niente di sessuale in quanto è un’azione, una pulsione se volgiamo usare una terminologia psichiatrica che va contro la potenzialità psichica ed evolutiva del bambino . Ciò che però è caratteristico del comportamento pedofilo è il suo essere sottoposto ad un controllo razionale: se la pulsione omicida, compulsiva e ripetitiva, rappresenta l’aspetto psicopatologico della pedofilia il controllo razionale gli conferisce una qualità criminale. Infatti quest’ultimo consente fino ad un certo punto l’evitamento delle conseguenze penali oltre che l’utilizzazione di sofisticate strategie di scelta e di avvicinamento delle vittime.
Tradito da una figura importante di riferimento il minore può andare incontro ad uno stato dissociativo, ad una grave depressione reattiva , a sensi di colpa intensi che minano il senso della propria identità.
Nel caso che le vittime siano soggetti prepuberi ciò che si va a colpire è la possibilità del rapporto uomo donna. Qualcosa di analogo accadeva nella relazione fra maestro ed allievo nell’antica grecia: la relazione omosessuale era imposta in un momento critico della vita del fanciullo quando la maturazione del corpo fondendosi con la realtà mentale poteva far emergere il desiderio verso la donna .
Certo è che le istituzioni ecclesiastiche non solo non sono state in grado di diagnosticare in partenza il problema della pedofilia ma addirittura lo ha derubricato a delitto contro la fede a cui parteciperebbe anche la stessa vittima. Nel caso della pedofilia è difficile capire come un fanciullo possa essere complice di una violenza che subisce salvo non ipotizzare come Freud che i bambini sono polimorfi perversi. Secondo Michel Foucault e Cohn Bendit il bambino è addirittura lui l’istigatore od il “sollecitatore”. Qui si coglie bene il processo di colpevolizzazione della vittima che viene ritenuta corresponsabile per attenuare la gravità del gesto dell’adulto
Il documento Crimen sollecitationis approvato a suo tempo dal papa Giovanni XXIII nel 1962 stabiliva che solo i tribunali ecclesiastici avevano competenza sui crimini sessuali dei preti fu mantenuto in vigore da Ratzinger nel suo De delictis gravioribus del 2001 quando era a capo della Congregazione della fede.
Quest’ultimo documento proibiva , pena la scomunica la denuncia da parte delle vittime e conteneva la dizione secondo la quale il delitto di sollecitazione si sarebbe compiuto non contro il minore ma con la sua complicità. Ciò che colpisce è la fatuità, la superficialità con cui la questione è stata affrontata dalla autorità ecclesiastiche con un assoluto disprezzo per le conseguenze sulle persone. Le scuse e l’interesse mostrato recentemente per le vittime è piuttosto tardivo. Ciò che non tutti sanno è che il problema della sollecitatio ad turpia, dell’istigazione a commettere atti sessuali, si inserisce nel tradizione stessa del sacramento della confessione e compare per es. nelle prediche del Savonarola.
Il problema giunse al suo culmine proprio nel periodo del concilio di Trento quando furono introdotti i confessionali chiusi e si affermò la tendenza, in seguito contrastata con grande difficoltà,, dei confessori ad assolvere colui che veniva considerato un complice se non istigatore di un atto sessuale: essendo il sacramento valido anche se somministrato da mani impure il peccato veniva estinto e non c’era obbligo di confessarlo di nuovo o di denunciarlo. Tale procedura fu condannata con la pena della scomunica latae sententiae esplicitamente introdotta da Benedetto XIV solo nel 1741.
Ciò che stupisce e che non viene mai sottolineato è che le violenze contro i minori nella Chiesa siano stati regolamentati in base ad un decreto che considera il crimine più grave quello compiuto contro il sacramento della confessione e non quello contro la persona. Il cedere alla cosidetta tentazione della carne violentando una donna o all’impulso omiosessuale verso un adolescente era ritenuto quasi inevitabile, data la debolezza degli uomini, mentre la violazione da parte del sacerdote del setting del confessionale ( un vero e proprio setting psicoanalitico antelitteram con tanto di esclusione reciproca dello sguardo) era un’eresia,
Come ha scritto a suo tempo lo storico Charles Henry Lea:
<< Il confessore poteva abbandonarsi a qualunque bassezza, purchè avesse la cura di procurare che non si potesse provare come il sacramento fosse stato lo strumento diretto della seduzione>>
Secondo Lea la sollecitazione è un delitto puramente tecnico, fondato su di una presunta miscredenza riguardo al sacramento e perfettamente staccato dalla morale . La violazione più grave riguarda il modo con cui il sacramento viene utilizzato dal prete che non dovrebbe introdurre finalità improprie nel fare da intermediario fra Dio ed il penitente. Con il Crimen sollecitationis, e questa è una novità rispetto al passato, il siglllo sacramentale viene esteso impropriamente all’esterno della confessione vera e propria con l’obbligazione del segreto più assoluto sia dei preti che delle vittime, pena la scomunica. Il testo del Crimen afferma
“Il crimine di sollecitazione avviene quando un prete tenta un penitente, chiunque esso sia, nell’atto della confessione, sia prima che immediatamente dopo, sia nello svolgersi della confessione che col solo pretesto della confessione, sia che avvenga al di fuori del momento della confessione nel confessionale, che in altro posto solitamente utilizzato per l’ascolto delle confessioni o in un posto usato per simulare l’intento di ascoltare una confessione.” Insomma, praticamente sempre .
« Nello svolgere questi processi [contro i pedofili] si deve avere maggior cura e attenzione che si svolgano con la massima riservatezza e, una volta giunti a sentenza e poste in esecuzione le decisioni del tribunale, su di essi si mantenga perpetuo riserbo>>
(Crimen sollicitationis, § 11).
E’ importante sottolineare che il Crimen Sollecitationis come anche il De delictis gravioribus si focalizza sulla violazione del sacramento della confessione e sullo scandalo che ne deriva. Si passa a considerare non tanto la confessione come evento che si svolge in un tempo ed in luogo definito, come accadeva dopo il concilio di Trento con l’introduzione dei confessionali chiusi, ma l’atteggiamento confessionale del prete in toto che consiste in quell’insieme di strategie attraverso le quali egli esercita la sua autorità sacerdotale ed entra tramite essa in intimità con la vittima. Su quanto è intercorso fra il prete ed il ragazzo grava il segreto così che quest’ultimo subisce due volte la violenza venendo considerato corresponsabile e complice.
La pedofilia viene vista attraverso la lente deformante del sacro.
Ma cos’è il sacro?
Possiamo riprendere l’idea che il sacro, il trascendente nel Cristianesimo potrebbe essersi costituito come totale alienazione ed estraneazione da sè di ciò che è specifico della realtà umana cioè il pensiero irrazionale.
Il sacro sarebbe l’esperienza di un’alterità radicale, il cosidetto Ganz anderes, che può sconvolgere cioè determinare la perdita di ciò che fa dell’uomo l’uomo.
Verrebbe spontaneo considerare la violenza contro il bambino da parte dei preti pedofili come una deformazione patologica di un rituale sacrificale .
Nel tentativo di rapportarsi al sacro il prete corre il rischio di perdere la sua identità e annullare la propria dimensione umana e affettiva fino al punto di divenire l’esecutore di una violenza soprattutto psichica che viene rivolta contro l’infanzia. Bisogna ricordare quanto scriveva Ernesto De Martino:
<<La ricostruzione del processo ierogenetico comporta(…) una precisa analisi del rischio di non esserci nella storia durante i momenti critici ricorrenti di un determinato regime di esistenza: ora i modi della perdita della presenza, e le diverse inautenticità esistenziali che si collegano, possono essere analizzati soltanto mediante l’utilizzazione dei dati della psicopatologia. La dualità o la pluralità delle esistenze psicologiche simultanee o successive, l’esperienza di deflusso della presenza nel mondo o di irruzione del mondo nella presenza. il sentirsi “agiti da” , la perdita di possesso delle proprie rappresentazioni e del senso del reale , la mostruosa colpa immotivata della colpa melanconica ed il terrore dell’azione, la ebetudine stuporosa e la scarica incontrollata di impulsi, la risposta speculare agli eventi del mondo nella ecolalia e nella ecoprassia ,la eccitazione manica e la accelarazione incoercibile dei processi vitali, ed infine la assenza completa della presenza e la scarica meccanica di energia psichica nel “morbo sacro” costituiscono manifestazioni di crisi in atto che entrano come rischio nella dinamica della ierogenesi, fornendo materia su cui si modellano le tecniche religiose di destorificazione e reintegrazione>>
Al lungo elenco di DeMartino andrebbe aggiunta la pedofilia come uno specifico modo con cui si risolve nella psicopatologia la “crisi della presenza” vale a dire la crisi di identità che è insita nel processo ierogenetico cioè nel rapporto con il sacro.
Mentre la pedofilia, la pederastia e l’infanticido nell’antica Grecia o durante l’impero romano era una condotta socialmente accettata e condivisa il prete pedofilo compie un gesto che attualmente è destoricizzato, avrebbe detto sempre Ernesto de Martino , in quanto condannato dalla legge e dalla mentalità comune.
La pedofilia nel momento in cui si lega alla realtà del sacro, sarebbe la testimonianza di una crisi della presenza, dell’identità che non riesce a risolversi attraverso la dinamica della “tecnica rituale” il cui compito è quello di fornire una configurazione simbolica ai contenuti psichici alienati . Il risultato è una ripetitività incontrollata di impulsi, in cui si manifesta l’aspetto violento e terrificante del sacro , che viene direttamente agita contro soggetti inermi.
La strategia della chiesa nei confronti della pedofilia è sempre stata quella di evitare lo scandalo e proteggere il confessore che anche durante il periodo dell’Inquisizione raramente incorreva in pene gravi pur di fronte ad eclatanti violazioni: I preti, in virtà di un privilegio di casta, non subivano la tortura e la carcerazione preventiva e nel caso di autoaacusa spontanea le pene era ancora più lievi e niente affatto commisurate alla gravità ed alla reiterazione delle condotte.
La strategia attuale e recentissima, delle autorità ecclesiastiche di denuncia ed intransigenza è solo il frutto di un necessario adeguamento alle mutate circostanze dato che il problema è esploso a livello mondiale e non è più occultabile..
Ai tempi del concilio di Trento ciò che preoccupava le gerarchie era il matrimonio ed concubinaggio diffuso dei preti: la pedofilia esisteva probabilmente più di oggi ma non veniva presa in considerazione perchè si riteneva un pericolo ben maggiore il rapporto con le donne per l’equilibrio istituzionale della chiesa. Nel decreto Taxa camerae del 1517 promulgato da Leone X, che fu ritratto da Raffaello Sanzio,si legge
<<Se l’ecclesiastico, oltre al peccato di fornicazione chiedesse d’essere assolto dal peccato contro natura o di bestialità, dovrà pagare 219 libbre, 15 soldi. Ma se avesse commesso peccato contro natura con bambini o bestie e non con una donna, pagherà solamente 131 libbre, 15 soldi.>>
In un trattato a favore del celibato De sacerdotum coelibatu doctrina edito a Varsavia nel 1801 si legge che il matrimonio del prete è incestuoso e che un tale adulterio è assai peggiore della semplice licenza, giacchè quest’ultima non è altro che una caduta della carne, mentre il matrimonio equivale ad uno scisma, ad un arrogante disobbedienza, implicante un peccato immensamente più grave .
Bisogna inoltre tenere presente che nel pensiero del Cristianesimo predomina il genere maschile: Dio padre è un uomo che genera prima di Eva Adamo anch’esso un uomo e si incarna in un figlio maschio che sceglie dodici apostoli tutti uomini: secondo Paolo di Tarso le donne non dovevano nè insegnare nè parlare nelle assemblee. Il cristianesimo dei primi secoli fu impegnato nell’operazione di assorbire la filosofia platonica nella propria teologia, grazie soprattutto ai Padri della Chiesa ed a a Origene. Platone notoriamente non amava molto il genere femminile ed Origene si evirò: la dottrina cristiana relegava le donne a ruolo di madre e moglie. L’unica emancipazione loro consentita era un percorso virginale, che le rendeva simili a Maria ma che comunque le escludeva dal sacerdozio. La sessualità ed il peccato era considerato donna come Eva e sono noti gli sforzi di S.Agostino per poterne venire a capo.
Il concilio di Trento confermando la supremazia del celibato e della verginità come ideali cristiani cercò, con esiti più che discutibili, di ripristinare l’ascetismo delle origini ed accentuò il carattere maschile dell’ istituzione Chiesa rendendo , se possibile, ancora più distante ed astratta l’immagine femminile. Oggi la pedofilia nella chiesa viene denunciata dall’opinione pubblica e dai media perchè è cambiato ulteriormente quello che lo storico Lucien Ariès ha chiamato il sentimento dell’infanzia, la consapevolezza dei diritti e delle prerogative, sia psicologiche che fisiche, di questa età della vita.
copyright domenico fargnoli
abc
Inviato il: 6 Dec 2010, 01:03 PM
L’argomento affrontato, profondo e molto interessante, mi fa comprendere come alcune forme di malattia e devianza nascano dall’ambiente sociale in cui si vive e si opera, il quale a sua volta è influenzato da un pensiero religioso e razionale incancrenitosi nel corso della storia.
Penso che la stessa immagine femminile abbia subito le stesse sorti di quella del bambino, donde le conseguenze che ancora oggi paghiamo, soprattutto in un Paese come l’Italia, governato dal Vaticano e da una visione nazista della persona. un Paese dominato dall’incoerenza, dove la tecnologia ci fa credere di essere evoluti, mentre si continua ad annullare e negare la sessualità, ma, prima ancora, l’inconscio…
Alogon
Inviato il: 8 Dec 2010, 10:12 AM
<<Nel Paleolitico infatti la popolazione della terra contava soltanto dieci milioni di uomini. Essi occupavano le zone calde e centrali del globo. Avevano a disposizione risorse inesauribili di selvaggina e spazi immensi. Non c’era necessità di aggredire o di tramare. L’equilibrio fra popolazione e mezzi di sostentamento aveva la sua giusta distribuzione. Il gruppo di base era formato da 25 persone, un numero ottimale. Essi vivevano su 40 chilometri quadrati di territorio: un’unità del tutto praticabile, percorribile e controllabile. Anche le nascite seguivano un corso equilibrato, come se ci fosse una sorta di computer naturale. Si generava un figlio ogni quattro anni, per dar tempo alla madre di allevarlo tenendolo al seno per tre anni data la mancanza di alternative alimentari. Nel periodo della fecondità le nascite erano quattro o cinque come massimo, ma solo la metà dei bambini raggiungeva l’età adulta. La popolazione rimaneva così costante, in una parità fra vita e morte. Se questo equilibrio era a rischio si ricorreva allora all’aborto o all’infanticidio (la metà dei decessi aveva come causa l’infanticidio). La norma era crudele, crudele come tutti i tabù che rappresentavano la legge della natura>>
http://www.cultura21.net/it/testi/sostenib…lo_sviluppo.pdf
A pare la mia fonte l’antropologo Richard Harris autore di “Cannibali e re” ho trovato il testo precedente che propongo a conferma dell’infanticidio nell’epoca preistorica. Inoltre
“L’uccisione dei neonati indesiderati – scrive Singer nel suo libro ‘Ripensare la vita’ – è stata prassi normale in moltissime società, in tutto il corso della preistoria e della storia. La troviamo per esempio nell’antica Grecia, dove i bambini handicappati venivano esposti sui pendii delle montagne. La troviamo in tribù nomadi, come quella dei Kung del deserto del Kalahari, dove le donne uccidono i bambini nati quando ci sia un figlio più grande non ancora in grado di camminare. L’infanticidio era prassi corrente anche su isole polinesiane come Tikopia, dove l’equilibrio tra risorse alimentari e popolazione veniva mantenuto soffocando i bambini indesiderati dopo la nascita. In Giappone, prima dell’occidentalizzazione, il ‘mabiki’, parola nata dalla prassi di sfoltire le piantine di riso per consentire a tutte quelle restanti di fiorire, ma che finì per indicare anche l’infanticidio, era ampiamente praticato non solo dai contadini, che potevano contare su modesti appezzamenti di terreno, ma anche dai benestanti”
http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1339690
copyright domenico fargnoli
Alogon
Inviato il: 8 Dec 2010, 03:13 PM
http://www.flickr.com/photos/senzaragione
A questo link immagini relative alla preistoria ed al sito en plein air di Foz Coa
in Portogallo
copyright domenico fargnoli
Alogon
Inviato il: 22 Dec 2010, 10:01 AM
segnalo la bellissima opera di Franca Marini “Pinocchio” visibile in questo sito alla sezione foto
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fiore
Inviato il: 22 Dec 2010, 05:19 PM
Complimenti per l’opera a Franca Marini. E’ mio piacere e interesse,guardare tutte le foto con più calma stasera..e rifletterci. Istintivamente,sapete quale è stata l’immagine richiamata nella mia mente suscitata dalla visione del poveo Pinocchio sdraiato su quel letto?…L’immagine del lettino dell’ultimo articolo di Simona Maggiorelli su Left dal titolo “La truffa sul lettino”. Però considerato che si notano elementi riconducibili alla città di Siena..quello che mi torna altrettanto in mente è quell’articolo sull’autore di Dylan Dog,il riconoscimento della salvezza fuori dal lettino e dagli elettro shock.Non mi riesce proprio vedere l’opera come una semplice scenografia,pur concedendomi che potrei esprimere osservazioni non pertinenti.Abbiamo ,comunque,un moderatore.
Alogon
Inviato il: 23 Dec 2010, 02:03 PM
iscrivetevi al forum di discussione sulla pedofilia di federico tulli presente su http://www.facebook.com/home.php?sk=group_175220712499921
copyright domenico fargnoli
abc *omonimia*
Inviato il: 29 Dec 2010, 07:39 PM
Bellissima l’opera di Franca Marini: in una prima immagine vedo Pinocchio sul lettino con la fata turchina ed il dottore-gufo. In quella che segue Pinocchio è a Siena, lì non è piu’ un burattino ma, bambino in carne ed ossa, cammina con le sue gambe e vive nel mondo. Penso che sia l’immagine della cura ed è bellissima…
fiore
Inviato il: 30 Dec 2010, 10:57 PM
Anche il 2010 ormai sta finendo e i miei ricordi vanno alla prima volta che ho varcato la soglia dello studio di Siena ,piegata dal dolore del mio stomaco che urlava al posto delle mie parole…chissà che fine avrei fatto se ,dopo essere stata sballottata a destra e sinistra e umiliata nella mia malattia,se non avessi incontrato Domenco. Non sono felice per la mia situazione attuale,vari fattori la condizionano,interni ed esterni,ma non posso negare la riconoscenza della cura che per diversi anni mi è stata data e per quel mondo fatto di affetti,passioni,conoscenze e speranza che mi ha aperto. In questo periodo storico difficile è un riferimento indispensabile per vivere..sapere che c’è del buono.Tante volte avrei voluto essere diversa,per soffrire di meno .ma andava contro a quello che ho appreso. Il coraggio spesso viene meno per la paura di non essere ancora a posto,di non saper sostenere mentalmente situazioni ;la violenza esterna (e quella interna?) non mi offrono spesso molte vie d’uscita,ma credo comunque di avere almeno uno straccio di sanità altrimenti non avrei nè resistito,nè essere quello che sono al momento. Comunque vorrei un futuro diverso e migliore soprattutto riguardo al mondo degli affetti ( e della salute)…un grazie ad Alogon e un buon anno nuovo….ci sarà da combattere..ma forse ,utopisticamente, voglio riportare alcune frasi di una canzone di E.Finardi che ho ritrovato in questi giorni,scritte su uno dei tanti foglietti che riposano sui mobiletti (quache volta ammetto di aver scritto frasi sulle pareti) della mia grotta.. “..se non c’è strada dento il cuore degli altri,prima o poi si traccerà”.
Alogon
Inviato il: 31 Dec 2010, 01:30 PM
Auguri a tutti di buon anno
copyright domenico fargnoli
Alogon
Inviato il: 31 Dec 2010, 02:32 PM
nel reparto foto sarà visibile l’opera “ cos’è rosso” collage di carta su tela di Domenico Fargnoli e Franca Marini (2007).
copyright domenico fargnoli
alessandranovelli *omonimia*
Inviato il: 1 Jan 2011, 03:02 AM
Auguri di cuore anche a te Domenico, e a Fiore, e a tutte le persone che si danno da fare per tenere un “cuore aperto”…
عائشة
Inviato il: 1 Jan 2011, 11:26 AM
Cin Cin a tutti per il 2011.
نخبك كل الناس
عائشة
Inviato il: 4 Jan 2011, 08:43 PM
Nota linguistica per quanti non conoscono la lingua araba. Si legge Nahbek kul-al-nasi, e significa appunto Cin Cin a tutti!
Alogon
Inviato il: 5 Jan 2011, 09:59 AM
A proposito delle feste di Natale vi segnalo questo videohttp://www.youtube.com/watch?v=T4PuEbAJipE&feature=related
Le origini delle religioni su you tube
copyright domenico fargnoli
fiore
Inviato il: 7 Jan 2011, 05:32 PM
Buon anno a tutti e auguri in particolare ad Alessandra Novelli-grazie per le tue parole. Siamo internazionali! Che significato ha in italiano il tuo nickname in arabo? Il mio viene dalla ricerca personale che ho fatto quando nei sogni apparivano fiori e fioriture in determinati luoghi ,dopo situazioni coscienti diurne-il contrario mi indicava qualcosa che non andava,di sbagliato,da trasformare (almeno per le situazioni che provavo a comprendere in relazione a me stessa).Il mio tentativo di provare a comprendere il significato delle immagini.Poi c’è la passione cosciente per piante,fiori in genere. Non voglio parlare di “vegetali”perchè l’introduzione dell’ultimo aricolo di Fagioli su Left,anticipata su Segnalazioni fa riferimento a questo termine. Ancora non l’ho letto perchè il giornale non è ancora disponibile. Ora scriverò un qualcosa “senzaragione”: i sogni sono contenuti,si formano nell’oceano,e si trasformano in immagini in cielo,ad una certa altezza nell’atmosfera .Tramite l’evaporazione ,come formazione di nuvole bianche salgono,passano dall’acqua all’aria,da una dimensione ad un altrae in quest’ultima si eprimono in forme,colori,movimenti,suoni…prendono forma!
fiore
Inviato il: 8 Jan 2011, 10:51 PM
Alla luce delle conoscenze sul Natale rivelate dai video di You Tube consigliati da Alogon e da Segnalazioni _Natale come derivazione di riti pagani -quale significato assume tutto ciò attualmente? Considerato-e ne ha parlato Left un paio di anni fa- che aumentano in questo periodo i disagi psichiatrici-lo stress dei messaggi consumistici,viaggi compresi (il regista Monicelli,aveva avuto in vita il desiderio di avere sulla sua tomba come epitaffio la frase”Non andò mai alle Maldive”come provocazione ad un certo modo di essere e ad una certa cultura)questo scambio spesso forzato e un pò ipocrita dei doni (derivazione dei Saturnali?) con tutto lo stress che esso comporta;Natale come ritrovo delle famiglie con tutti i risvolti complessi che ne derivano-molti in maniera semplicistica pensano che basti quel giorno ed un bel pranzo per garantire alla famiglia il senso profondo di appartenenza dei suoi membri(e guai a chi sta male!).Chi è solo poi,pensando che tuttti stanno amorevolmente insieme,si sente ancora più solo e depresso.Basterebbe vedere ,il giorno dopo, i volti tesi di molti,le facce lunghe e l’irritazione che ne traspare per non sentirsi poi così sfortunati. “Natale con i tuoi e Pasqua con chi vuoi!” E questo cosa vuol dire? Questa introduzione per cercare di capire in base alla storia dei riti cristiani e pagani come mai oggi il Natale ha assunto principalmente il significato di festa della famiglia ,della bontà nei rapporti interumani (la bontà va elaborata,credo,non certo mascherata,mettendo da parte odi,rancori o semplicemente affetti tiepidi in modo razionale,anche perchè così il giorno dopo diventa tutto come prima se non peggio.Eppure tanti continuano ancora a sguazzarci!).Ma una volta era semplicemente un rito collettivo e non particolarmente familiare,per celebrare la rinascita del Sole. Inoltre,considerando che questa festa sta perdendo sempre più il suo aspetto spirituale,volente o nolente,assomigliando sempre più a “orge” positivistiche(e ciò non è altrettanto bello!)che valore attribuirgli e che comportamenti assumere per mantenersi sani?”Natale con i tuoi e Pasqua con chi vuoi!” :e questo che vuol dire? Che quando il “tizio” (o il sole) è risorto,ormai i giochi sono fatti e chi s’è visto s’è visto? Scusate l’ironia,ma penso che ce n’è da ridere (se non si vuole piangere).Allora dobbiamo dare a tutto ciò il significato di nascita e di rinascita?.Questo comporta però un lavorone interno personale e collettivo! Finisco questo discorso rivolgendomi a quanti profondamente si sentono cristiani parlando di Maria,perchè glielo devo,anche se non c’è più. Maria non è la Madonna ,Maria era un’anziana di più di novantanni,una donna di una certa cultura per la sua età,una donna che aveva sempre lavorato,indipendente e,generosa verso i suoi (verso i quali non ha mai avuto atteggiamenti di possessività o di limitazione della libertà)e gli altri .Viveva in una grande città e aveva una badante che le faceva compagnia(verso la quale chiudeva tutti e due gli occhi quando questa usciva di notte per andare chi sa dove e rincasare la mattina dopo).Maria era molto cattolica ,cattolica nel senso buono per una donna di quell’età e i suoi familiari penso che siano stati per lo meno”democristiani”. L’ultimo Natale non stava bene e ho saputo che ha pianto tanto ed era depressa perchè la sua famiglia proprio per Natale ,per quel Natale che per lei aveva un significato particolare,è stata lasciata sola,lei e la badante un pò allegra. Tutti a sciare! Quando è stata veramente male,poco tempo dopo,un bel posticino in una bella clinica,dove è morta. Io sono distante dalla mentalità cattolica, mi sono messa,però, nei suoi panni,in questa storia.Lei ci credeva e viveva la sua affettività in questo modo.Penso al dolore che avrà provato.
fiore
Inviato il: 9 Jan 2011, 12:32 AM
Rettifico,perchè rileggendo noto che non sono stata chiara:” la sua famiglia l’ha lasciata sola a Natale”..ma forse si era capitosola.
Alogon
Inviato il: 20 Jan 2011, 01:06 PM
Avverto che ci si sarà una ristrutturazione del forum per eliminare il materiale illecito che, ovviamente non autorizzato da noi, riesce comunque qd introdursi nelle news.
Ci scusiamo per l’inconveniente ma non si può fare diversamente. Nell’attesa se necessario utilizzeremo il blog raggiungibile dalla home page grazie a tutti per l’attenzione
copyright domenico fargnoli
Alogon
Inviato il: 20 Jan 2011, 03:49 PM
Mi sposto sul blog raggiungibile nella home page in alto a destra
copyright domenico fargnoli
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