Psichiatria

Cos’è umano

Parlando di diritti umani bisognerebbe cercare di capire cos’è umano anche per distinguere il diritto umano da quello disumano come le leggi razziali la le leggi liberticide di Duda in Polonia. La matrice occulta del disumano , anche se è controintuitivo rispetto all”Ama il prossimo tuo come te stesso” e molte iniziative umanitarie di stampo cattolico, è la mentalità e il pensiero religioso caratterizzato da una di spiritualità astratta e dal ricorso a concetti metafisici e metastorici come quello di anima che sarebbe già presente al concepimento nello zigote. Ne’ d’altra parte si potrebbe utilizzare per decidere cos’è umano il metodo dell’opinione della maggioranza ( è umano ciò che i più pensano esserlo) che è religiosa o del compromesso fra posizioni diverse per decidere su una questione di centrale importanza. Se tre miliardi e mezzo di persone pensassero che la terra è piatta e gli altri rotonda la soluzione della controversia non sarebbe stabilire per convenzione che essa sia una semisfera e poi legiferare di conseguenza su un problema che ha un’importanza ricaduta sulla vita di tutti. In altre parole per stabilire che cos’è un diritto umano potrebbe essere fuorviante ricorrere all’innatismo religioso che attribuisce diritti al feto e nega quelli delle donne considerate infanticide e assassine in caso di aborto. Se non c’è rispetto per la donna e per i bambini ( vedi la questione della pedofilia), non c’è rispetto in generale per la dignità della persona. Sarebbe erroneo inoltre ricorrere al convenzionalismo razionale per cui i diritti scaturirebbero da un accordo, da un compromesso ideologico e multiculturale fra interpretazioni contraddittorie della natura umana cioè della realtà psichica originaria. A parte l’assurdità della sepoltura dei feti possono insorgere altri paradossi di segno opposto derivanti dal razionalismo ateo che è tale solo di facciata. Il famoso filosofo Peter Singer si è battuto per diritto degli animali che negano quelli degli uomini. L’umano scompare : siamo tutti animali. I feti e i bambini appena nati sono persone meno coscienti e razionali di un cane. Dove non c’è coscienza non ci sarebbe vita umana. Sarebbe legittimo pertanto l’aborto post Natale

Antonio Cassese  ha sostenuto che i diritti umani sono un tentativo di portare un po’ di razionalità nelle istituzioni politiche, razionalità  sottesa alle grandi religioni monoteistiche e ai concetti laici della filosofia kantiana: razionalità  che si incentra sul rispetto della persona. Elie Wiesel, in occasione del cinquantesimo anniversario della dichiarazione del 1948 ha detto che i diritti umani rappresentano l’ultima grande religione secolare in cui confluisce la tradizione giusnaturalistica e quella dell’umanesimo razionalista. Domanda: siamo di fronte alla classica alleanza fra fede e ragione, alla affermazione della loro inevitabile  coesistenza nonostante le contraddizioni e le conclusioni paradossali a cui entrambe ci conducono?

 

Come procedere allora per  superare il limite di questa impostazione che cerca di conciliare l’inconciliabile? Possiamo  fare riferimento ad  una ricerca scevra il più possibile di presupposti ideologici sull’origine dell’umano attraverso un approccio multidisciplinare.  Bisognerebbe effettuare  un indagine quindi sulla filogenesi , sulla evoluzione   del genere uomo  e sull’ontogenesi, la storia e  il vissuto di ciascuno di noi.

Telmo Pievani  paleoantropologo ha scritto un libro qualche   anno fa “Libertà di emigrare: perché  ci spostiamo da sempre ed è bene così.”nel quale  sostiene che la capacità di migrare è antropologicamente costitutiva ed insopprimibile. L’umanità  ha  alle  spalle centinaia   di millenni di immigrazione. La paleontologia si avvale oggi di sofisticati procedimenti scientifici. Attraverso lo studio del DNA e dell’MRNA ha  che si riesce ad estrarre dai reperti fossili si  è  stabilito che i fenomeni migratori hanno consentito l’ibridazione di tre specie diverse all’interno del genere uomo, Sapiens , Neandertal e Denisova che hanno convissuto e si sono sovrapposte per circa 10000 anni. Non c’è stata sostituzione etnica o di specie quando i  sapiens sono migrati dall’Africa ma  un graduale processo e assimilazione e di scambi culturali. Le tre specie umane,morfologicamente differenti per potersi ibridare e consentire la fertilità  della prole, dovevano avere in comune i processi  embriogenetici  e  lo sviluppo fetale oltre che ovviamente  il vissuto della nascita. La nascita uguale per tutti è un evento centrale  per comprendere la comparsa e e l’evoluzione  del genere umano. Le neuroscienze e la psichiatria ci dicono che il feto non può avere un’attività di pensiero, date le caratteristiche anatomo funzionali del cervello fetale, e  che la realtà psichica, cioè la vita umana che non è  anima calata dall’alto ha inizio con la nascita secondo la teoria di Massimo Fagioli.  La vita umana è il massimo valore e il diritto alla vita è il presupposto di ogni altro diritto. Quindi il diritto alla vita è già presente nel neonato, fin dai primi  secondi di esistenza ed è antecedente ad ogni rapporto sociale, sviluppo della coscienza e razionalità . Hanna Arendt  nelle “Origini del totalitarismo” aveva sostenuto che il cosiddetto diritto “naturale” dovrebbe sussistere   anche indipendentemente dall’appartenenza ad una società anche se ci fosse un solo uomolColoro che hanno redatto la   Dichiazione dei diritti del 1948 avevano  individuato l’importanza della nascita quando scrivevano: “Tutti gli uomini nascono liberi e uguali in dignità  e diritti.” Però proponevano una negazione ed un pensiero astratto poiché se è  vero , come diceva Massimo Fagioli, che nasciamo tutti uguali non è vero che nasciamo liberi. L’impotenza fisica del neonato lo rende dipendente da un altro essere umano. La libertà presuppone invece lo sviluppo completo dell’individuo e la realizzazione della propria identità umana. La libertà di realizzare le proprie esigenze originali attraverso un processo di trasformazione personale  ci rende poi tutti diversi. Si può pensare che i diritti umani, che si prefiggono la difesa  dell’identità umana , che a quanto pare  è antecedente alla coscienza  e all’uso della ragione abbiano  un fondamento    irrazionale? L’uomo si potrebbe dire non  è assimilabile ad un animale perché ha fin  dall’inizio la fantasia, il sogno il pensiero  non cosciente, che lo gli consente di entrare  in rapporto con un altro essere umano: è questa  prerogativa irrazionale  che gli conferisce dignità  e identità cioè valore.

La  violazione dei diritti ha a che fare con l’insensibilità, l’anaffettivita’  e la  pulsione di annullamento e ci conduce ai confini della psicopatologia. La madre che non  entra  in sintonia con   il suo neonato ed è  incapace di allattarlo annulla la sua realtà psichica e non riconosce il suo diritto alla vita.

 

Abbiamo parlato di ibridazione e di migrazione. Un cenno storico.

 Volevo ricordare a questo punto come Hitler nel 1925 nel suo libro Mein Kampf  scrisse che l’ibridazione  e il meticciato avvelena il sangue   e determina la degenerazione della razza tedesca.

Alla luce di quanto sappiamo oggi l’idea dell’ibridazione come degenerazione appare come un’idea delirante. “Uomo” l’uomo nuovo sarebbe stato solo quello che apparteneva alla comunità del sangue e del suolo: radicato in un territorio egli si collocava agli antipodi rispetto al migrante cioè all’ebreo errante. I nazisti erano contrari ai principi della rivoluzione francese e consideravano l’umanità, l’idea universale di uomo, in accordo con Oswald Spengler, un concetto zoologico se non una parola vuota. La teoria della degenerazione, anch’essa religiosa, derivava dalla psichiatria ottocentesca ed era stato formulato nel 1857 da Morel ripreso da Magnan e successivamente da Max Nordau, nel suo scritto “Degenerazione” un ammiratore di Lombroso nel 1892. Dal libro di Nordau nacque l’idea della famosa mostra dell’arte degenerata allestita dai nazisti nel 1937. Una delle conseguenze della teoria della degenerazione fu il progetto eutanasia attraverso il quale si volevano eliminare le vite non degne di essere vissute dei malati mentali. Lo sterminio dei malati di mente aprì la strada all’olocausto come ben noto. Il Terzo Reich fu sconfitto ma non la mentalità nazista per cui storicamente la psichiatria ha continuato a dare contributi non marginali alla causa della violazione dei diritti umani. Un esempio clamoroso fra i tanti ma poco noto è quello dello psichiatra Ewen Cameron che fu perito americano al processo di Norimberga. Egli era più nazista dei nazisti: mise a punto, con esperimenti su pazienti non consenzienti il sistema del brainwashing: Incredibilmente Cameron al servizio e al soldo della CIA per più di 15 anni è stato eletto presidente della società mondiale di psichiatria negli anni 60: quale doveva essere il retroterra ideologico di questa disciplina in quel periodo? Altro episodio sconcertante riguarda il ruolo che hanno avuto due psichiatri bosniaci, nel progettare negli anni 90 del secolo scorso un’epurazione etnica dei mussulmani come quella di Sebrenica Io penso che la presenza di questi due psichiatri, Jovan Raskovic e Milovan Karadzic convinti della superiorità razziale dei serbi, in un episodio che ha fatto rivivere le atrocità de nazismo, non sia stata casuale. Ma la discussione di questo punto ci porterebbe lontano.

 

Il 25 Agosto 2009 il quotidiano Terra pubblicò un disegno di Massimo Fagioli dal titolo “rari nantes “ con riferimento ad un emistichio dell’Eneide. Così si legge nella didascalia “ Vennero Attila ed Alarico e distrassero l’impero romano. Non fu rivoluzione. Ora vengono dal mare e costringono senza violenza nel loro sangue  ad una nuova cultura di esseri umani uguali. Una massa di forza lavoro che libera la donna da una procreazione forzata”

 

Trattando di migrazione e diritti umani si deve affrontare inevitabilmente il tema del  nesso esistente fra la violenza e la negazione dei diritti e dell’identità della donna nella nostra cultura  e la violenza e  la negazione dei diritti e dell’identità dei migranti. Questo tema è presente nella nostra storia fin dall’antica Grecia. Entrambe le negazioni nascono dall’ incapacità e l’impotenza del pensiero razionale a  rapportarsi a ciò che appare come diverso verso cui si reagisce con l’annullamento: all’altro, che non si conforma ai propri canoni e stereotipi culturali non viene riconosciuta, più o meno apertamente l’identità umana, realtà, sottolineiamolo,che si lega indissolubilmente, sin dalla nascita  alla realtà non cosciente.  Ricordiamo che Aristotele aveva già sostenuto  che le donne, i bambini e  i barbari, gli  stranieri non dovessero essere considerati  esseri umani in quanto non razionali.

 

Anche nella psichiatria attuale più sensibile alle problematiche della migrazione questo tema è sottovalutato e non trattato adeguatamente.

Fra i più illustri  psichiatri che si sono occupati del rapporto fra immigrazione e malattia mentale c’è Joseba  Achotegui, dell’Università Di Barcellona: egli ha individuato una condizione  che lui ha chiamato sindrome di Ulisse. Ulisse rappresenterebbe la figura idealizzata del  migrante che va incontro a varie peripezie e naufragi prima di tornare in patria. I migranti in condizioni estreme secondo Achotegui soffrirebbero  di una condizione di stress multifattoriale cronico per  difficoltà di adattamento e di una modalità di lutto molto difficile da elaborare detta migratoria legata al distacco dalla precedente condizione in patria. Sarebbe stata individuata dallo psichiatra spagnolo non  una vera e propria alterazione  psicopatologica ma  un quadro reversibile quando  si allenta la pressione ambientale che mette in crisi la capacità di adattamento.

Non entro in dissertazioni diagnostiche però faccio notare che Ulisse è il campione della razionalità, di quella che greci chiamavano metis cioè astuzia. Per Dante il folle volo e il naufragio dell’eroe di Itaca descritto nell’inferno è dovuto al fatto che egli affronta l’ignoto, oltre le colonne d’Ercole, con la sola ragione. Penelope, dal canto suo è una moglie cosi perfetta da sembrare finta per non dire manierata: interpreta bene la sua parte di stereotipo femminile di una cultura che annullava la donna. Nel rapporto con il migrante entrano in gioco fattori e reazioni non coscienti, dietro la facciata dell’ idealizzazione e dei ruoli già costituiti, che non devono però sfuggire. Più che Ulisse che è una figura eroica del mondo patriarcale greco è Medea che riassume in se le caratteristiche attribuitegli non solo come donna ma come straniera migrante dalla cultura greca. ma non subisce passivamente come Penelope: uccide i figli Illegittimi avuti con l’eroe e la futura sposa, ateniese di Giasone. Interiorizza ed esprime con l’azione quella violenza di cui è stata essa stessa oggetto. La cultura greca, come quella attuale in molte parti di Europa hreagiva e reagisce alla diversità degli stranieri e della donna con la percezione delirante, con l’annullamento immediato di ciò che non rientra nella tradizione e mette in crisi la propria mentalità e immagine; subentrava così il falso giudizio e l’ attribuzione di valori negativi quasi mai reali. Accenno che dietro il mito di Medea c’è Il problema della legge di cittadinanza, uno ius sanguinis particolarmente restrittivo del famoso rapporto fra Pericle e l’amante Aspasia anch’essa straniera: la donna era dotata di una cultura eccezionale ed intelligenza raffinata che non la rendeva somigliante alle casalinghe greche. Aspasia fu denunciata e accusata ingiustamente come Socrate di empietà rischiando la vita.

Eva Cantarella ci ha insegnato i miti e alcuni episodi della storia antica sono sempre attuali :infatti essi spesso hanno un’attinenza profonda con la problematica dei diritti umani e delle migrazioni così come noi le viviamo al giorno d’oggi.

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