Psichiatria

La psichiatria , la donna e il femminicidio. Domenico Fargnoli -16 Maggio 2025

 

Devo dire anche il caso clinico? Sarà  un quarto d’ora. Un femminicidio culturale e  simbolico.

 


Quindi il mio caso clinico è questo, nella mente di un femminicida simbolico, Alfred Hitchcock. Qui vedete il famosissimo film “Gli uccelli”, del 1963.

 


Ora, la trama del film è questa, cioè che …la sapete, chi è che non ha visto questo film? …la protagonista è  attratta da un uomo che incontra in un negozio di animali, di uccelli, e va a trovarlo in questa località che si chiama Bodega Bay, con la scusa di recapitare una coppia di pappagalli. Però succede che mentre si avvicina alla casa di Mitch, a bordo dii una piccola  barca a motore,  Melania viene improvvisamente attaccata da un gabbiano. E poi seguono aggressioni di un enorme numero di uccelli che coinvolge tutta la comunità.

 

 


 

Ora il discorso sarebbe lungo, però lo abbrevio. Questo film è la rappresentazione piuttosto efficace di una categoria psicopatologica che è la Wahstimmung, lo stato d’animo delirante. Il film è un esempio perfetto di questa … atmosfera?… umore?…  atmosfera delirante,  che è  appunto una categoria che è  stata introdotta nella psicopatologia da Jaspers.

E vediamo che gli uccelli si comportano in una maniera strana, fanno degli attacchi, anche improvvisamente,  senza senso, oppure hanno un senso opaco e sinistro, nel mondo, attorno, apparentemente uguale perché il paesaggio è quello, ma diventa inquietante e minaccioso.  La minaccia è apparentemente priva di causa, e per questo ancora più  angosciante, e questa è una delle caratteristiche chiave dello stato pre-delirante.


Un’altra cosa su cui si potrebbe fare un discorso lungo ma non lo faccio, è che in questo caso la Wahnstimmung è collettiva, cioè non è una persona che ha la Wahstimmung ma addirittura una comunità, coinvolge tutti gli abitanti di Bodega Bay


Poi in qualche modo in questa situazione questi ne escono,  ci sono scene di violenza, di sadismo, eccetera.

 


Il discorso continua considerando l’altro film, Marnie, del 1964, che ha la  stessa protagonista, Tippi Hedren e Sean Connery.

 

E qui Marnie Edgar, che è la protagonista, è una donna disturbata, affascinante ma disturbata, cleptomane, fobica, soprattutto verso il colore rosso e il contatto fisico. E cambia continuamente identità finché non viene scoperta da Mark Rutland, un editore che, affascinato da lei, invece di denunciarla lui la ricatta e la sposa. Durante il matrimonio c’è un rifiuto dell’intimità e segni di un trauma profondo. Mark è deciso a salvarla e indaga sul suo passato e scopre un evento traumatico legato all’infanzia: Marnie ha assistito ad una scena violenta legata alla madre, eccetera, che è un’ex prostituta, e un marinaio, e solo rievocando quel ricordo Marnie riuscirebbe a confrontarsi con la sua identità e con la possibilità di amare.

 


Il discorso che va puntualizzato è  che la protagonista di tutti è due i film è  all’origine della Wahstimmung. E chiaramente noi spettatori, dall’esterno, considerando la scena dall’esterno, lo vediamo perfettamente. Invece chi è dentro la scena si chiede, come diceva, come riferiva Klaus Conrad, a proposito dei pazienti, cosa sta accadendo?E quindi c’è questo senso di ricerca del significato evidentemente inquietante e sfuggente. In Marnie vediamo che dalla tempesta, potremmo chiamarla così, di sabbia della Wahstimmung, che impediva di vedere , viene fuori questa immagine di donna, Marnie, che è malata, cleptomane,  fobica,  e chi meglio di un violenttatore come Sean Connery potrebbe salvarla? Perché Sean Connery ha rilasciato delle interviste dove dice:  “penso che ci siano momenti in cui è assolutamente giustificabile colpire una donna. Quando una donna è una cagna  isterica troppo insistente… allora si, uno schiaffo può essere utile”.
E può essere utile anche uno schiaffo “quando le donne vogliono avere l’ultima parola”. dice in un’intervista con Barbara Walters.
Ora, nel film di Hitchcock naturalmente… lui  violenta Marnie, forse a scopo terapeutico (punto interrogativo? E esclamativo insieme?) Nel film di Hitchcock la cura presuppone il controllo totale della donna, anche del suo passato. Dove, peraltro, quello dell’episodio infantile alla base della patologia, in cui Marnie avrebbe ucciso un uomo che minacciava la madre prostituta è il solito romanzetto, a mio avviso, psicoanalitico.

 


 

Ora, tutto questo discorso su Hitchcock perché? Perché nel 2016 è uscita una biografia di Tippi Hedren in cui racconta il fatto che Hitchcock ha tentato di violentarla, l’ha perseguitata, l’ha messa sotto contratto e – come lei non si concedeva – non l’ha fatta partecipare al premio Oscar  e di fatto le ha stroncato una carriera ad alto livello come avrebbe potuto avere data, appunto, l’importanza di questi film  che aveva girato con Hitchcock.
E viene fuori che Hitchcock, proprio anche come persona, accetta la donna solo come specchio, tematiche che del resto lui ŕipete anche in “Vertigo” o il  “Psycho”, e quindi accetta lo specchio che rifletta la propria immagine o idealizzata o  degradata.
E ci dobbiamo domandare:
perché forse lui ha fallito nel disegnare il proprio volto allo specchio?

 

 


c’è questo… voi forse vi ricorderete questo passaggio (scena di inizio della serie televisiva “Alfred Hitchcock presenta”).
Ecco, viene in mente quello che diceva Massimo Fagioli, cioè  che nell’ombra non c’è  immagine, nell’ombra che non è  immagine c’è un “non”, che è soltanto parola che dice: anaffettività.
La musica è quella della “Marche funebre d’un marionette” di Charles Gounot del 1872.
… la marionetta anticipa  la morte, in un certo senso.  E il riferimento forse è  a Rilke, forse a Von Kleist, “Le elegie duinesi”, dove la donna è una marionetta sacra, una apparenza senza essere.


Grazie

( Un ringraziamento a Lia Pallone per la sbobinatura del testo del mio intervento)

Standard

Lascia un commento